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Missouri, Usa: esecuzione in vista ma un test del Dna scagiona il condannato

Negli ultimi 30 anni i procuratori generali dello stato del Missouri hanno rifiutato di prendere in esame ogni richiesta di innocenza da parte di prigionieri condannati a morte. È anche così che dal 1976, quando la Corte suprema degli Usa ne autorizzò la ripresa, in quello stato ci sono state 99 esecuzioni, sei delle quali negli ultimi 18 mesi.

Gli avvocati di Marcellus Williams stanno facendo di tutto per impedire che quella del loro cliente, fissata al 24 settembre, sia la centesima. A loro si sono uniti, oltre ai gruppi abolizionisti, anche alcuni dei ben 200 prigionieri la cui innocenza è stata riconosciuta mentre erano ancora in vita.

Williams è stato condannato a morte nel 2001 per l’omicidio, tre anni prima, di Lisha Gayle, durante un tentativo di furto nel suo appartamento.

Dopo la condanna, nuovi esami hanno potuto dimostrare che il Dna sull’arma usata per l’omicidio è di qualcun altro.

A incolpare Williams è stato, come avviene molto spesso nei casi di dubbia colpevolezza se non di palese innocenza, un informatore della polizia, già in carcere, che in cambio ottenne una riduzione della pena.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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