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Malcostume italiano

 

Se per la seconda volta in un mese mi ritrovo costretto a dover premettere di non essere affatto berlusconiano, significa che c’è un problema. E dato che, di non esserlo, sono assolutamente certo, evidentemente il problema non è mio.

Il problema è di certi giornalisti, di certi politici e di certi intellettuali che una volta ancora mi spingono, contro il mio volere e contro la mia vocazione, a prendere le difese di questo satrapiello, nel contempo rafforzando in me l’idea che, fin quando Berlusconi resterà sulla scena, la politica italiana seguiterà a fossilizzarsi. E questo anche grazie ai paladini dell’informazione, della democrazia e della libertà.
Lo scenario, da qualunque parte ci si volti, è desolante.
 
Da una parte una torma famelica di giornalisti che da mesi non fanno che parlare dei testicoli di Berlusconi, dall’altra una schiera di scendiletto che si coprono di ridicolo negando categoricamente (con goffe evoluzioni degne del Minculpop) anche i fatti più lampanti. Con buona pace della decenza e della deontologia professionale.
 
Intendiamoci, ci sono almeno due motivi che potrebbero giustificare un tale rovistare tra la biancheria del premier. Innanzitutto il fatto che Berlusconi ha sempre utilizzato la sua vita privata come “spot” elettorale per accattivarsi il voto dei cattolici e, come si suol dire, chi di spada ferisce, di spada perisce: per intenderci, si fossero sventolate quelle di un Andreotti, di mutande, sarebbe stato un colpo basso e odioso senza appello. Secondariamente, perché una democrazia possa considerarsi giusta, l’elettorato ha il diritto di sapere per chi sta votando, e un politico dovrebbe quindi, in linea di principio, rispondere a tutte le domande della stampa, rappresentante teoricamente l’interesse dell’opinione pubblica. Starà allo stesso politico definire quale sia il limite della sua sfera privata, secondo la propria volontà di esporsi e cosciente che, in un senso o nell’altro, questa scelta determinerà uno spostamento di consensi.
 
La notizia di un premier che organizza festini nella propria casa di vacanza e che ama intrattenersi con belle donne va presa per quello che è: un fatto che, solo se nel rispetto delle leggi sulla privacy, i media hanno tutto il diritto di pubblicare (ma qualora lo facessero ci sarebbe da domandarsi seriamente che fine abbia fatto il senso della decenza, e la professionalità di questi “giornalisti”) e che il diretto interessato ha il diritto di bollare come esclusivamente privato e non attinente al suo ruolo istituzionale (ma qualora tentasse di censurarlo o nasconderlo ci sarebbe da chiedersi se non abbia qualcosa di davvero grave da nascondere). Se si volesse fare diversamente, a chi si dovrebbe affidare l’autorità di decidere cosa è definitivamente pubblico e cosa definitivamente privato? Ci ritroveremmo forse con pagine e pagine di inchieste e interrogazioni in nome del “diritto dell’elettore a conoscere i candidati” per sapere se questi ultimi vanno regolarmente in chiesa, mangiano prodotti biologici o praticano il sesso sicuro, scandalizzandoci ogni volta che la risposta fosse un (sacrosanto) “Sono affari miei”.
 
Beninteso, io credo che queste informazioni su Berlusconi si dovessero dare, se non altro per il motivo sopra enunciato (la sua esasperata strumentalizzazione della sua stessa vita privata), ma da qui a imperniare mesi interi di campagna mediatica, “scoop” e smentite a titoli cubitali riguardo a “notizie” del genere, di strada (e qualità giornalistica) ne passa.
 
In condizioni normali, dopo la pubblicazione di questo genere di voci sul conto del premier, quest’ultimo avrebbe semplicemente risposto alle domande nella maniera più esaustiva possibile e, se caso, specificato che questo nulla ha a che fare con il suo mandato istituzionale o, se caso, dato le dimissioni.

 
Così dovrebbe funzionare, ma ovviamente non in questo grottesco teatrino che è la politica italiana, dove anche il più normale dei procedimenti democratici viene distorto e adattato agli opportunismi di bottega. In questi casi, le cause della malformazione italiana sono molteplici.
 
