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Ma dove sono finiti i programmi politici?

Nella campagna politica dei dispettucci e del gossip, qualcuno ha dimenticato che la politica è fatta di programmi ed impegni, che dopo aver fatto questi passi si può passare a chiedere il voto alla gente.

In questa campagna elettorale, io che sono uno spettatore, penso che gli step necessari non siano stati fatti, e che si agisca alla rinfusa nella richiesta di voti, sperando che chi ascolta abbia più repellenza per l’altro che per me.

Con questi presupposti voteranno il 52% dei votanti (questo è il numero degli Abruzzesi andati ad eleggere il Presidente della Regione dopo i noti e repellenti fatti dl 2008).

E’ da diversi giorni che vado a seguire discorsi politici di persone che si candidano in diversi schieramenti e per tutte le posizioni (anche per le europee), ma ho sentito solo tante denigrazioni dell’operato altrui senza sentire un solo programma politico.

 

Mi sono sforzato anche di cercare sui siti dei personaggi in questione (oggi non sei nessuno se non ti fai un sito durante la tua candidatura).

Purtroppo neanche là si evincono piani post-elezioni.

Sembra che tutto sia orientato al farsi eleggere, e poi che tutto continui com’è.

Non continuerà un bel niente così come è!

Gli anni 70 ed i loro strascici positivi sono ormai trascorsi, oggi senza pianificazione dell’economia non si va da nessuna parte, sono finiti i tempi del <<produrre qualsiasi cosa perchè qualsiasi cosa viene assorbita dal mondo>>.

Occorrono piani ed impegni, da parte di politici soprattutto; se il rischio è che una parte di essi non venga raggiunto, gli elettori soppeseranno, ma intanto la gente capirà in che direzione ci si rivolge.

Ciò è importante perché avere indirizzi chiari serve ad orientare gli investitori, ed a richiedere meno risorsa pubblica per lo sviluppo delle attività.

Per fare un esempio, se il ponte di Messina è un obiettivo chiaro del Governo e ci sono buone probabilità di attuare questo obiettivo, io comincio a finanziare l’attività comprando azioni delle società che lo realizzeranno, o titoli di stato emessi per l’occasione.

Fermo restando che io non mi schiero né a favore né contro il Ponte di Messina, di fatto la mia azione di investimento viene impedita dall’incertezza.

Nessuno mi dica:<< È stato scritto sul giornale tal de’ tali, in tale data>>.

Non è palese.

In un momento in cui bisogna ottimizzare le risorse a disposizione, la mancanza di indirizzi programmatici è un disastro perché disperde l’energia disponibile mediante iniziative frammentate e divergenti.

Ho scelto l’esempio del Ponte di Messina solo perché tutti sanno di cosa stiamo parlando, ma con questo esempio ci rendiamo anche conto delle difficoltà che ci sono nell’esporre programmi nel paese dei Guelfi e Ghibellini.

Il rischio è che si mobilitino prima le forze che contrastano l’iniziativa e poi quelle che la spingono.

Non è un problema: sondare la forza dell’avversario fa sì che siano prese contromisure adeguate.

Intendo dire che conoscere il perimetro del problema, è un vantaggio, non un motivo per non affrontarlo.

Per tornare al tema, io vivo in Abruzzo e non ho ancora sentito dai politici locali, come si intende fare per indirizzare le imprese ad uscire dalla crisi, né come fare diventare opportunità i vincoli che questa crisi ci propone.

L’erogazione di Casse Integrazioni, o di ammortizzatori analoghi, non sono una soluzione: sono l’aggravio del problema.

I lavoratori attivi per pagare la cassa integrazione ai colleghi sono sempre meno, e gli ammortizzatori sociali ci stanno assorbendo risorsa che non sarà destinata allo sviluppo.

Siamo in trincea a difenderci, lo abbiamo capito, ma diteci quando vogliamo passare al contrattacco e contate bene i proiettili, perchè rischiamo di finirli prima di quel momento.

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