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Mine Vaganti, commedia all’italiana stupendamente fuori dai margini

La famiglia Cantone è proprietaria di una fabbrica di pasta, il capofamiglia aspetta il ritorno da Roma del suo secondogenito maschio per ufficializzare il passaggio delle redini dell’azienda ai figli. Ma l’arrivo del ragazzo scompiglia il mondo borghese e di apparente perbenismo in qui sono immersi i famigliari.

Ferzan Ozpetek parla delle tensioni all’interno della famiglia e delle ipocrisie dei luoghi comuni temi a lui cari, ma rispetto al passato lo fa in totale chiave comica, schiaccia senza remore sul pedale della commedia all’italiana sfiorando e toccando il grottesco, vengono portate allo stremo le peculiarità di omosessuali ed etero ritrovandoci tra maschere caricaturali di entrambi che eseguono perfettamente il loro compito di divertire e frantumare i preconcetti. Un film “scorretto” ed impietoso con tutti, dentro ci troviamo checche, omofobici in piena crisi di nervi, finti etero, finti perbenisti, comari meschine e zie vogliose è un calderone che fa ridere e anche tanto dall’inizio alla fine giocando con doppi e tripli sensi che passano per parole mossette e sguardi.

Un grande lavoro da parte degli attori, che riescono e gestire e domare personaggi molto sopra le righe, sono eccessivi ma nella coralità del racconto sono credibili. Da sottolineare una bravura di Scamarcio che non si vedeva da Romanzo Criminale, brave anche Nicole Grimaudo che fa sfoggio delle capacità acquisite sui palcoscenici teatrali e Lunetta Savino nei panni della madre impegnata  nella salvaguarda delle apparenze. Un plauso anche alla muta partecipazione della Crescentini apprezzabile anche se sprovvista di battute (ma forse nel suo caso sono poco oggettivo).

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