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Morti sul lavoro. A Claudio Pappaianni il Premio Di Donato

 

Quella degli incidenti sul lavoro è una piaga che colpisce ogni anno migliaia di lavoratori e a poco serve lavarsi la coscienza costatando che la percentuale da un anno all’altro rimane stabile (ma come vedremo i numeri si possono leggere in vari modi). Una percentuale dietro cui ci sono vite spezzate che nessun numero potrà mai consolare.
 
Una piaga che pur facendo danni enormi trova spazio sui media nazionali sono nei casi più eclatanti, come quello, ad esempio, della Thyssen Krupp che nella notte tra il 5 e 6 dicembre 2007 vide morire 7 operai. È solo in quei momenti che le voci di politici, imprenditori etc... si levano forti in difesa della tanto agognata (da chi?) sicurezza sul lavoro. Come ha scritto Giulio Cavalli proprio su AgoraVox: “Le misure di sicurezza sul lavoro che funzionano più di tutte in Italia sono i moti di solidarietà post mortem: arrivano pochi secondi dopo il primo lancio dell'Ansa e durano per un paio di giorni”.
 
Il “Premio Giornalistico Pietro Di Donato” nasce con l’intento di “far accrescere in tutti i settori la sensibilità nei confronti del tema della sicurezza in ambiente di lavoro, di far conoscere l’opera e l’impegno civile dello scrittore italo-americano Pietro Di Donato, di far mantenere alta l'attenzione dei cittadini sul tema, attraverso un’azione capillare e permanente di sensibilizzazione e di informazione” e quindi dar merito a quei giornalisti che si occupano di queste tragedie.
 
È stato il giornalista dell’Espresso Claudio Pappaianni a vincere questa prima edizione grazie all’articolo “Il volo di Massimo” che racconta la storia di Massimo Amato, un operaio di casdal di Principe che aveva deciso di non sottostare alle regole della camorra e cercare fortuna al nord, a Imola, per la precisione. Ma proprio lì ha trovato la morte cadendo da un’impalcatura. Un articolo in cui Pappalardo dà anche qualche numero, smentendo il calo fisiologico delle morti sul lavoro che il Ministero aveva dato, nel 2009, come assodato.
 
“La causa di queste morti” – scrive nel pezzo Pappaianni – “spesso è la corsa al massimo ribasso negli appalti. Ci sono sempre meno soldi e, se le materie prime rincarano, si taglia sulla manodopera e sulla sicurezza: caschi, cinture, teli protettivi e transenne”.
 
La motivazione data dalla Giuria, presieduta dall’ex Presidente della Camera Fausto Bertinotti è stata: “Per aver saputo coniugare, in forma divulgativa, decisa ed efficace, la denuncia del mancato rispetto delle regole sul lavoro in edilizia, l’emigrazione intra-nazionale, l’affrancamento dai contesti della malavita organizzata. La tragica cronaca famigliare quale spunto per una articolata riflessione su “la strage silenziosa” delle morti sul lavoro. Puntualità nelle testimonianze e nella disamina dei dati”.
 
Il secondo premio è andato a Antonio D’Amore, direttore del quotidiano teramano La Città grazie all’articolo “Una giornata da manovale”. Per lui la motivazione è stata che: “Per avere rappresentato con rara puntualità, attraverso la formula ritmica del diario, le distanze e le differenze fra ‘lavoro e schiavitù’, in un cantiere di provincia dell’Italia Centrale, nel gennaio 2011. Clandestinità, ‘impalcature approssimative’, venti euro di salario giornaliero e tanto, tanto, tanto silenzio. Questo il contesto di lavoro della Nazione ‘incivile’. Pregevole la capacità di evocare suggestioni e di formulare denunce circostanziate”.

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