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Morti sul lavoro: fermiamo il genocidio

'Robe come la 626 sono un lusso che non possiamo permetterci. L'Ue e l'Italia si devono adeguare al mondo'. Un “lusso” la sicurezza sul lavoro.

Questa dichiarazione, avventata alquanto e pure poco rispettosa dei diritti umani, uscì dalla poliedrica bocca del Ministro Tremonti lo scorso anno.

Il Ministro con l’accetta in mano, pronto a tagliare ovunque vi siano risorse per il Paese civile, si prende perfino beffe dei lavoratori: una sconcezza ignobile. Intanto, i morti sul lavoro, o “morti bianche” come vengono chiamate, continuano a decimare la popolazione.

Condizioni di lavoro al limite della sicurezza personale. Nessuna garanzia da parte delle imprese. Spesso, lavoro a nero che non solo non garantisce quasi nemmeno lo stipendio ma straccia in mille pezzi persino l’ombra di un diritto per chi lavora.

Lo Stato sa perfettamente tutto questo. Sa del lavoro a nero che condiziona la vita di tanti cittadini esasperati. Sa della mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro per milioni di persone. Malgrado tutto, macina morti ogni anno senza pensare minimamente a costruire una Società civile dove la parola Diritto venga prima della frase: “Doveri dei contribuenti”.

Per chi gestisce il Paese, poco importa perdere vite umane. Prioritario, ormai da tempo immemore, rimettere a posto conti manomessi dagli stessi gestori di una Italia ormai sull’orlo del delirio completo.

La gente è stanca. E’ esasperata. E’ mentalmente e fisicamente provata.

Si esce la mattina con la speranza di un giorno di lavoro. Non si ha certezza di tornare a casa vivi o almeno tutti interi.

Non è così che si vive. Non è così che si può trattare l’elemento Umano. E’ una guerra peggiore di tante guerre passate ed attuali. Perchè dalla guerra si può tentare di fuggire, dal proprio destino no.

Ed è un destino fatto di nulla, quello delle persone che muoiono per guadagnarsi un pezzo di pane. Di quei padri che cercano di crescere figli con un futuro addirittura peggiore dei loro stessi padri.

Se a noi appare impossibile la situazione attuale, pensiamo a cosa sarà la vita degli adulti di domani, se si continuerà ad abbassare il livello di guardia sul benessere sociale e se si continuerà a tagliare fondi per spostarli verso questo dannato debito pubblico che non è nostro ma ci appartiene per intero. Beffa malvagia ed estrema di un Sistema che ha ormai indirizzato verso la cittadinanza gli oneri e verso se stessa gli onori.

Di seguito, troverete delle cifre. Non sono cifre di guerra. Sono le cifre dei morti e dei “nuovi disabili” a causa di incidenti sul lavoro. E le cifre di ciò che costa tutto questo.

La prevenzione per ciò che riguarda la salute ed addirittura la vita dei cittadini italiani, sembra non interessare alcun governo.

Se non sarà la stessa cittadinanza ad aggredire il problema chiedendo a gran voce misure cautelative, possiamo solo immaginare che le cifre – relative al 2010 – avranno uin andamento crescente nei prossimi anni.

Fermare questo genocidio si può: riappropiandosi degli strumenti che una corretta Democrazia mette in mano al proprio Popolo Sovrano. Petizioni, referendum, manifestazioni nazionali. Tutto pur di salvare i prossimi possibili morti.
 
I loro nomi, sono già scritti nel nostro futuro. Salviamoli.

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Ecco tutti i numeri delle tragedie sul lavoro (Fonte: elaborazione Anmil su fonte Inail) riferiti al 2010 e diffusi dalla stessa Associazione Nazionale fra lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro, in occasione della 61/a Giornata Nazionale per le vittime di incidenti sul lavoro.

Infortuni sul lavoro denunciati: 775.374
Malattie professionali: 42.347
I morti sul lavoro: 980
Invalidi permanenti con rendita: 831.659
Giornate lavoro perse: 14.262.619
Spesa annua per indennizzi (euro): 5.000.000.000
Spesa sanità cura infortuni (euro): 3.400.000.000

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