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Moldavia Comunisti primo partito e gli europeisti dell’Aie sono al 50%. Troppo poco per eleggere il Presidente della Repubblica

Dopo che nella serata di domenica alcuni exit- poll avevano trionfalmente assegnato la vittoria all’area liberal- democratica, oggi la realtà si presenta ben diversa. Si è recato alle urne quasi il 60% dei moldavi

Nulla di nuovo sotto il sole di Chisinau: nonostante le speranze del premier liberal- democratico Vlad Filat e del Capo provvisorio dello Stato Mihai Ghimpu alle urne domenica si è recato solamente poco meno del 60% degli aventi diritto al voto e non il 77% che i leader liberal-democratici, coalizzati nell’Alleanza per l’Integrazione Europea avevano preconizzato.

Una percentuale comunque ragguardevole per i poveri paesi dell’ex Patto di Varsavia o dell’ex Unione Sovietica ma non sufficiente a dare alla politica moldava quel supporto al cambiamento necessario per uscire dallo stato di stallo in cui si trova attualmente.

Domenica sera i primi exit-poll, sicuramente non molto attendibili considerando lo stato di povertà e sottosviluppo in cui si batte la nazione, avevano fatto urlare al miracolo la gran parte degli osservatori internazionali non filo-russi che stazionavano nella capitale Chisinau: sembrava che l’Alleanza per l’integrazione europea, che raggruppa il Partito Democratico, il Partito Liberal- Democratico, il Partito Liberale e l’Alleanza per la Nostra Moldovia, si fosse aggiudicata un numero di seggi parlamentari superiore a sessantuno cioè alla soglia minima prevista dalla Costituzione per poter eleggere un Presidente della Repubblica filo-occidentale che facesse uscire il paese dalla paralisi politica.

Stamattina, quando ormai lo scrutinio delle schede era terminato, la doccia fredda: con il 41,5% delle preferenze il Partito Comunista moldavo di Vladimir Voronin che aborrisce all’idea di aderire apertamente all’Unione europea, teme le mire anessionistiche della Romania e guarda con fiducia a Mosca anelando di tornarne ad essere un fedele satellite, si è confermato come il partito più votato. Lo segue il Partito Liberal- democratico del premier Filat con poco più del 28% dei voti.

Il Partito Democratico si è fermato al 13% mentre il Partito Liberale è stato preferito solamente dal 9% dei moldavi. Nulla da fare per l’Alleanza per la Nostra Moldavia che non ha superato la soglia di sbarramento ed è stata esclusa dal Parlamento. L’Alleanza per l’Integrazione Europea dunque è stata preferita dalla metà dei votanti (50,3% dei voti) ma in Parlamento le verranno assegnati solamente cinquantasette seggi, insufficienti per eleggere autonomamente il Presidente della Repubblica. Di contro i Comunisti, che si aspettavano il 38% dei favori elettorali e che a ragione considerano il risultato acquisito un trionfo, hanno invece conseguito quarantaquattro mandati, sufficienti per paralizzare la vista del paese e costringere i politici di centro- destra a scendere a compromessi con loro per ciò che riguarda le decisioni più importanti per il paese. Qualora così non fosse, bisognerebbe sciogliere nuovamente il Parlamento e ritornare anticipatamente alle urne a meno che i moldavi, un giorno o l’altro, non si decidano a voler cambiare la Carta fondamentale della nazione. Forse ora, obtorto collo, i politici dell’Alleanza per l’Integrazione europea scenderanno a patti, come consigliato dal democratico Marian Lupu, con i comunisti almeno per eleggere il Capo dello Stato ma di certo la moneta dello scambio consisterà nell’impegno ad allontanarsi da Bruxelles e Bucarest per avvicinarsi a Mosca. Nell’Aie però si inizia ad avvertire un certo nervosismo dovuto al senso di stallo della politica moldava che non riesce a distaccarsi da un passato comunista e totalitario. I partiti che la compongono, nella quasi totalità di ispirazione liberale, potrebbero prima o poi recuperare ciascuno la propria indipendenza ed abbandonare l’Alleanza. Sarebbe come riconsegnare il paese ai comunisti ispirati da Mosca ma bisogna continuare a sottolineare come i Movimenti del centro- destra moldavo siano più che altro divisi non da questioni ideologiche ma da ambizioni personali. Un po’ come sta succedendo nella vicina ed europea Bucarest. A Chisinau di fronte a tale incertezza, allora, la povera gente, è la stragrande maggioranza, tende a dare il proprio suffragio a chi la soggioga da più di sessant’anni ma almeno le offre una proposta politica semplice, chiara e lineare.

Se i partiti liberal- democratici vorranno un giorno liberare la Moldovia dall’ingombro russo e traghettarla verso l’occidente democratico più che attendere di essere imbeccati da Bruxelles o, peggio, da Bucarest, dovrebbero iniziare a pensare a fondersi in un partito liberale consistente come avviene nelle grandi nazioni dell’Occidente democratico. Sergio Bagnoli

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