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Metti un sabato sera a Bologna tra libri e un pianoforte: Gianfranco Franchi.

Metti un sabato sera, in via Saragozza a Bologna, alla ‘Zammù’ che definirlo locale è riduttivo (caffetteria, libreria, spazio incontri, vineria, pub).

Metti una persona appassionata, aperta, curiosa e disponibile verso ogni forma d’arte e cultura come Simone Olla (già tra i fondatori del Centro Studi Opifice, un progetto nato nel 2002 a Cagliari ancora intensamente attivo sul territorio nazionale con una ‘mission’ chiara e trasparente) che attraverso l’associazione Casa lettrice Malicuvata ha organizzato a partire da Ottobre’2008 una rassegna letteraria intensa, ricca di autori, libri, progetti e confronti proprio alla ‘Zammù’.

Metti un operatore editoriale e culturale come Marco Nardini.

Ma soprattutto.
Metti un giovane autore, creativo, letterato poliedrico, controverso quanto indipendente che a Bologna viene a raccontarsi.

L’occasione, dunque, dà la possibilità di presentarlo.

Gianfranco Franchi, classe 1978, nato a Trieste ma residente a Roma dove si è laureato in lettere moderne nel 2002.

Sette anni fa ha ideato un portale culturale atipico, evolutosi nel tempo, ricco di interventi, commenti e spunti di riflessione: Lankelot. Un luogo di incontro apolitico, anarchico, con un’attenzione particolare per la piccola e media editoria di qualità, verso quegli autori che hanno qualcosa da dire senza vincoli di marketing, abusi di un sistema distributivo in mano a pochi, oltre i ‘best seller’e le costruzioni editoriali come meri ‘prodotti’.

Ha scritto moltissimo, per i suoi trent’anni, la ‘non trilogia’ composta da ‘Disoder’ (Il Foglio Letterario, 2006), ‘Pagano’ (Il Foglio Letterario, 2007) e ‘Monteverde ‘(Castelvecchi, 2009), ma anche una raccolta dei suoi scritti poetici, intitolata ‘l’inadempienza’ (Il Foglio Letterario, 2008) e il ‘quasi saggio’ “Radiohead. A Kid. Testi commentati” (Arcana, 2009). Poi un numero imprecisato di articoli e recensioni on line e su carta.

Attualmente è collaboratore editoriale ‘sciolto’ per sua stessa ammissione.
‘Monteverde’ e ‘Radiohead. A Kid’ sono i suoi ultimi testi usciti quasi simultaneamente un mese fa o poco più. Diversissimi fra loro a testimoniare la poliedricità di un autore intenso, complesso ma anche appassionato al punto da dedicarsi anima e corpo alle ‘Patrie Lettere’ e a un altro tipo di passione-ossessione per un complesso musicale, i Radiohead appunto, per i quali non stila una biografia, tanto meno una semplice analisi e traduzione dei testi. Il libro pubblicato da Arcana è di fatto un’opera ibrida, un ‘quasi saggio’ l’ho definito perché l’autore nel corso di un anno intero di lavoro, è letteralmente entrato nel mondo della band, ne ha studiato la formazione, le radici, le fonti, le ispirazioni quanto i messaggi contenuti nei testi. Una vera e proprio opera di simbiosi negli intenti. “Dopo un po’, mi sentivo Thom Yorke sulle spalle” ha detto Franchi nel corso della presentazione bolognese, affermazione che spiega un approccio preciso, uno scavo bulimico, oltre schemi e logiche convenzionali, lontano dalla superficie.

La realtà, e dopo un anno pieno di immersione nella sua scrittura mi sento di poterlo affermare con una certa decisione, è che Yorke è un combattente.
(Pag.18 dall’introduzione di Franchi).

Un combattente. Proprio come l’autore.

Che di battaglie per la letteratura, contro spesso l’editoria convenzionale, radicata e potente, ne ha fatte moltissime, tutt’ora insiste, a testa alta rivendica, ragione, lucidamente registra.

