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Lady Macbeth

Il film prepara alle sue vicende con una certa tensione, lo spettatore stesso si prepara con aspettativa a ragionare dei temi che esso apparecchia: ad esempio la sottomissione del servitore-schiavo o la sottomissione della donna, per giunta comprata come moglie, rispetto agli “aristocratici” nell’epoca vittoriana.

Esso è tratto dal racconto lungo del russo Nikolai Leskov, del 1866, Una lady Macbeth nel distretto di Mcensk, ma trasposto in Inghilterra e ricco dei paesaggi inglesi con nubi e vento minacciosi, minacciosi come l’atmosfera che vige in quella mansion sperduta, gelida di sentimenti e “con tanti spifferi”, perciò il marito “acquirente” della sposa la ammonisce dall’uscire, la giovane è “roba sua” e deve mostrarsi il meno possibile ad occhi estranei, una reclusa. Minaccioso e sinistro è pure il gatto che abita la casa, predittivo di disgrazie.

Gli aristocratici sono un padre vecchio, arcigno, rigido, da voler imporre le regole della casa alla nuora, da cui si aspetta unicamente un erede, e il figlio di lui, che della giovane moglie non s’interessa e a cui non è fisicamente in grado di prestare attenzioni, né psicologiche né carnali. Il carattere risoluto della sposa Katherine, una Florence Pugh dal viso angelico e adolescente vicina a diventar donna, si rivela presto. In myMovies è descritta come “ingenua e perversa … una gotica dark lady…trasformatasi da vittima a carnefice”.

La sua cattiveria sorprende lo stalliere diventato suo amante, che pure l’ha conquistata per la sua durezza e per quel brivido animale che lei gli ha saputo scorgere. Katherine sovverte certamente l’ordine costituito della gente apparentemente “perbene”, ma rispettata esclusivamente per il suo patrimonio e per la tirannia che esercita sui plebei. Quante inghilterre vittoriane sono ancora presenti nel mondo!

Tutto questo viene “apparecchiato” e sembra che la vicenda possa poi avere sviluppi sconosciuti e inaspettati, magari sociologici, ma dopo 89 minuti il film finisce, sembrava ci dovesse essere un secondo tempo, dopo che la perversa protagonista ha compiuto tre omicidi e resta sovrana in solitudine nella casa. Ma un secondo tempo non c’è, il termine dell’opera prima del regista William Oldroyd coglie impreparati. Qualcuno, recensendo libro e film, ne parla come di una storia “piatta e insulsa”, giudizio forse molto impietoso, ma di certo le definizioni elegiache o acclamanti di giornali che compaiono nel poster italiano sono solo … elegiache e acclamanti, da far venire il dubbio che chi le ha stilate non abbia visto il film ma voglia solo lanciarlo.

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