In primo luogo, va notato che in Italia abbiamo un partito di governo che è campione (forse) mondiale di personalismo: il PDL è, come discusso in altri miei articoli, un soggetto politico difficilmente caratterizzabile dal punto di vista ideologico, il cui unico fondamento irrinunciabile è la figura carismatica di Berlusconi-re, presidente e candidato premier dalla nascita del partito fino al presente. Attaccare il leader, discreditato il quale, il partito perderà gran parte della propria credibilità agli occhi dell’elettorato e dei suoi stessi membri, risulta quindi una strategia efficace e spesso vincente. In una democrazia sana, nella quale i partiti sono espressione di un sistema di idee e non della “sacralità” del leader, attacchi personali di questa persistenza sono generalmente (salvo rari casi) ridotti.
In secondo luogo, per quanto riguarda invece la riluttanza del Presidente del Consiglio a dimettersi, credo che come sempre si stia tentando di attribuire a Berlusconi e alla “casta politica” delle colpe che non ha, o meglio, che ha nella misura in cui sia Berlusconi sia i politici sono lo specchio del nostro paese: quando in una democrazia “normale” un ministro si dimette è perché è costretto a farlo. Questo implica che ci sia qualcuno che lo costringe a dimettersi e una causa che spinge quel qualcuno a imporgli le dimissioni. Il qualcuno, evidentemente, è il partito con i suoi organi di controllo, mentre la causa è l’emorragia di voti che un eventuale scandalo provocherebbe a danno del partito. Berlusconi non ha dunque di che preoccuparsi: essendo lui stesso il partito nessuno può intimargli di dimettersi, mentre la (mal)educazione politica e morale degli elettori garantisce (a lui e a qualunque politico colpito da scandali anche ben più gravi di un festino con delle soubrettes) che l’altrove paventata emorragia di voti non ci sarà. Non dimentichiamo che gli italiani sono quel popolo che ha mantenuto al governo ininterrottamente per quasi cinquant’anni il partito più indecoroso d’Europa, sorvolando sul suo malcostume pur essendone a conoscenza.
 
Confrontato a un popolo che ha ingoiato tanto lerciume senza batter ciglio, per quale misterioso motivo il premier dovrebbe dimettersi? Per scrupolo morale, di cui (quasi) nessun politico di spicco ha mai dato prova, senza che gl’italiani vi trovassero nulla da ridire? O forse invece per masochismo? No, signori: se non abbiamo mai dimostrato di voler mandare a casa chi non ha meritato la nostra fiducia, non possiamo pretendere di essere rispettati come popolo avveduto.
 
Lo stesso ragionamento vale, a mio parere, per tutto quel che riguarda i processi e le condanne penali: personalmente non darei mai il mio voto a un condannato per corruzione, ma perché bisognerebbe impedire a qualcuno di farlo? È sicuramente fondamentale segnalare accuratamente se e per cosa un candidato è stato condannato, e anzi i media dovrebbero essere molto più attivi in questo, ma trovo estremamente antidemocratico impedire per legge la libera candidatura e la libera espressione di voto, anche per un condannato: la questione morale non può e non deve essere una questione legislativa, ma deve entrare nel sangue e nella mentalità degli italiani, altrimenti diventerà solo un’altra limitazione alle libertà politiche di ogni cittadino. E finché gli italiani, della moralità, non ne vorranno sapere, semplicemente ci ritroveremo con un Parlamento che è il ritratto del paese, come è giusto che sia (motivo per il quale sono anche fermamente contrario alla legge elettorale attuale, che impedisce al cittadino di esprimere la propria preferenza personale, eventualmente eliminando i candidati condannati o immeritevoli).
 
