• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > Libia: finalmente l’ok dell’Onu sulla no fly zone

Libia: finalmente l’ok dell’Onu sulla no fly zone

Alle 23:58, con le truppe di Gheddafi alle porte di Bengasi, il Consiglio di Sicurezza approva una zona di interdizione al volo sulla Libia, aggiungendo l'adozione di "tutte le misure necessarie" per la protezione dei civili. A Bengasi è festa. Gheddafi fa un passo indietro, ma non risparmia minacce.

Ma l'operatività del piano Onu è tutta da verificare.

Alla fine l'Onu batté un colpo.

Alle 23:58 di ieri sera, il Consiglio di Sicurezza, riunito in seduta d'urgenza, ha approvato la risoluzione 1973 a favore di una no-fly-zone per fermare le truppe lealiste giunte a 100 km da Bengasi, autorizzando inoltre "tutte le misure necessarie" – formula generica per sottende l'azione militare - per proteggere i civili contro le forze di Gheddafi.

All'annuncio dell'approvazione, la folla si è riversata nelle strade di Bengasi, festeggiando con canti e spari in aria la notizia della risoluzione. Le immagini in diretta sono state trasmesse dall'emittente Al-Jazeera.

La risoluzione, sponsorizzata da Francia, Regno Unito e Libano, ha avuto dieci voti a favore, cinque astenuti (Cina, Russia, India, Brasile e Germania) e nessuno contrario. E dunque, approvata.

Dopo il via libera delle Nazioni Unite, la Francia si era detta pronta ad un attacco alle forze del regime anche nella notte. Il portavoce del Governo François Baroin ha detto che l'attacco partirà in tempi rapidi, ma probabilmente le operazioni non inizieranno prima di domenica.

In seguito alla risoluzione Onu, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi si è riunito con il ministro della Difesa Ignazio La Russa, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta e alti esponenti delle Forze armate per discutere sulla situazione in Libia. Alla riunione si è unito anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

In mattinata, il Ministro degli Esteri Franco Frattini ha annunciato che l'Italia potrebbe offrire la disponibilità di almeno basi aeree: Sigonella, Trapani e Gioia del Colle, ma non parteciperà ad eventuali raid aerei.

La Lega Araba ha confermato che parteciperà militarmente per imporre la no-fly-zone sulla Libia. Lo ha riferito Yahya Mahmassani, osservatore per la Lega Araba presso le Nazioni Unite. Resterà fuori l'Egitto, contrario a qualsiasi intervento militare in territorio libico.

Alcune reazioni a caldo, subito dopo la decisione:

Susan Rice, ambasciatore Usa presso le Nazioni Unite: “La leadership di Gheddafi non ha più alcuna legittimazione, ora che ha perpetrato la violenza contro il suo popolo".

Malcolm Rifkind, ex Segretario agli esteri britannico: "Sono assolutamente felice. Senza un intervento di questo tipo, Bengasi sarebbe stato un bagno di sangue. Per gli standard degli ultimi 20 anni, questo è un voto notevole. Si tratta di un richiamo morale enorme per i libici, non solo a Bengasi".

Shadi Hamid, direttore dell'Ente di ricerca Brookings: "La crisi è ancora lontana dall'essere conclusa, ma è l'inizio di quella che speriamo sarà la fine. L'azione militare dovrà continuare fino a quando Gheddafi non se ne sarà andato".

Non tutti hanno accolto la decisione del Consiglio di Sicurezza con entusiasmo.

Adrew Exum, Centro di Sicurezza New American: "Sembra davvero, che ci accingiamo ad andare in guerra con un altro paese arabo. Incredibile";

David Owen, ex Segretario agli Esteri Usa: "È molto tardi per una no-fly-zone. Le forze di Gheddafi sono molto vicino a Bengasi e potrebbero forzare. [L'intervento] è un'azione legale ma sappiamo che la Germania è contraria, e si tratta di una divisione molto grave, nell'Unione europea e nella Nato".

Ma alcuni analisti ritengono che un intervento aereo franco-britannico, con la simbolica partecipazione araba e il supporto logistico e di intelligence degli Stati Uniti, potrebbe ancora fermare i combattimenti e ricondurre la crisi verso una soluzione negoziata.

In assenza di una decisa leadership degli Stati Uniti, l'Occidente ha avuto bisogno di tanto tempo per discutere se e come aiutare i ribelli in Libia. Senza la forza trainante della Casa Bianca, gli Stati europei non sono finora stati in grado di evocare l'unità di intervenire sul lato opposto del Mediterraneo, lasciando che a Gheddafi tutto il tempo per organizzare una controffensiva.

Ieri sera è stata forse l'ultima occasione per agire prima che le truppe di Gheddafi sferrassero l'attacco finale a Bengasi. Lo aveva confermato poche ore prima il vice inviato Onu in Libia, Ibrahim Dabbash, dopo la caduta di Ajdabiyah, 90 km dalla capitale degli insorti: “La comunità internazionale deve agire entro le prossime 10 ore, o sarà un massacro”, aggiungendo che il ra'is aveva già dato l'ordine di bombardare alcuni villaggi etnici nelle vicinanze.

