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Mediterraneo rosso sangue. Un cimitero in mare aperto dopo la strage di migranti

E' accaduto di nuovo. L'ennesima tragedia del mare ha provocato, come sempre, grande sgomento.
Un peschereccio carico di migranti si è capovolto al largo della costa libica mentre un mercantile si avvicinava per i soccorsi. Questa volta i numeri sono impressionanti perché sarebbero state coinvolte circa 950 persone, di cui duecento donne e cinquanta bambini, e i superstiti sarebbero solo 27. 

I dati non sono certi e attualmente sono ancora in atto i soccorsi. Si pensa, infatti, che la temperatura dell'acqua non molto bassa possa consentire ancora la sopravvivenza per chi è in grado di nuotare.

I migranti erano partiti da Tripoli, stipati in un barcone lungo tra i venti e i trenta metri; molte delle vittime sarebbero state rinchiuse nella stiva dai trafficanti prima della partenza.

Secondo le prime informazioni raccolte dai superstiti, i migranti naufragati provenivano da diverse Nazioni, tra cui Algeria, Egitto, Somalia, Nigeria, Senegal, Mali, Zambia, Bangladesh, Ghana.

Alcune delle salme delle vittime di questa ennesima tragedia del mare sono state portate a Malta.

E di nuovo si ritorna a parlare di politiche comunitarie europee per potere trovare una soluzione a una situazione che ha ormai raggiunto livelli allarmanti; tutto ciò mentre con il miglioramento delle condizioni climatiche si aspettano nuovi sbarchi.
 
Diverse sono le proposte al riguardo; nel frattempo il Papa, l'Europa e l'Italia ribadiscono che non deve più accadere nulla di simile. Intanto l'Italia si ritrova nuovamente a fronteggiare da sola una situazione di emergenza che troppo spesso trasforma il Mediterraneo in un cimitero in mare aperto, tinto dal sangue di vittime innocenti in cerca di una vita migliore.
 
©DeniseInguanta
 
Foto: noborder network
Questo articolo è stato pubblicato qui

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