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Libia: siamo di nuovo in guerra

Alla fine l'attacco c'è stato. La chiamano operazione "Odissey Dawn", una missione umanitaria con tanto di sigillo Onu (la risoluzione 1973). 
A me sembra l’ennesima guerra dopo Iraq e Afghanistan in cui ci siamo cacciati, con buona pace dell'articolo 11 della nostra Costituzione.

Vale la pena di fare alcune considerazioni.
La prima riguarda la politica estera del governo italiano affidata a un ex maestro di sci.

Una politica estera completamente deficitaria, senza alcuna strategia, che orienta le sue mosse in base alle contingenze.

Non fosse così non si spiegherebbe perché il dittatore sanguinario che oggi bombardiamo è lo stesso capo di Stato accolto con i massimi onori (e con quel suo circo patetico, con tanto di tende e di harem) a Roma non più tardi di nove mesi fa. Lo stesso Gheddafi a cui Berlusconi ha baciato la mano, elogiandolo come un grande amico dell’Italia. 

Del resto non scopriamo ora chi è Gheddafi, visto che con il suo regime facciamo affari in nome della real politik e degli interessi nazionali (in particolare per l’approvvigionamento energetico) da oltre trent’anni.

Cosa è cambiato adesso? La risposta, anche di molti ex pacifisti e intellettuali di sinistra, è che ora c’è una questione umanitaria aperta.

E’ vero. Ma è bene riflettere sui tempi e sui modi di ciò che è accaduto in Libia dal momento in cui una parte della popolazione è insorta contro il Colonnello.
Cosa hanno fatto nelle ultime tre settimane le diplomazie occidentali? Nulla. Hanno atteso che la situazione degenerasse. 

Era chiaro che Gheddafi non avrebbe ceduto il potere pacificamente e che avrebbe scatenato la repressione contro gli insorti. 

Su L’Espresso della scorsa settimana lo scrittore russo, ed ex mercenario, Nicolai Linin ci informava che i figli del leader libico stanno assoldando cecchini in mezzo mondo, pagandoli 10mila euro a settimana, per fare piazza pulita dei rivoltosi.

Informazioni di questo tipo erano a conoscenza dell’intelligence dei Paesi europei. Il fatto che i governi occidentali non siano intervenuti presso il regime libico quando ancora c’erano i margini per evitare la repressione e tutelare la popolazione civile, fa nascere il legittimo sospetto che si sia voluta far degenerare la situazione per avere poi l’alibi perfetto per giustificare l’intervento militare.



Un’altra riflessione va fatta sui reali obiettivi dell’intervento militare e sulla loro efficacia.

Personalmente ritengo che il vero obiettivo non sia la tutela della popolazione, ma l’appropriazione indebita delle risorse energetiche (petrolifere e di gas) della Libia.

Rimuovere Gheddafi e mettere al suo posto un fantoccio al servizio dell’Occidente, in particolare di quei Paesi che si sono messi a capo della cosiddetta “coalizione dei volenterosi”: a partire dalla Francia che con Sarkozy ha impresso un’accelerata all’intervento militare, mettendo in secondo piano gli altri partner europei. 

L’impressione è che sarà il suo Paese, in caso di vittoria, a godere degli immensi benefici che seguiranno la probabile caduta del regime. Vale a dire il business della ricostruzione e lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi. Niente di nuovo sotto il cielo, è un vecchio film visto fin troppe volte.

Del resto, la contemporaneità dei tragici eventi in Giappone e il ripensamento di molti paesi sui costi e la sicurezza del nucleare, fa tornare in primo piano la questione energetica.

In attesa che la tecnologia per le rinnovabili venga messa a punto per un utilizzo su vasta scala, il petrolio e il gas rimangono le due fonti di energia per le quali si è aperta una feroce competizione tra i paesi industrializzati. Il primato economico passa attraverso l'energia a basso costo. Ottenere la possibilità di accaparrarsi i giacimenti libici è un'occasione unica, da non lasciarsi sfuggire.

Quanto poi all’efficacia dell’intervento militare per la salvaguardia della popolazione, anche lì i dubbi sono enormi. Anche perché, come la tragica esperienza in Iraq e Afghanistan ci ha insegnato, le bombe intelligenti non esistono e, assieme agli “obiettivi strategici”, fanno strage di civili inermi. 

C’è poi un altro aspetto da non sottovalutare, ossia la reazione del regime libico contro l’Italia, giudicato dal Colonnello un Paese traditore (vista la giravolta del nostro governo). 

La pericolosità di Gheddafi e dei suoi sgherri è ampiamente documentata: dalle bombe su Lampedusa agli attacchi terroristici (la bomba sull’aereo a Lockerbie nel 1988) fino alla minaccia di non controllare più il flusso dei migranti che partono alla volta dell’Italia dalle coste libiche.

Che fare, dunque?
Mentre la situazione si ingarbuglia ogni ora di più, mi viene in mente un refrain che ho riletto questa mattina per l’ennesima volta: meglio la più scalcinata delle diplomazie, che la più intelligente delle bombe.

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.30) 21 marzo 2011 18:37
    Damiano Mazzotti


    Non c’è bisogno di appropriarsi di petrolio e gas, ma farsi pagare bene l’intervento armato è già un buonissimo affare per molti...

    Non pensavo che i governi arabi arrivassero ad approvare, quindi per ora no problem...

    Anzi, potevano intervenire prima, ma sarebbero risultati meno indispensabili...

    Forse l’Italia, l’intervento aereo se lo poteva risparmiare...

    Comunque l’unico a rischiare le chiappe è Berlusconi, se fossi in Gheddafi avrei gia preparato la soluzione finale per lui... E vedrete che prima di farsi prendere e di farsi giustiziare qualcosa combinerà... Con tutti i soldi che ha messo da parte...

    E forse ci ha già provato col tentativo di far approdare quel famigerato traghetto qualche giorno fa, pieno delle donne "civetta" e di probabili uomini del rais infiltrati....

  • Di pv21 (---.---.---.21) 21 marzo 2011 20:08

    Spirito condottiero >

    Bossi, contrario all’intervento in Libia, avverte gli italiani che “ci porteranno via il petrolio ed il gas e verranno qua milioni di immigrati”.
    Ribatte Gheddafi con: “Volete il nostro petrolio, ma non ve lo lasceremo prendere".

    In passato Bossi ha minacciato il ricorso alle 300mila doppiette bergamasche ed a 10 milioni di persone pronte a “battersi” per la Padania.
    Ora Gheddafi proclama che “ogni uomo e donna potrà avere armi, missili, mitragliatrici e bombe” perché “il popolo non permetterà ai Crociati di passeggiare per Bengasi”.

    Cambia la latitudine, ma resta la caccia al Consenso Surrogato di chi ha fede e si affida …

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