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Maldive, torture e morti nelle carceri

Ad agosto il vicepresidente delle Maldive, Faisal Naseem, aveva dichiarato che il miglioramento delle condizioni carcerarie era tra le principali priorità del suo governo.

Il miglioramento ha tutto da venire, dato che il 13 settembre c’è stato l’ennesima morte in una prigione dell’arcipelago: quella di Mohamed Aslam, ufficialmente deceduto “in circostanze sconosciute” nel penitenziario di Hulhumale.

Asmal, 40 anni, originario dell’isola di Vadhoo, stava scontando una condanna a tre anni per possesso di droga. Avrebbe avuto un improvviso collasso per poi morire dopo il ricovero in ospedale. Ma la circostanza sospetta è che la famiglia ha appreso la notizia da fonti diverse dalla direzione del carcere e questa, solo dopo essere stata sollecitata, ha confermato il decesso.

Quello stesso giorno il Comitato parlamentare sui servizi di sicurezza nazionali ha raccomandato l’apertura di un’inchiesta nei confronti degli agenti di polizia che avevano torturato, il 6 settembre 2020, un uomo di nome Ahmed Siraj, arrestato per furto. Che ci sia voluto un intervento parlamentare, a un anno di distanza dall’accaduto, per sollecitare un’indagine la dice lunga sulla volontà di accertare le responsabilità.

Nel 2020 la Commissione per i diritti umani delle Maldive aveva ricevuto 28 denunce di tortura, 17 delle quali nei confronti della polizia penitenziaria.

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