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Libertà: parola abusata

I cosiddetti liberali non conoscono i canoni del vero liberalismo

Libertà è uno dei vocaboli che negli ultimi tempi è stato oggetto di un uso non sempre consono. Basti pensare ai dibattiti che caratterizzano giornali e talk televisivi e ai partiti o gruppi che con essa connotano il loro nome (ad es. Partito delle libertà e Futuro e libertà per l’Italia).

Non dimentichiamo che ormai quasi tutti si definiscono liberali, dicendo pertanto di trovare nel liberalismo la loro identificazione. Quest’ultima è una dottrina e un movimento politico attento ai problemi della libertà individuale, che sostiene la limitazione del potere dello stato e il primato della coscienza morale dell’individuo. Storicamente è riferito in particolare all’articolato movimento politico della borghesia europea che nel sec. XIX guidò i moti rivoluzionari sostenendo i temi delle libertà costituzionali contro l’autoritarismo dei governi assoluti e della Chiesa. In economia da queste posizioni è scaturito il liberismo, cioè una dottrina che propugna un sistema economico basato sulla libera concorrenza e che limita perciò la funzione dello stato alla rimozione degli ostacoli che impediscono il funzionamento del mercato. Questo atteggiamento comporta a livello internazionale l’opposizione alle barriere doganali e al protezionismo.

Un’analisi attenta del modus operandi di chi guida questo paese, definendosi il paladino assoluto della libertà, ci porta a concludere che mai come oggi siamo lontani dall’affermazione nella nostra società di un vero spirito liberal-democratico. Il nostro Premier va continuamente ripetendo che, avendo ricevuto l’investitura dal voto popolare, ha il diritto di esercitare liberamente il suo mandato e di addivenire pertanto all’approvazione di tutte le riforme, a prescindere dal loro contenuto, che hanno rappresentato il cardine della sua campagna elettorale. Per lui la mancanza di libertà è rappresentata dalla presenza del Parlamento, che rallenta l’iter legislativo, e soprattutto del Capo dello Stato e della Corte Costituzionale che possono o opporsi alla promulgazione delle leggi stesse o determinarne l’abrogazione. Questi organi di controllo, che sono tipici di tutti gli stati democratici, vengono inquadrati come politicizzati e quindi come dei veri e propri avversari politici. Per Silvio Berlusconi la libertà deve realizzarsi attraverso l’eliminazione di tutto ciò che può rappresentare un ostacolo al perseguimento dei suoi obiettivi. Questa posizione fa sovvenire quanto sosteneva Voltaire, in “Pensieri sul governo”, a proposito dell’anarchia: "l’anarchia è l’abuso della repubblica, come il dispotismo è l’abuso del potere monarchico". Come non ci si può rendere conto che il singolo non può godere della libertà assoluta senza infrangere il diritto di tutti ad essere liberi? La vera libertà non può non essere disciplinata se veramente si ritiene essere un bene inalienabile. Montesquieu sosteneva in “Lo spirito delle leggi”: <<la libertà è il diritto di fare tutto quello che le leggi permettono>>. John Stuart Mill, in “La libertà” sosteneva che <<la libertà dell’individuo va limitata esattamente nella misura in cui può diventare una minaccia a quella degli altri>>.

Altrettanto contraddittoria è la posizione in campo economico. In Italia ci si riempie da anni la bocca della parola “liberalizzazioni”. Dal momento che queste rimandano alla libera concorrenza, possiamo senza dubbio affermare che i cosiddetti governi liberali si sono ben guardati dal realizzarle ed hanno, viceversa, cercato di boicottare quel poco che era stato messo in campo dalle iniziative di un “pericoloso comunista” quale Pier Luigi Bersani. Si è reiteratamente discusso, tra l’altro, sull’opportunità di sopprimere gli ordini professionali. Il bizantinismo di queste discussioni si appalesa però nel loro mantenimento che costituisce un vero e proprio ostacolo alla libera concorrenza allorché l’imposizione di tariffe minime provoca non solo la coartazione delle libertà individuali, ma anche la penalizzazione dei giovani che si affacciano al mondo del lavoro. Infine, a livello internazionale, abbiamo constatato come la Lega Nord abbia continuamente sollecitato, per fortuna infruttuosamente, l’introduzione di barriere doganali, in nome di una politica sostanzialmente protezionistica, per arginare l’impatto di paesi emergenti quali la Cina e l’India.

Ma allora, che fine ha fatto il vero spirito liberale?

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