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Libia: il diavolo è nei dettagli. Soccorsi per gli impianti petroliferi, niente per i libici feriti

Con l'assistenza della NATO i ribelli libici sono entrati a Tripoli e ormai il regime di Gheddafi si è dissolto. Se dal punto di vista militare l'operazione si è rivelata efficace, non sembra però che nulla sia stato approntato per soccorrere le vittime del conflitto.

Le cifre ufficiose parlavano già ieri sera di oltre mille morti e migliaia di feriti nel corso di combattimenti urbani con armi pesanti, che non possono che provocare molte vittime anche tra i civili. Che peraltro non sono fuggiti in massa prima dell'assalto alla capitale e che quindi sono ancora tutti lì. La logistica di tutti gli eserciti prevede ospedali da campo al seguito, pretendere un tale livello d'organizzazione dai ribelli è troppo, ma non così per i loro alleati, che anche se si limitano a combattere dall'alto avrebbero potuto pensarci. Tanto più che si sono detti spinti all'intervento dall'afflato umanitario e per impedire una strage di libici, ma che finora hanno contribuito soprattutto ad uccidere i libici che non gli piacevano.

La predisposizione di punti di soccorso nei pressi della capitale non era solo una questione di coerenza con l'immagine della missione. Al contrario sono già in campo e si sono rivelati efficientissimi i soccorsi agli impianti petroliferi, che annunciano uno dietro l'altro la ripresa delle operazioni come se nulla fosse successo. Anche il nostro ministro Frattini ha lodato la prontezza dell'ENI in tal senso L'evidente mancanza di preoccupazioni e di azioni nel predisporre soccorsi per la popolazione civile e i combattente è un oltraggio ai libici, a chi ha dato la vita o è rimasto ferito per rovesciare il regime, come a tutti quelli che sono rimasti feriti e ora sono privi di soccorsi, perché chi poteva predisporli ha pensato ad altro.

Dalla Libia chiedono medici, medicinali e ospedali da campo, nessun paese per ora ha risposto pubblicamente all'appello.

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