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Manifestazine pro-Genchi e la distorsione mediatica

Oggi, davanti alle questure di molte grandi città italiane, liberi cittadini andranno a manifestare contro la sospensione dal servizio del vice questore Gioacchino Genchi, l’uomo, per intenderci, accusato da pezzi delle istituzioni e del mondo politico di essere lo spione numero 1 d’Italia. Notare, però, come la sospensione di Genchi non sia stata motivata dall’inchiesta in corso a Roma sui presunti abusi che questi avrebbe commesso approfittando, dice l’accusa, di password e accessi consegnatoli, legalmente e previa corretta autorizzazione, dalle procure per le quali da anni lavora. La sospensione è causata, invece, dalle dichiarazioni che ha rilasciato alla stampa, sul suo blog e sulla sua pagina di FaceBook. Questo riportano notizie stampa comparse nelle ultime settimane.

In particolare, il primo provvedimento disciplinare che lo ha raggiunto, e l’ammonizione a non rilasciare altre dichiarazioni alla stampa senza previa autorizzazione, sarebbe stato motivato da un’intervista che mi ha rilasciato in data 7 marzo nel suo studio a Palermo e pubblicata sul mio giornale, left-Avvenimenti, il 13 dello stesso mese. Questa notifica “disciplinare” sarebbe datata 18 marzo.

In seguito, il 19 marzo, Giocchino Genchi ha risposto a delle provocazioni di un giornalista sulla sua pagina di Face Book. Per chi conosce il mezzo il “botta e risposta” di FB, si tratta di fatto di una chat. La discussione è stata ripresa e pubblicata prima sul sito www.19luglio1992.com e successivamente anche sul blog pubblico di Genchi http://gioacchinogenchi.blogspot.com.

A quanto risulta la sospensione sarebbe stata diretta conseguenza di questo episodio.



Ritorniamo all’intervista da me realizzata. Sono stato uno degli ultimi a raggiungerlo e a intervistarlo. Genchi, appena iniziata la campagna nei suoi confronti fra gennaio e febbraio, ha rilasciato molte altre interviste (alcune addirittura molto più “dure” di quella rilasciata a me come quella realizzata da Tele Lombardia) fra le quali si segnalano la partecipazione dello stesso da Santoro e da Matrix (allora guidato ancora da Enrico Mentana) e Reality su La7. Specifico questo aspetto per spiegare come le dichiarazioni rilasciatemi da Genchi il 7 marzo non furono certo una novità né nei toni né negli argomenti. Abbiamo parlato per più di un’ora. Era alla stessa scrivania da dove da oltre 20 anni svolge il suo servizio per conto dell’autorità giudiziaria. La stessa, ormai, conosciutissima grazie a servizi fotogrefici e televisivi e dalla quale ha rilasciato più di venti interviste alle radio, alle televisioni ed ai giornali di mezzo mondo. Durante l’intervista che mi ha concesso non è mai scivolato su giudizi politici rimanendo soltanto su argomenti che riguardano i suoi incarichi professionali. Notare, soprattutto, che non ha mai rilasciato dichiarazioni in qualità di funzionario della Polizia di Stato e non ha fornito dichiarazioni su incarichi operativi della sua amministrazione.

Probabilmente quello che ha creato preoccupazione, e che forse ha causato il primo provvedimento disciplinare nei suoi confronti, è che le sue dichiarazioni furono contestualizzate all’interno di una narrazione giornalistica che ricostruiva non tanto le inchieste di Catanzaro, quanto il percorso professionale e le indagini (e collegamenti fra le varie indagini) condotte da Genchi dal 1989 a oggi, ovvero dall’attentato dell’Addaura a Giovanni Falcone passando poi per quella della strage di via d’Amelio dove persero la vita Paolo Borsellino e i ragazzi della sua scorta. È stata la ricostruzione di questo percorso e dei tanti vuoti e delle tante ombre emerse in quelle indagini a suscitare tanta preoccupazione? La velocità e la tempestività con cui alcune testate giornalistiche, fin dall’esplosione del caso Why not, hanno divulgato indiscrezioni e dati e nomi riservati e coperti dal segreto istruttorio fanno temere che ci sia chi opera come un abile ufficio stampa per contrastare inchieste specifiche e specifici magistrati e percorsi investigativi. Tanto per fare un esempio, basta andare vedere come solo due giorni fa come le solite testate abbiano iniziato a divulgare dati e numeri (non verificati visto che le indagini e le perizie sono tuttora in corso) sui presunti archivi Genchi sequestrati dai Ros per conto della procura di Roma il 13 marzo scorso. Il segreto istruttorio dov’è? Chi è che diffonde questi numeri e perché sempre e solo verso certe testate giornalistiche?

La domanda, ovviamente, non ha una risposta. Quello che posso dire è che mi sono recato da Genchi per l’intervista dopo aver seguito il suo lavoro grazie alla lettura delle sentenze di alcuni processi a cui aveva collaborato fra cui quello proprio su via D’Amelio. La sua relazione, in questo caso, è un documento unico, impressionante. Quello si allarmante. Non tanto per alcuni poteri. Allarmante per il Paese, per la tenuta democratica delle istituzioni.

Non so se Genchi abbia commesso degli abusi. Lo diranno le indagini e, se ci si arriverà, un processo. Ma che sia garantita a Genchi la possibilità di difesa davanti a questa offensiva mediatica. Sempre che valga ancora il diritto.

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