Lo strumento Ue contro i sussidi di Troia

Prime applicazioni del Regolamento sui sussidi esteri, che dà alla Commissione Ue pieni poteri di intervento sugli investimenti extracomunitari nei singoli paesi del blocco. Resisterà alle lamentazioni nazionali?
Mentre Joe Biden annuncia l’imposizione di una tariffa quadruplicata, al 100 per cento, sulle importazioni di auto elettriche cinesi, che peraltro sono già escluse da benefici quali i crediti d’imposta previsti dall’Inflation Reduction Act, la Ue procede con la sua valutazione anti dumping sulle EV di Pechino. Compito reso difficile dalle forti e vocali resistenze tedesche all’imposizione di nuovi dazi alle auto elettriche cinesi.
I motivi sono intuibili: i costruttori tedeschi ricavano (o forse meglio sarebbe parlare al passato) una quota molto elevata dei propri profitti dalle vendite sul mercato cinese. In un periodo di “patriottismo del consumatore”, basta poco per accentuare lo spostamento dei cinesi verso marche domestiche, e dare il colpo di grazia ai tedeschi. Peraltro, il fenomeno pare destinato a prodursi comunque.
INVESTIMENTO DIRETTO E RISCHI PER IL MERCATO UNICO
Il vantaggio cinese nella produzione di veicoli elettrici è tale che, secondo alcune stime, per livellare il campo di gioco in Europa servirebbero dazi in un intorno del 50 per cento, dal dieci per cento attuale. I favorevoli all’imposizione di ulteriori dazi ritengono che, in tal modo, i cinesi sarebbero indotti a investimenti diretti in Europa, con apparenti effetti benefici per l’economia e l’occupazione. Le cose potrebbero non essere così lineari, tuttavia, anche ipotizzando l’assenza di reazione da parte dei costruttori locali incumbent.
L’investimento diretto per aggirare i dazi (tariff jumping) è già stato usato dai cinesi in Europa. Ma tale investimento potrebbe continuare a destabilizzare il mercato unico europeo, nel caso l’azienda interessata continuasse a essere sussidiata dal proprio governo di origine. Per ovviare a questa problematica, dallo scorso luglio l’Unione europea si è dotata di uno strumento teoricamente molto potente, il Foreign Subsidy Regulation (FSR), che consente alla Commissione di contrastare le distorsioni causate al mercato unico da sussidi esteri.
Col FSR si è quindi chiuso un buco di regolazione. Prima della sua introduzione, i sussidi erogati da governi extra comunitari erano esenti da controlli, mentre quelli degli stati membri europei sono assoggettati alle norme comunitarie sugli aiuti di stato. L’aspetto più rilevante del FSR è il fatto che la Commissione ne è l’enforcer di unica istanza. In particolare, la Direzione Concorrenza (DG Comp) è titolare di indagini e interventi riguardanti il contrasto alle distorsioni anti competitive prodotte fuori dagli appalti pubblici, mentre questi ultimi sono di pertinenza della Direzione per il Mercato Interno.
COSA È IL FSR
Il FSR è stato utilizzato nel caso dell’azienda cinese Nuctech, che produce scanner di sicurezza per aeroporti, posti di confine, bagagli e cargo. Nuctech è un esempio da manuale di tariff jumping, poiché opera in Europa dal 2009. Ma è anche un’azienda molto “particolare”, vuoi per i suoi prodotti ma anche per il fatto che in passato è stata guidata dal figlio dell’ex presidente cinese Hu Jintao, ed accusata di raccogliere informazioni sensibili. Ciò non le ha impedito di ottenere negli ultimi dieci anni 160 appalti pubblici in 25 paesi europei.
Lo scorso 23 aprile, funzionari della DG Comp hanno perquisito gli uffici Nuctech in Olanda e Polonia, per acquisire informazioni relative all’accusa di percepire dal governo di Pechino sussidi distorsivi della concorrenza sul mercato unico europeo. Un altro caso eclatante di investigazione prodotta col FSR, ha causato il ritiro della controllata del primo produttore mondiale di treni, i cinesi di CRRC, da una gara per la fornitura di 20 treni in Bulgaria a un prezzo di circa la metà di quello degli spagnoli di Talgo, secondo miglior offerente. I cinesi erano stati accusati di aver ricevuto 2 miliardi di dollari di sussidi di stato.
Di ieri è invece la notizia che due aziende cinesi, impegnate in una gara pubblica in Romania per la realizzazione di un parco fotovoltaico, e su cui la Commissione aveva aperto una indagine ai sensi del FSR, si sono ritirate.
Il FSR è quindi uno strumento molto potente, nelle esclusive mani della Commissione, e che può irrompere nei mercati nazionali. Ben diverso, nei tempi oltre che nei modi, dalle lente investigazioni anti dumping, che producono effetti erga omnes.
IMPATTO NEI SINGOLI PAESI
Ora, immaginiamo che la Commissione usi il FSR per mettersi di traverso all’investimento in Ungheria dei cinesi di BYD. Oppure a quello in qualsiasi altro paese dell’Unione che stesse tentando di portare nelle proprie lande un costruttore cinese. Pensate all’Italia, ad esempio, anche se resto molto scettico sulla possibilità di vedere costruttori cinesi insediati qui. A quel punto, ammesso e non concesso che l’incumbent non si sia a sua volta messo di traverso minacciando di disimpegnarsi definitivamente, come reagirebbe il governo italiano pro tempore? Accusando “i burocrati non eletti di Bruxelles” per aver messo i bastoni tra le ruote al nostro paese, magari dopo che altri hanno avuto insediamenti cinesi?
E quale sarebbe la priorità, qui? Accelerare l’introduzione di veicoli “verdi”, persistendo peraltro forti incognite sul reale impatto occupazionale netto di tali mosse, oppure la tutela di occupazione e costruttori pre-esistenti? Leggeremo e ascolteremo lamentazioni contro la Ue che “si preoccupa solo di tutelare il feticcio del mercato”? Eppure, a lume di logica, non si può non disporre di uno strumento come il FSR, per evitare che il mercato interno venga demolito da cavalli di Troia esterni.
La Ue è e resta la dimensione di complessità cooperativa e competitiva con cui dobbiamo fare i conti. Una dimensione che non potremmo eliminare, neppure se eliminassimo la stessa Unione. Ma è troppo difficile da capire, per troppi.
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