Lo sfondo socialdarwinistico del ’Mein Kampf’
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- Tesi di laurea da cui è stato estratto l’articolo, pubblicata su Amazon in edizione indipendente
L'affiancamento del nome di Darwin a quello di Hitler è stato all'origine di dibattiti e controversie tra gli specialisti. Lo storico statunitense J. Lukacs, nella sua opera intitolata 'Dossier Hitler' (Longanesi, 1998 Milano), valuta come inopportuno un accostamento di questo tipo, sostenendo che:
"E' vero che Hitler credeva nella sopravvivenza del più forte, ma che cosa c'era di nuovo in questo? Il principio del trionfo del forte sul debole risale a più addietro di Machiavelli, forse addirittura a Caino e Abele. Inoltre diversamente da molti socialdarwinisti, egli, convinto com' era del potere delle idee, non era un materialista."
Ci si può non accontentare di un punto di vista così semplicistico e analizzare come scienza e ideologia politica si siano reciprocamente influenzate nel periodo storico in questione.
Infatti molti altri storici di prim’ordine hanno tratto conclusioni opposte a quelle di Lukacs: come William L. Shirer, storico americano, da vent'anni un punto di riferimento per chi si occupa di questioni inerenti il Terzo Reich, nella sua immensa opera intitolata "Storia del Terzo Reich" (1959 - Einaudi Editore; Torino) analizza i contenuti del 'Mein Kampf' e li riconduce ad opere di autori che Hitler lesse nel periodo della sua giovinezza, come Hegel, Fichte, Schopenhauer, Nietzsche:
"Come Darwin, ma anche come moltissimi altri pensatori, storici, re, generali e uomini di stato tedeschi, Hitler concepisce la vita come una lotta continua ed eterna e il mondo come una giungla dove il più adatto a sopravvivere e dove il più forte governa <<un mondo dove ogni creatura si nutre di un' altra e dove la vita del più forte implica la morte del debole >>. Non ci interessa stabilire se vi è un rapporto diretto tra Darwin e Hitler, ma analizzare come la concezioni scientifica e quella politica si siano relazionate nello stesso contesto storico.
Proviamo ora ad entrare nei contenuti. Il 'Mein Kampf' trabocca di aforismi del tipo: << In fondo, soltanto il bisogno di autoconservazione può imporsi... L'umanità diventa grande attraverso una lotta eterna, e perisce soltanto nell'eterna pace... La natura crea in questo modo gli esseri viventi e osserva il libero gioco delle forze contrastanti. Allora essa conferisce il diritto di dominare al suo figlio prediletto, al più forte nel coraggio e nell'azione... Il forte deve dominare e non mescolarsi col debole tanto da sacrificare la propria grandezza. Soltanto chi è congenitamente debole può trovare crudele questo processo... >> Per Hitler la conservazione della civiltà è << legata alla rigida legge della necessità e al diritto alla vittoria dei migliori e dei più forti. Chi vuole vivere deve dunque combattere, in questo mondo di eterna lotta; altrimenti non merita di vivere. Benchè sia dura questa è la verità !". (Ibid. Pag. 136)
E' vero che il nome di Darwin non compare nel libro di Hitler (così come non compaiono nemmeno quelli di altri autori per lui influenti) ma ciò è dovuto ad una scelta mirata: quella di stilare un testo divulgativo nel quale l'autore, che all'epoca in cui scrisse era un detenuto politico, esponeva la sua "Weltanschauung".
Hitler era un autodidatta, leggeva ciò che più lo interessava, e come noto non aveva conseguito importanti titoli di studio. Sfruttò queste sue caratteristiche facendosi icona anticonformista ed anti intellettuale.
