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Lettera a Roberto Saviano

Il giusto compenso

Caro Saviano,

sono un suo buon lettore ed estimatore per l'impegno civico che incarna e che le sta costando una qualità della vita complicata.

Mi permetto di esprimerle una mia considerazione circa la discussione relativa ai compensi per la prossima (speriamo) trasmissione “Vieni via con me”.

Parliamo di compensi, giusta remunerazione che premia un lavoro ben fatto. E' un aspetto determinante nella vita di ciascuno di noi; condizionano la qualità della nostra vita, la possono rendere impossibile o dignitosa.

Sono collegati (o almeno dovrebbero essere) alle capacità professionale che una persona sa esprimere nello svolgimento di una propria attività. Ci sono delle eccellenze (e lei rappresenta certamente una di queste), c'è poi tutta una gamma di livelli intermedi di capacità, fino ad arrivare poi a livelli dove le capacità professionali sono del tutto assenti.

Quando sento parlare di certi compensi e soprattutto quando li sento giustificare con disarmante semplicità (sono pagato con la pubblicità...) mi chiedo da dove provenga questa, mi perdoni il termine, superficialità. Tanta approfondita attenzione al problema della sostenibilità ambientale, della legalità..., il problema della sostenibilità sociale invece lo si liquida velocemente.

I criteri di ripartizione della ricchezza che si crea devono tenere conto della capacità espressa (il merito). Quando questo però diventa l'unico criterio giustificante si minano le basi della convivenza civile. Pensiamo alle persone che, dotati di capacità professionali “medie”, non sono in condizione di esprimerle; penso ancora alle persone con capacità professionali scarse e inadeguate per garantirsi l'autosostentamento.

La sostenibilità di un sistema sociale poggia su un equilibrio tra le esigenze di remunerare le capacità e quella di garantire un livello di vita dignitoso per tutti.

Equilibrio necessario da costruire, senza ricette semplicistiche, ma sul quale ritengo sia sempre più necessario discutere. Il riconoscimento dell'eccellenza non può essere commisurato esclusivamente al riconoscimento ricevuto dal mercato (peraltro la pubblicità che la giustifica è pagata da noi...) ma deve trovare dei limiti economici che sono quelli che le consentono di continuare a capire le preoccupazioni che la maggioranza delle persone vive quotidianamente.

Capisco, e mi dispiace, che i Marchionne, i Profumo (e altri nomi meno noti) non si pongano questo problema; ma mi auguro che lei e altre “eccellenze” (da Benigni, a Fazio, a Santoro, ecc) incominciate a riflettere e discutere pubblicamente su questo problema.

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