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Marchionne sulla crisi dell’auto

Sergio Marchionne tira le fila della crisi e ne deduce le conseguenze sul mercato dell’auto: «al termine di questo ciclo di crisi, diciamo tra 24 mesi, resteranno i seguenti protagonisti indipendenti: un costruttore americano, uno tedesco, uno europeo-giapponese con una significativa estensione negli Stati Uniti, uno giapponese, uno cinese e un altro potenziale europeo».

In poche parole, secondo il manager di Torino il livello di investimenti necessari a stare sul mercato (e fare innovazione) è fuori della portata Fiat, che lui definisce "modello Wal Mart", cioè prodotti a basso costo. Blocca perciò la produzione di nuovi modelli, esclude un Suv Alfa Romeo (ma questo è come dire che dopo la domenica viene il lunedì).



Mi pare interessante provare a capire l’antefatto e le conseguenze. Il primo è che probabilmente occorre orientare al produzione verso prodotti che utilizzino fonti alternative (da cui l’ingente bisogno di quattrini per la R&S), visto che la meta non è così vicina. La conseguenza è che occorre trovare alla svelta un partner che sopravviva (più tardi ci si aggrega,meno conveniemte è l’aggregazione).

Escludendo giapponesi e cinesi (con cui Fiat non ha mai legato), resterebbero i due europei. Non so se la posizione che sta assumendo il governo sul protocollo di Kyoto, il 20-20-20 (ritardando di fatto l’evoluzione verso prodotti eco-compatibili) accelera o svantaggia questa prospettiva

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