Hitler era comunque un grande lettore: in gioventù si recava nelle biblioteche comunali nelle quali leggeva quasi ogni genere di libri, riviste o pubblicazioni. Da alcuni passi del 'Mein Kampf', selezionati da W. Shirer, emergono echi del pensiero di Gobineau:
"Ciò che noi vediamo oggi, in materia di cultura o d'arte o di scienza o di tecnica è quasi esclusivamente il prodotto geniale dell'ariano. E ciò ci conduce alla conclusione ovvia che egli solo è stato il fondatore dei valori umani più alti... Egli è il Prometeo dell'umanità dalla cui fronte radiosa scoccò in ogni tempo la scintilla del genio, accendendo ogni volta la fiaccola che illuminò di conoscenza la notte del silenzioso mistero; e così preparò la strada all'umanità per dominare le creature terrene... La formazione di culture superiori presupponeva l'esistenza di creature inferiori... Certo, la prima cultura dell'umanità non poggiava tanto sull'impiego di animali domestici ma di uomini inferiori... L'ariano rinunciò alla purezza del suo sangue e di conseguenza perse il diritto a soggiornare nel paradiso terrestre che egli stesso si era creato. Si degradò colla mescolanza delle razze, perdendo man mano le sue qualità di cultura." (Ibid Pag. 138)
Altri brani ricalcano le concezioni haeckeliane, eugeniste e socialdarwiniste che ai tempi in cui Hitler si dedicava alle letture (il suo "periodo viennese" ovvero a partire dal 1909 fino allo scoppio della prima guerra mondiale) erano particolarmente diffusi nelle biblioteche sotto forma di libri, riviste e pubblicazioni. Shirer cita anche questo passo:
"...la filosofia del Volk ritiene che l'importanza dell'umanità è legata agli elementi fondamentali della razza." La "filosofia del Volk" di quell'epoca era rappresentata da Schallmayer, Hentschel, Woltmann, e da artisti ed intellettuali come Wagner, Chamberlain ed Haeckel. Infatti il futuro Fuehrer scrive subito dopo: "Pertanto essa non crede affatto nell'uguaglianza delle razze, ma, insieme alle loro differenze, riconosce una gerarchia di valori e si sente tenuta a favorire la vittoria del migliore e del più forte, ad esigere la subordinazione dell'inferiore e del più debole, in conformità con l'eterna volontà che domina l'universo."
Argomentazioni che riecheggiano un pensiero non dissimile a quello che già abbiamo visto in Haeckel come anche le seguenti : " Essa (la filosofia del Volk) constata il diverso valore non solo delle razze ma anche degli individui. Di contro alla massa essa afferma l'importanza della personalità dell'individuo e così... suscita una forza organizzatrice." Hitler assume che a distinguere l'uomo ariano è l'organizzazione (che Hitler intendeva hegelianamente: come un superamento dell'interesse individuale in favore della comunità) e come Haeckel individua nel sangue ( il plasma ) il principio di questa organizzazione. Il “sangue” viene considerato come il risultato di una lunga selezione. Scrive ancora Hitler "...una concezione della vita in funzione del Volk è conforme alla più intima volontà della natura, in quanto ripristina il libero gioco delle forze che dovranno portare ad una selezione razziale più spinta." Difficile non vedere gli stessi appelli che avrebbe potuto fare ad esempio Ploetz o altri eugenisti. Sulla concezione hitleriana di selezione anche Weindling rileva una affinità tra il pensiero in tal senso: ' Lo scopo della conoscenza scientifica era sottrarre l'umanità alla lotta per l'esistenza e forgiare le armi per le lotte future. ' (Pag 491)
Nel passo successivo si comprende il motivo per cui gli igienisti sostennero l'ascesa al governo di Hitler, Shirer riporta quanto segue "Lo stato nazionale... deve collocare la razza al centro della sua vita. Deve fare in modo che solo chi è sano possa procreare, che sia scandaloso mettere al mondo bambini quando si è malati o difettosi, e che in questa rinuncia consista il supremo onore: rinunciare a generare se necessario. Ma, viceversa, è da considerarsi biasimevole il privare la nazione di figli sani. (Ibid Pag. 140 )
Il commento di Shirer su quanto riportato è il seguente:
"Darwinismo grossolano ? Fantasia sadica ? Megalomania ? Ci fu un po' di tutto questo, ma anche qualcosa di più: l'intelletto di Hitler, la sua passione e tutte le aberrazioni che si erano impadronite del suo cervello febbricitante avevano radici profonde nel passato e nello spirito tedesco. Il nazismo e il Terzo Reich altro non furono che la logica conseguenza della storia stessa della Germania." (Pag. 141).
*Il testo del Mein Kampf fa riferimento alla prima edizione italiana edita da Bompiani nel 1934
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