Ultimo, ma probabilmente più importante, motivo di questa imbarazzante (più per i veri antiberlusconiani, tra le cui file mi annovero tuttora, che per Berlusconi, che del suo machismo ha sempre fatto un vanto) campagna mediatica, è l’incapacità dell’opposizione intesa nel suo senso più largo a contrastare il premier sul piano politico. Un po’ per la disparità di mezzi mediatici (nonostante tutto è obiettivamente innegabile che Berlusconi sia in possesso di una potenza mediatica neanche lontanamente paragonabile a quella di nessun altro leader democratico al mondo), un po’ perché l’opposizione parlamentare è incapace di formulare delle proposte unitarie e coerenti da contrapporre a quelle, condivisibili o meno, del PDL, è evidente che per ora a livello partitico non esiste un’alternativa solida e credibile a Berlusconi che, parlando alla pancia della gente, riesce a guadagnare con un’efficacia incomparabile non solo i voti di chi crede veramente nel suo “progetto” politico, ma anche i voti di chi è politicamente disinformato e compresso nelle preoccupazioni del presente.
 
Infine, ne sono convinto, c’è anche un silenzioso interesse dei partiti d’opposizione nel non parlare delle “questioni concrete”, di fronte alle quali le ricette della “sinistra” non sarebbero minimamente più efficaci di quelle della “destra”. Disoccupazione, inquinamento, povertà, sono tutti problemi la cui soluzione non si trova nel corredo teorico di alcuna delle parti in causa: parlarne significherebbe rimettere in questione un intero sistema economico e sociale, sul quale tanto le élites di destra quanto quelle di sinistra hanno fondato il loro status e la loro giustificazione. Parlarne significherebbe, in poche parole, ammettere l’inutilità di entrambe le parti politiche, aprendo la strada a una discussione in seno alla società civile riguardo alle alternative per il futuro. Per la compagine di “opposizione”, quindi, meglio restar cheti che rischiare di sparire del tutto.
Per concludere, quando riusciremo finalmente a smetter di parlare di Berlusconi, delle sue ville, dei suoi miliardi, delle sue ragazze, della sua buona o cattiva fede?
E quando, invece, troveremo il coraggio di ricominciare a parlar di politica?
Perché per farlo, in questi tempi di crisi e scelte storiche, di coraggio ce ne vuole, ma è anche l’unico coraggio che dovremmo permetterci.

Commenti all'articolo

  • Di kthrcds (---.---.---.116) 22 giugno 2009 11:04

    Nel suo articolo lei pone domande appropriate e risparmia al lettore la fatica di darsi delle risposte, perché le fornisce già lei. Comunque, non so gli altri, ma a mio modo di vedere le sue risposte sono soddisfacenti perché rispecchiano fedelmente l’attuale stato delle cose in Italia.

    L’unica cosa su cui non sono del tutto d’accordo riguarda la tenuta di Berlusconi. Credo che ormai il suo ciclo sia concluso. Il suo recente show a Cinisello Balsamo (solo per citare uno tra i tanti episodi succedutisi nelle ultime settimane) mi ha confermato ciò che penso da diversi anni: la psiche di Berlusconi è profondamente disturbata. Credo che oggi anche i suoi più stretti collaboratori si siano resi conto che mantenerlo al potere potrà solo avere conseguenze disastrose per la coalizione di centrodestra, e stiano lavorando per trovare un sostituto.

    Che cosa accadrà se ciò si verificasse non lo so. Io, comunque, auspico che il centrodestra si trovi un altro leader e continui a governare l’Italia fino a fine legislatura.

    Gli esponenti di centrodestra hanno sempre detto di non aver mai potuto dimostrare le loro capacità a causa dell’egemonia della sinistra in Italia. Ora, con la crisi che continua a mietere vittime, e senza il parafulmine costituito da Berlusconi, hanno una ottima occasione per dimostrare le loro reali capacità.

    Se le hanno.

    Nel frattempo, la sinistra potrebbe tentare di ricordarsi le sue origini. Quando la sinistra tornerà a rappresentare i suoi valori originari tornerà anche a raccogliere consensi. Che non significa necessariamente vincere le elezioni, ma sapere e volere creare un argine ed un contrappeso alle eventuali derive dei conservatori più retrivi. Nessuno, né a sinistra né a destra, è effettivamente in grado di risolvere i problemi di un’intera nazione dall’oggi al domani; perché l’“uomo è più debole delle proprie idee” - come diceva Céline -, e perché lo stato delle cose si modifica in continuazione.

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