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Lavoro nei campi: le morti fantasma nelle campagne pugliesi

Abbiamo acceso l’albero della vita. Il potere ha salutato l’EXPO. Francesco ha recitato “il padre nostro". Padre nostro, dacci oggi il nostro pane quotidiano. Un appello inascoltato ieri, inascoltato oggi, per cui suona falso l’obiettivo, sbandierato ai quattro venti, di nutrizione del pianeta. 

I pomodori e l’uva sono in bella mostra sui tavoli griffati dell'esposizione, ma esce sudore e sangue dalle loro viscere. Tre persone sono morte, per raccogliere quell’uva e quei pomodori. Ma non sono morti sul lavoro, ma morti di lavoro.

Quello che è capitato nelle campagne pugliesi, non sono incidenti sul lavoro, causati dall’incuria criminale di talune imprese, della distrazione per eccessiva fatica del lavoratore. Quello che è capitato a Nardò, Andria e Polignano a mare, è la morte per affaticamento, per troppo lavoro, per lo sfruttamento condotto fino alla morte.

Sono persone, che già distrutte nel fisico e nella mente, dai sacrifici inumani di ieri e di oggi, sono state stroncate dal caldo torrido, dalla fatica massacrante, da orari assurdi ed inumani. La loro storia è la storia triste e tragica di un pezzo di umanità, che ci riporta all’ottocento. Allora erano tanti quelli che morivano di fatica. Era tanta la gente malata, che andava comunque a lavorare, per portare qualche soldo a casa. E anche oggi, sono tanti i malati, vanno a lavorare, a fare fatiche che non possono fare. E tanti, che non sanno di essere malati e tuttavia vanno a lavorare.

Un ombra oscura incombe sulle condizioni del lavoro in Italia, ma non riempie pagine di giornali e spazi televisivi. Stampa e tv hanno ben altro da pensare, sono affascinati da "gufi" e "ruspe", dalla notizia che vende. La notizia importante, quella che può aiutare la gente a scoprire il mondo in cui viviamo non è degna di cronaca.

E’ morto, nel silenzio Mohamed, e così anche Paola, e ieri un immigrato tunisino. Sono i nuovi schiavi, fantasmi che vagano nelle campagne pugliesi, vittime dello sfruttamento esasperato del lavoro, che arriva fino al crimine, ma anche del silenzio complice dei media.

 

(Foto: Paolo Margari/Flickr)

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