Guido Orsino, l’alter ego protagonista della ‘non trilogia’ di cui accennavo sopra, ne è espressione letteraria. Dei fallimenti lavorativi, la disperata ricerca di un impiego non destabilizzante, alienante, mal retribuito e squalificante. Delle fatiche affettive, nelle relazioni e nei sentimenti fondi eppure mutevolmente oscillanti. Dei dettagli ormai trascurati eppure importanti come un fusillo qualunque che cadendo cambia il corso di qualcosa. Di sport e musica, passioni viscerali, incondizionate e piene di colori. Dell’amicizia che sostiene e tradisce. Poi della letteratura che è Patria per Franchi, un’appartenenza di sangue che rivendica e invece nega all’Italia in quanto nazione, una provenienza indiscutibile (la letteratura), linfa continua di incontri, contatti, scambi, discussioni, confronti.

Perché Franchi non è capace di mediare, quasi mai io credo. Quello che è, che pensa, vuole e crede non può essere domato o piegato del tutto. Lo stesso Nardini, col sorriso, ha raccontato a Bologna di quanto la determinazione e le convinzioni di Franchi finiscano ogni tanto per ‘vincere’ la situazione. Diversamente cade, io credo, o vira. Ma non potrebbe rischiare di finire nel ‘mezzo’, non resisterebbe.

E’ dunque, Gianfranco Franchi, persona che si odia o si ama, ma animato da un ‘fuoco’ che ascoltandolo affascina, colpisce, a tratti confonde e smarrisce ma non può lasciare indifferenti. "E’ il miglior addetto stampa di se stesso" ha insistito Nardini, ed è vero nell’eccezione più propulsiva e propositiva possibile.
Perché questo trentenne dal sorriso enorme ha molto da dire. Moltissimo. Ed è pronto a cogliere ogni occasione possibile, con tre persone o trenta, va bene comunque. E se l’occasione non c’è, fa di tutto per crearla, partecipando a progetti, iniziative pubbliche in giro per l’Italia oltre all’amata Roma, approdo sicuro e - nello specifico - a Monteverde che, come lui stesso ha spiegato, è un quartiere nato sull’ottavo colle romano, colle destinato all’osservazione della vita, e tutt’ora resistente agli eccessi della città, una sorta di ’dimensione periferica’ con i relativi pregi e difetti.

Del ruolo dell’intellettuale si è discusso molto e si continua a farlo (in un ottimo spazio di confronto, sull’open blog collettivo curato da Massimo Maugeri, Letteratitudine, un post dedicato appunto a ‘Monterde’ dove però, tra i commenti, si è anche parlato di intellettuali oggi, in Italia). Le posizioni sono numerose, spesso inconciliabili. C’è una gran confusione, oggi. Al di là dell’ormai ’evergreen’ statistica che inchioda gli italiani nella gabbia degli ’scriventi’ ma non lettori.
Eppure Franchi insiste, ci crede: “La letteratura ci salverà” risponde tra libri incassati ai muri, pareti scure e un pianista che nell’altra stanza del locale a singhiozzo si diletta coi tasti, ritma la serata.

“La letteratura ci salverà perché è attraverso gli scritti che noi resteremo, non la storia, ma la letteratura ci restituisce chi eravamo, da dove veniamo, come cambiamo nel bene e nel male”.
C’è di che riflettere.

In chiusura, sottolineo ancora una volta l’importanza degli ‘spazi’ per condivisioni culturali, creatività e arte.

Spazi di qualsiasi tipo purché accessibili, senza troppi vincoli (possibilmente nessuno eccetto il rispetto, e l’educazione). Dove chiunque possa ascoltare o dire, leggere o suonare, commentare o ribattere.

Antonella Agnoli, bibliotecaria in uscita con ’Le piazze del sapere’ (Biblioteca e libertà, giugno2009) Venerdì 5 Giugno a San Lazzaro di Savena, all’interno di un altro incontro importante di cui scriverò prossimamente, ha detto che in Italia stanno scomparendo le ‘panchine’, luoghi di sosta e riflessione ma anche scambio e condivisione. Panchine per le strade, dunque, ma anche sale d’attesa nelle stazioni, ad esempio, o altri luoghi che in passato permettevano riposo, incontri e relazioni anche culturali. Perché tutti si corre, si deve, ed è necessario disincentivare i contatti, evitare ‘tempi morti’ non produttivi insomma, mantenerci chiusi ognuno nel proprio micro mondo di bisogni, impegni e routine.

Panchine. Spazi.

Di questo - anche - c’è bisogno per rallentare la deriva sociale, culturale di questo nostro paese in perenne annegamento.

E in una Bologna semi sonnecchiante, Sabato 6 Giugno 2009, per qualche ora è stato così.

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