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Lula e il tetto di spesa bucato

Il presidente brasiliano (ri)entrante punta a mettere il welfare sociale fuori dal tetto costituzionale di incrementi reali di spesa pari a zero

 

Pare che il rientrante presidente brasiliano, Luis Inacio Lula da Silva, stia valutando di aggirare il tetto costituzionale alla spesa pubblica, che ne impone una crescita massima pari all’inflazione. Chi segue questi pixel sa che da sempre ribadisco che non esistono gabbie create dal genere umano, e dalla sottospecie dei legislatori, che il genere umano medesimo non possa aprire. E spesso con le chiavi, senza stressarsi con grimaldelli.

Il tetto costituzionale alla crescita della spesa, o teto in idioma locale, è stato introdotto nel 2016. Già il presidente uscente, Jair Bolsonaro, a caccia di soldi durante la pandemia, aveva provato ad aggirarlo con l’espediente di ritardare i pagamenti ai creditori dello stato, altro fenomeno ben conosciuto anche dalle nostre parti.

L’alternativa era quella di “liberare” più spesa calcolando un’inflazione attesa più elevata, anche per effetto del fatto che i prezzi stanno effettivamente crescendo in doppia cifra annua e falcidiando gli strati più poveri della popolazione a causa di rincari su alimentari ed energia e del deprezzamento del real. Ma, come si intuisce, forse prevedere inflazione elevata per avere più margini di spesa non è il miglior modo per ancorare le aspettative sui prezzi.

WELFARE SOCIALE FUORI DAI VINCOLI

Ora Lula sta cercando nuovi modi creativi per spostare il tetto più in là e finanziare le sue promesse elettorali relative all’aumento del salario minimo, all’introduzione di una nuova erogazione monetaria per famiglie con figli di età inferiore a sei anni e mantenere il maggior programma brasiliano di welfare, Bolsa Familia, alla cifra di 600 reais ed evitarne il taglio a 405 per raggiungimento del tetto costituzionale di spesa.

Motivo per cui Lula ha avviato colloqui con le altre forze politiche parlamentari per far passare (con la maggioranza qualificata di tre quinti e due voti consecutivi in ognuno dei rami del parlamento) un emendamento costituzionale che tolga le somme necessarie alle spese di welfare sociale dal tetto alla spesa. Il tutto a due mesi dall’insediamento e senza aver designato una squadra di governo. Il resto lo farà il suk politico, che in Brasile è notoriamente piuttosto vivace.

Quale possa essere la logica di un tetto di spesa elevato a rango costituzionale ma bucato da deroghe, lascio a voi giudicare. Si conferma tuttavia la mia tesi: non esiste alcuna camicia di forza ai conti pubblici, da nessuna parte.

Quanto a Lula, dovrà cercare di tenere i conti in ordine e misurarsi con il grande afflusso di capitali esteri che ha caratterizzato quest’anno, senza farli fuggire prima del tempo. Il tutto mantenendosi entro il quadro ESG che tanto piace agli investitori globali, ipocrisie a parte. Tutti gli occhi sono puntati sulla compagnia petrolifera di Stato, Petrobras, che nella precedente vita presidenziale di Lula fu caricata di debito in modo abnorme per finalità sociali. Anche al netto della successiva nota vicenda giudiziaria.

Tornato al potere, Lula potrebbe usare Petrobras per investimenti a basso ritorno e prezzi sussidiati dei carburanti. Sarebbe un altro buco al tetto di spesa, di fatto.

Foto PT/Flickr

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