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Libertà, privacy e scandali

Libertà, privacy e scandali


“Libertà, quanti delitti si compiono in tuo nome” – esclamò madame Roland mentre si recava alla ghigliottina.
 
Parafrasando questa frase storica, anche noi potremmo dire che in nome della privacy si stanno per commettere un bel po’ di arbitri e coprire un bel po’ di malefatte con la legge che vorrebbe disciplinare le intercettazioni telefoniche.
Una legge, proposta da chi, incapace di impedire la violazione del segreto istruttorio, tenta di proibire tutto quel che è possibile proibire, minacciando gravi sanzioni, tra cui il carcere, per giornalisti, editori ed operatori dei mezzi d’informazione.
Se le forze di polizia, magistrati, avvocati, giornalisti, editori, professori universitari, rappresentanti dell’opposizione e persino della maggioranza si oppongono a questo disegno di legge, è indubbio che esso costituisce il pericolo di una sostanziale limitazione della libertà di espressione, d’indagine e di conoscenza da parte dei cittadini.
Il fine del disegno è chiaro. Impedire che si vengano a sapere le nefandezze soprattutto dell’establishment, come è successo in questi ultimi tempi e rischia di continuare con regolarità. Lorsignori temono non la gogna mediatica dei poveracci, ma la propria. Sentono sempre più vivo il disprezzo della gente ed il distacco del paese dalla propria classe dirigente. E questo li preoccupa.
Però il decreto anticorruzione è fermo in Parlamento da due mesi e là minaccia di rimanere per molto. Né dopo due anni l’Italia ha ancora accolto la direttiva europea, che prevede l’introduzione del reato di auto- riciclaggio dei soldi delle tangenti e dell’evasione fiscale. Reato già contemplato negli USA, in Francia ed in Svizzera e sollecitato dal Fondo monetario internazionale, dal Governatore della Banca d’Italia, dal Procuratore nazionale antimafia. Noi abolimmo il falso in bilancio!
No. Altri sono i problemi. Le carceri sono di nuovo piene e bisogna studiare come svuotarle con un’amnistia o un altro indulto. Si capisce, per favorire i propri amici alle prese con la Giustizia, non i poveracci.
Le entrate son diminuite? Allora bisogna varare uno scudo fiscale per far rientrare a poco prezzo i loro soldi frutto di tangenti, esportazione di capitali ed evasione fiscale.
Ma, considerato che la giustizia ha tempi biblici e finisce per intralciare sia il progresso del paese che le azioni dei nostri soli eroi, il rimedio è semplice, rapido e radicale: aboliamo i mezzi d’informazione e l’amministrazione della Giustizia. E vivremo tutti felici, contenti e liberi.
Ma, fuori dall’ironia, mi chiedo chi ci libererà da questi signori che quel galantuomo di Luigi Einaudi chiamava i padreterni ?

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