Circa un'ora prima dell'annuncio della risoluzione, Gheddafi aveva minacciato Bengasi in un durissimo messaggio radiofonico. In seguito, in città si sono udite tre esplosioni di incerta provenienza. Fino a quasi mezzanotte, quando la notizia proveniente dal Palazzo di Vetro ha ridato fiato e speranze ad una popolazione ormai rassegnata al peggio.

Nei giorni scorsi, non sono mancate accuse alla balbuziente diplomazia continentale per la situazione di stallo dei giorni scorsi. "È ora che gli europei la finiscano di scaricare le proprie responsabilità a Washington", aveva dichiarato Nick Witney, ex direttore dell'Agenzia Europea di Difesa, in occasione del Consiglio europeo per le Relazioni Estere di ieri. "Se l'Occidente fallisce in Libia, sarà principalmente un disfatta europea".

Sebbene la risoluzione non abbia ricevuto voti contrari, i pareri contrari non mancano.

In primis quello di Cina e Russia, restie ad intervenire direttamente nella questione libica. I due Paesi hanno poi espresso seri dubbi sull'effettiva implementazione del piano. In particolare, secondo Mosca e Pechino i sostenitori della risoluzione non sono riusciti a spiegare come questa sarà resa operativa, né le regole di ingaggio da applicare. In questi termini, il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Jiang Yu, aveva espresso le perplessità di Pechino sulla proposta della no-fly-zone. D'altra parte, la Cina ha cercato di evitare ogni coinvolgimento nei recenti tumulti del Maghreb, forse per il timore che un intervento negli sconvolgimenti regionali si trasformassero in un punto di confronto con gli Stati Uniti. E poi c'è la Germania. Il ministro degli esteri tedesco Guido Westerwelle ha detto che la Germania si è astenuta per i "considerevoli pericoli e i rischi" conseguenti ad un intervento militare.

A mente fredda, bisogna riconoscere che la reale efficacia della risoluzione 1973 è ancora tutta da verificare. L'istituzione di una no-fly-zone è giunta effettivamente troppo tardi. Ora Gheddafi non ha più bisogno dell'aviazione, e forse nemmeno di marciare su Bengasi. Basterà deviare su Tobruk, chiudendo il confine con l'Egitto. La Cirenaica si troverebbe così chiusa in tutte le direzioni, bloccata in ogni via d'accesso e limitata negli approvvigionamenti. Rischiando di trasformarsi in una nuova Sarajevo. In questo senso, la proposta di negoziati avanzata da Gheddafi potrebbe essere una contromossa per guadagnare tempo.

Insomma, l'operatività della risoluzione è ancora tutta da verificare.

Inoltre, non sono pochi nel mondo arabo a pensare che una vittoria del dittatore libico potrebbe cambiare le sorti della regione, indebolendo i movimenti pro-democrazia che nelle scorse settimane hanno spodestato i regimi in Tunisia ed Egitto, e che ora minacciano seriamente la stabilità del Golfo Persico. A cominciare dal Bahrain, dove le forze saudite tengono sotto scacco i manifestanti nell'indifferenza della comunità internazionale. Una situazione che interessa ad Obama molto di più di quanto accade nei dintorni di Bengasi.

Commenti all'articolo

  • Di l’incarcerato (---.---.---.69) 18 marzo 2011 11:38
    l'incarcerato

    Io la trovo pericolosa questa risoluzione. Si impone una no-fly zone e i Paesi della Nato, con Francia in testa, bombarderanno la popolazione civile. Ancora una volta si vuole esportare la democrazia. D’altronde nei giorni scorsi abbiamo visto come si era attuata la manipolazione del consenso attraverso false informazioni, gonfiando i numeri delle morti, facendo vedre fosse comuni false, addirittura persone uccise selvaggiamente dicendo che fossero i corpi dei rivoltosi, per poi scoprire che erano quelli dei militari di Gheddafi. Non ero dalla parte di Milosevic, come quella di Saddam Hussei, come quella dei Talebani ma contro senza se e senza ma un intervento militare. E le conseguenze sono agli occhi di tutti.

    Hanno scartato la proposta di Chavez che era la più equilibrata. Ma si sa , Chavez è inviso dagli USA....

  • Di Gianluca (---.---.---.207) 18 marzo 2011 13:05

    Secondo me non c’era altro da fare. Se Gheddafi con un bagno di sangue senza precedenti, avesse riconquistato con rabbia Bengasi, sarebbe tornato ancora più dispotico di prima e per di più si sarebbe alleato con Al Quaida, come aveva prontamente fatto sapere.

    In uno scenario del genere la Libia sarebbe diventata l’Afghanistan del mediterraneo, isolata anche dal mondo arabo e totalmente fuori controllo, in balia della pazzia del rais e prima o poi si sarebbe sviluppato un conflitto ben peggiore di una no fly zone.

    Senza considerare che i libici e i tunisini avevano iniziato apertamente a colpevolizzare pesantemente l’occidente per non aver fatto nulla contro Gheddafi.

    Così il pericolo c’è sempre, ma secondo me, di gran lunga minore e almeno la popolazione e la libertà della gente civile verrà difesa. Poi tutto può succedere ma speriamo che la storia spazzi via per sempre il ditattore.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares