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 Home page > Tribuna Libera > Matteo Renzi e le tasse occulte

Matteo Renzi e le tasse occulte

Metodo sperimentato su come prendere per i fondelli i cittadini italiani.

Accostare il nome del premier Matteo Renzi alla frase "riduzione delle tasse" equivale ad un ossimoro, volendo rimanere in un ambito di linguaggio civile.

Molti sicuramente ricorderanno la promessa che l'allora neo premier fece il 13 marzo del 2014. Con termini perentori fissò l'11 agosto per pagare tutti i debiti della PA (Pubblica Amministrazione), scadenza poi subito dopo rettificata al 21 settembre in un suo intervento nella terza camera istituzionale, ovvero lo studio "Porta a Porta " di Bruno Vespa. Scaduto anche questo termine si è dovuto prendere atto che evidentemente quella data non si riferiva, come tutti avevano capito, all'anno 2014, ma ad "un ipotetico anno a divenire" . Ad oggi non è dato sapere quanti siano effettivamente i miliardi pagati e quanti ancora rimangano da pagare. Tuttavia l'effetto di quell'annuncio fu di impatto mediatico straordinario. Era il prologo di una quantità industriale di altre promesse quasi tutte regolarmente disattese.

Insomma un triste epilogo di promesse non mantenute, essendo anche quelle sulle riforme istituzionali ben lungi dall'essersi concretizzate viste le pendenze di giudizio di legittimità della Corte Costituzionale e la mancanza di decreti attuativi. E' rimasta come "palla in canna" da sbandierare ai sette venti quella degli 80 euro lordi mensili devoluti ai redditi di lavoro dipendente al di sotto di una certa soglia. Insomma un bonus con l'aggiunta di geniale determinazione per chi percepisce redditi al di sotto degli 8.000 euro /annui, ovvero gli incapienti, che non beccano neanche un cent .

La domanda quasi retorica che ricorre, visto il perdurare di promesse di elargizioni a destra e a manca (vedi i 500 euro una tantum ai diciottenni compresi i figli di papà) che sanno di basso populismo a fini elettorali, è quella :" Ma dove li prende Renzi tutti questi soldi ?".

Una traccia la fornisco con il mio caso che è in sintonia con la prima parte dell'articolo e che riguarda il pagamento dei debiti della PA .Certo è una goccia nel mare ma fa capire quali sono i metodi più o meno occulti ai quali attingere e cosa si inventano pur di non pagare i debiti e introdurre balzelli.

In sintesi, dopo una causa civile durata ben 18 anni (dicasi diciotto anni !!) giunta finalmente a sentenza per dirimere un contenzioso a dir poco ridicolo che in paesi civili viene normalmente liquidato in pochi mesi, faccio ricorso alla legge Pinto ( L. n°89 del 2001 ), che risarcisce le parti in giudizio (che ne fanno ovviamente richiesta) per l'eccessiva ed ingiustificata durata del processo, qualora tale durata non sia dipendente da atti delle parti in causa ma imputabili alla macchina giudiziaria. Competente territoriale la Corte di Appello di Torino che, ricorrendo i presupposti di diritto, nel gennaio del 2011 pubblica la sentenza di condanna nei confronti del Ministro di Grazia e Giustizia (credo allora fosse Angelino Alfano ) con l'ingiunzione del pagamento di circa 30.000 euro come equo risarcimento, da eseguirsi nel termine ultimo di 6 mesi. Bene, ad oggi sono passati oltre 5 anni e malgrado gli atti di sollecito da parte del mio avvocato, non ho ancora ricevuto un euro. Nel frattempo sono scattati meccanismi, ultimo dei quali quello inserito nella Legge di Stabilità 2016 (Art.1 comma 777 Legge 28.12.2015 n.208 -decorrenza 1.1.2016) che rendono ormai impraticabile il ricorso alla legge Pinto. Probabilmente Renzi a breve potrà intortarsi dicendo che la giustizia finalmente funziona perché in questo paese risultano azzerate le condanne di indennizzo per lungaggini giudiziarie . E' bene ricordare a tal proposito che era già stata legiferata l'impignorabilità dei beni di stato (2007) cui molti ricorrevano dopo anni di angherie e reso oltremodo rischioso il ricorso alla Corte di Stasburgo con meccanismi ingegnosi per smontare anche le sentenze europee che sono molto più pesanti nei confronti dello Stato italiano soccombente.

La storia sembrava quindi finita nell'oblio dell'ordinaria ingiustizia italica quando, come una ciliegina sulla torta e direi con un notevole senso dell'ironia, mi arriva con tanto di notifica come fossi un evasore fiscale, una cartella di Equitalia che mi ingiunge di pagare una certa somma (centinaia di euro), essendo il Ministero di Grazia e Giustizia, segnatamente la Corte di Appello di Torino, "creditrice" nei miei confronti di tale somma. A quanto pare, diversamente dal passato come assicura il mio avvocato, nelle pieghe della legge di Stabilità 2016 è spuntato questo balzello. Detto in soldoni, lo stesso ente che è condannato come debitore nei miei confronti chiede, nel termine perentorio di 60 giorni, il pagamento della gabella. Ovviamente per il sottoscritto non esiste protezione alcuna e nessuna arma per difendersi: o paghi o altrimenti... . Tenere presente che la cartella di Equitalia è stata emessa in assenza di alcun preventivo avviso di pagamento. Domani andrò nella sede di Equitalia a farmi prendere per il... .

Ma non è finita qui . Per non arrendermi e tentare di far valere comunque il mio diritto devo produrre ulteriori atti formali (moduli, fotocopie, iban e documenti) da reindirizzare ( via pec) di nuovo alla Corte di Appello di Torino, sottoscrivendo l'impegno a non rivolgermi al TAR per sei mesi, termine che la Corte si riserva per emettere il pagamento del dovuto (quindi sarebbero sei anni dalla sentenza). Ma attenzione! Trascorsi i sei mesi è fortemente probabile che il pagamento non venga effettuato e allora bisognerà attivare un ulteriore "procedimento di ottemperanza" nei confronti del Ministero e poi... Basta!!!!

Lo scopo alla fine è raggiunto, il cittadino, se nel frattempo non è trapassato a miglior vita, cede, abbandona, rinuncia per sfinimento e per non farsi ulteriore sangue marcio, per sfuggire all'umiliazione di sentirsi puntualmente raggirato. Questo è lo stato del diritto in Italia e questi sono i metodi di chi ci governa per non pagare i debiti e per strizzare le tasche dei cittadini. Poi il tizio ed il suo circondario vanno in tv e ci raccontano un paese che non esiste.

 

 

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