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Matrimoni gay: perché la sentenza della Corte Suprema è importante

Con una mag­gio­ran­za ri­si­ca­tis­si­ma, cin­que voti a fa­vo­re e quat­tro con­tro, la Cor­te Su­pre­ma de­gli Sta­ti Uni­ti ha di­chia­ra­to in­co­sti­tu­zio­na­le la leg­ge fe­de­ra­le che sta­bi­li­va che il ma­tri­mo­nio può aver luo­go sol­tan­to tra un uomo e una don­na. Non è così, se­con­do i giu­di­ci Usa: può es­ser­ci ma­tri­mo­nio an­che tra due uo­mi­ni, o tra due don­ne.

Non era una sen­ten­za scon­ta­ta, con cin­que giu­di­ci elet­ti da re­pub­bli­ca­ni. A fa­vo­re si è però schie­ra­to an­che An­tho­ny Ken­ne­dy, il cat­to­li­co no­mi­na­to qua­si qua­ran­t’an­ni fa da Ge­rald Ford. Il pre­si­den­te Ba­rack Oba­ma ha twit­ta­to la sua sod­di­sfa­zio­ne lan­cian­do an­che uno slo­gan, Love is love. L’a­mo­re è amo­re. An­che se gli omo­fo­bi non sono d’ac­cor­do.

Quel­la leg­ge fu fir­ma­ta da un al­tro pre­si­den­te de­mo­cra­ti­co, Bill Clin­ton. Che poi l’ha scon­fes­sa­ta. Era ed è an­co­ra for­te­men­te so­ste­nu­ta dal Par­ti­to re­pub­bli­ca­no, o me­glio, da quel­la par­te del Par­ti­to re­pub­bli­ca­no for­te­men­te con­di­zio­na­ta dal­la de­stra cri­stia­na. Que­sta di­na­mi­ca po­li­ti­ca ci può es­se­re di in­se­gna­men­to: vi sono par­ti­ti che evol­vo­no le pro­prie po­si­zio­ni, fa­cen­do pro­prie istan­ze le istan­ze lai­che e ci­vi­li che emer­go­no dal­la so­cie­tà.

Non avrem­mo mai pen­sa­to di do­ver pren­de­re esem­pio da­gli Usa, in ma­te­ria di lai­ci­tà. Fino a po­chi anni fa, con Bush fi­glio alla Casa Bian­ca, an­che da noi im­paz­za­va­no i teo-con. Non si può cer­to dire che il pe­ri­co­lo che rap­pre­sen­ta­no sia scom­par­so, come di­mo­stra quan­to ac­ca­du­to qua­si nel­le stes­se ore in Te­xas (e nei mesi scor­si in al­tri sta­ti del Sud). Si è tut­ta­via sen­z’al­tro ri­di­men­sio­na­to. Ogni sta­to che si vuo­le de­mo­cra­ti­co deve fare i con­ti con la sua so­cie­tà: e più o meno len­ta­men­te li fa. Suc­ce­de­rà an­che da noi, pri­ma o poi.

 

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