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Loveless, di Andrey Zvyagintsev.

 Loveless, ovvero ciò che non si dovrebbe mai dire e fare nei confronti dei bambini. Si provi a chiedere a un bambino come è sentirsi rifiutato o senza importanza. Due genitori nel fiore degli anni, che ancora sentono forti i sintomi di innamoramenti facili per altri partner, presi dalle loro rispettive storie segrete ma “poveri” di sentimenti, vite modeste: l'una con gli occhi sempre sul suo smartphone – quegli aggeggi che fanno sentire moderni ai giorni nostri, moderni e forse anaffettivi – l'altro è un anonimo impiegato di una grande azienda, vite di scarsa comunicazione e di ancor meno calore. L'appartamento che si vende perché ci si separa, Alyosha 12enne che sente i litigi dei genitori, parlano di un istituto a cui affidarlo, le sue spalle ancora piccole scosse dai pianti terribili la notte. Già quando usciva da scuola all'inizio del film appariva differente dai compagni che uscivano in gruppo, saltellanti e allegri e lui con nessuna fretta di arrivare a casa, attraversava il bosco come unico ambiente amico. Non si può trattar così, come un oggetto qualsiasi da piazzare in qualche luogo, un bambino anche nato per sbaglio, quando i due ancora amoreggiavano. La loro vita è davvero modesta, breve come sono brevi gli amplessi clandestini che praticano con i rispettivi nuovi amanti: che contrasto con la grandezza del far crescere un figlio, quanto sono di breve durata la cura per il bel corpo levigato della giovane moglie Zhenya e la smania di conquiste del marito Boris .




Resteranno soli perché Alyosha, indesiderato, se ne va, sparisce e, assente, diventa l'assoluto protagonista del film, quando in tanti lo ricercano. La sua assenza ha lasciato vuoti i due, le loro vite ancora più vuote e insignificanti, con una mancanza infinitamente più grande dei loro miseri litigi e voglie di evasione. Un regista, il 53enne russo Andrey Zvyagintsev, che non si lascia passare inosservato, i suoi precedenti non furono per caso: Il ritorno (Leone d'oro a Venezia 2003) e Leviathan (migliore sceneggiatura a Cannes 2014). Esemplificativi i giudizi di Gabriele Niola su questo secondo film, giudizi che accomunano tutti e tre i film: “uno sguardo sul popolo russo … la solitudine umana … percorsi di sofferenza dei protagonisti … mancanza di senso superiore nelle vite individuali … vuotezza di anime”. Piccola nota: in ambedue i film c'è il conducente dell'auto che lascia a piedi un familiare, il padre lascia per strada il figlio ne Il ritorno, e il marito lascia a piedi la moglie in Loveless, piccole gentilezze familiari, o russe.

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