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Morte accidentale di un anarchico (breve vita di Buenaventura Durruti)

Tempo fa, conversando con un amico, ho scoperto che era molto ben informato sulle vicende della guerra civile di Spagna.

La passione con la quale mi parlava dell’argomento mi ha spinto alla lettura uno straordinario libro di Hans Magnus Enzensberger, "La breve estate dell’anarchia - Vita e morte di Buenaventura Durruti".

Il libro è scritto con la tecnica del montaggio, cioè dando la parola, per la narrazione di ogni avvenimento, ai protagonisti dell’epoca.
 
Ne viene fuori un racconto estremamente vivace e intenso, con un linguaggio molto lontano da quello dei classici libri di storia.
 
Molti dei "testi" chiamati a deporre dicono cose molto diverse tra loro.
 
Non dimentichiamo che stiamo parlando di un periodo molto confuso, nel corso del quale gli agit-prop dell’una e dell’altra parte spesso crearono ad arte versioni diverse dello stesso episodio. Danno prova di questo le pagine finali, quelle che cercano di scandagliare il mistero della morte di Durruti.
Chi era Buenavetura Durruti? Era un leader anarchico e un sindacalista, anzi, come si diceva, un anarcosindacalista.

Le circostanze della sua morte, come dicevo, sono state per anni misteriose.

Si pensò fossero stati i fascisti. Sembrava la soluzione più plausibile del giallo, visto il ruolo che Durruti aveva nell’organizzazione militare antifranchista.

Si pensò fossero stati i comunisti. Questa anzi fu la versione che i fascisti cercarono di accreditare, fino al punto che un giornale francese arrivò a parlare di notte di S. Bartolomeo catalana.

Si pensò perfino che fosse stato ucciso dai suoi stessi compagni.

Enzensberger però trova un testimone oculare dell’accaduto, Ramon Garcia Lopez, compagno di Durruti.

Ecco il suo incredibile racconto a 35 anni dall’accaduto (1971):

"Il 19 novembre arrivò una staffetta. L’ospedale era caduto in mano al nemico. Montammo in macchina,
Al volante era l’autista Julio, accanto a lui, come sempre, Durruti; trovava insopportabile stare dietro.
Sul sedile posteriore eravamo Manzana, Bonillo ed io.
Arrivati a piazza Moncloa, ci rendemmo conto che era pericoloso proseguire. Intorno fischiavano le pallottole e la macchina offriva un ottimo bersaglio ai tiratori nemici.
Julio si fermò e scese. Durruti lo vuole seguire, afferra il suo mitragliatore, un "Naranjero"
(spremiarance), apre lo sportello e urta con l’arma il predellino. Quell’affare si scarica, il colpo lo prende in mezzo al torace, un colpo netto che lo trapassa, è finito"
 
Ed ecco cosa dice, sempre a distanza di anni, un altro suo compagno di allora, Ricardo Riona Castro:
"Durruti era troppo imprudente, glielo dicevo sempre. Quando si va in auto, non si tiene un fucile così, con la canna volta verso sé stessi. Il Narajero è un’arma terribile, si scarica facilmente"

Storia esemplare.

Un uomo muore per un banale incidente. Ma è giovane, ha solo 40 anni. Ed è il leader di un’organizzazione impegnata in una guerra durissima.

I suoi compagni preferiscono far credere (e ci riusciranno per anni!) che è morto per le sue idee.

La realtà, molto più cruda e banale, è che è morto per la sua imperizia nell’uso delle armi.Per una stupidaggine.
I suoi compagni però vogliono che sia salutato come un eroe. E ci riescono.

Ecco il resoconto dei suoi funerali (è un altro dei compagni dell’epoca che ne parla):

"L’inumazione ebbe luogo a Barcellona. Era una giornata nuvolosa e grigia. La gente si gettava in ginocchio per le strade quando il corteo passava, accompagnato da una guardia d’onore di anarchici in tenuta da combattimento. Mezzo milione di persone si era raccolto per le strade. Piangevano tutti. Durruti era, per Barcellona, il simbolo del pensiero anarchico. Che fosse morto sembrava a tutti incredibile".

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