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Marina Serafini

Dottore in filosofia e dottore in scienze della formazione, ho conseguito diversi master e corsi di specializzazione in comunicazione, formazione, selezione del personale e project management. Affascinata dal mondo del web marketing e dello storytelling management. Da anni impegnata nella gestione di Risorse Umane, in area didattica e nel problem solving aziendale. Mi piace dire qualcosa parlando di altro, mi piace parlare dell'uomo...
 

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  • Primo articolo venerdì 08 Agosto 2016
  • Moderatore da domenica 09 Settembre 2016
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Ultimi commenti

  • Di Marina Serafini (---.---.---.161) 29 dicembre 2019 00:44
    Marina Serafini

    Carissimo, la convivenza in mondi diversi tra generazioni vicine é una drammatica realtà, lo diviene nel momento in cui i confini tra i mondi rendono altro il linguaggio e difficile la trasmissione. Wittgenstein parlava di giochi linguistici, del fatto che non é mai assolutamente chiuso il confine e che l’uomo, in quanto tale, aderisce sempre ad una qualche dimensione comune che consente il passaggio. Da un gioco linguistico ad un altro, da una forma di vita ad un’altra. La responsabilità della pedagogia, oggi come ieri, deve restare quella di educare l’individuo al pensiero critico, che é di fondamentale importanza da sempre e per sempre, tanto più in un mondo che trasmette informazioni a iosa e in velocità. La responsabilità dei filosofi sta nello sforzarsi di trovare il passaggio, di entrare in quei nuovi giochi linguistici per consentire la propria e l’altrui evoluzione. Il futuro diverso dal passati a nello stesso sentiero dell’umanità, una umanità sempre in divenire. Un caro saluto.

  • Di Marina Serafini (---.---.---.161) 27 dicembre 2019 23:07
    Marina Serafini

    La incontrerò in un pensiero: studiando, incuriosita, il modo di danzare di culture diverse, ho compreso infine che noi tutti danziamo in ogni azione che compiamo quando siamo concentrati e seriamente impegnati. Quando siamo unitari a noi stessi e con il nostro momento. E la danza é l’espressione del nostro vivere autentico.. Un saluto

  • Di Marina Serafini (---.---.---.161) 27 dicembre 2019 22:54
    Marina Serafini

    Carissimo, mi domando se questo estremo relativismo non spinga poco prudentemente verso una inazione paralizzante. Non giudico, ergo rispetto tutti, ergo...Cosa e come faccio? E’ vero: l’uomo si é sempre beato, ieri come oggi, di abbracciare scenari violenti e crudeli, quasi che il dolore degli altri riuscisse a esorcizzare, sostituire o vendicare il proprio, quasi che attestare la crudeltà del vivere possa rendere tollerabile la propria, darle un senso che sia possibile accettare.... Niente é normale e tutto é normale... Ma ripartiamo dalla nostra esistenza, quella di ogni individuo. Mi sovviene una riflessione, una accusa in realtà, enunciata dal protagonista di Joker - l’ultimo film di Phillips - , una frase banale ma anche davvero realistica: prendi un malato di mente solitario e lascialo in balia di una società che lo abbandona..E cosa ottieni? Ottieni la in-distinzione del bene dal male, ottieni che non puoi più giudicare perché i valori diventano etichette confuse. Concordo: il valore può essere una imposizione, un modo per soggiogare. Cosa non lo é? Ma non darsi dei valori, non darsi delle sponde rende tutto troppo indistinto. E in un quadro infinitamente aperto l’occhio si perde e finisce col non saper più cogliere... Un azzardo, dunque, un ideale regolativo, o una mera provocazione?

  • Di Marina Serafini (---.---.---.161) 27 dicembre 2019 01:34
    Marina Serafini

    Gentile, parlo da ex ballerina, da anima che ha amato e ama l’espressione di sé nel movimento e nello spazio. E mi tocca smentire le sue parole: a volte la danza non aiuta ad affrontare meglio la vita, consente solo di urlare in un modo diverso. Urlare aiuta a sfogarsi, ma non a trovare la direzione più consona. Forse non dovremmo limitarci a vivere come si balla, ma dovremmo provare a danzare la vita per come essa si pone e ci accoglie, perché altri comprendano e facciano dell’esempio esempio per altri. La vita di ognuno di noi ha un valore e una bellezza che fatichiamo a comprendere e, quindi, ad esprimere. La danza, al pari dei suoni, degli sguardi, di azioni, é solo uno dei molti giochi che possiamo comporre ed esibire, che potremmo imitare o innovare. La vita, dunque, dovremmo eseguire, la vita prima che la sua auspicata imitazione. Un saluto.

  • Di Marina Serafini (---.---.---.161) 2 novembre 2019 22:58
    Marina Serafini

    Viene da aggiungere che non ogni incontro é un divenire, laddove non siamo in grado di ascoltare e di osservare ma passiamo sopra - o sorpassiamo - con estrema leggerezza o con gravissima violenza. Come nel giudicare, appunto. Ma questo non accogliere, in realtà, é un non incontrare, e quindi un continuare statico nella medesima corsia. Qualcuno potrebbe eccepire che il vuoto non esiste, ma sta poi alla percezione individuale rendersene conto... Quanto a giudicare, purtroppo, a volte é necessario, e questo proprio perché diveniamo e siamo divenuti, e nel farlo partiamo sempre da un pregresso, da una situazione. Viviamo traditi - direbbe Gadamer - già sempre presenti in un passato in cui siamo già nati. E un po’ scegliamo il nostro divenire, un po’ lo subiamo senza nemmeno avvedercene. La dialettica della vita non ci esime. Quindi mi chiedo: la chiave del divenire o il divenire come chiave? Sembra che l’una definizione transiti nell’altra in una mutua conversione di nascita e mutazione. Un po’ come quegli strani animali che intessono le tele di Escher... Grazie per lo stimolante contributo.

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