• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tempo Libero > Recensioni > La quinta stagione: la natura che si fa gioco degli uomini

La quinta stagione: la natura che si fa gioco degli uomini

La quinta stagione è un tempo che non esiste, inventato dalla natura in un paesino del Belgio, è un inverno che rifiuta di essere scacciato via per mezzo di quella cerimonia comune a tanti luoghi dove si vive d’agricoltura (la catasta di legna bruciata con i pupazzi di cartapesta), che a latitudini venete si chiama “brusar la vecia”.

È una piccola fine del mondo, la natura che si rifiuta di andare avanti, forse si prende gioco degli umani che nei bisogni sviluppano maggiormente le loro inimicizie e i pregiudizi, diventano l’un l’altro avversi. Nel paesino del film accade che la comunità cerchi e individui il capro espiatorio nell’allevatore d’api e “filosofo” Pol, che ha un giovane figlio in sedia a rotelle, Octave, dal papà chiamato “il giudice, l’angelo custode”. Loro e due giovani del paese, Alice e Thomas, sembrano le creature più innocenti, le più buone, quelle che inevitabilmente subiranno la violenza comune. Eppure Pol ha avvertito la piccola comunità: “Quando le api scompaiono anche il resto scompare”.

Il tema di questo film ha una somiglianza forte con “Il sospetto”, ambientato nella vicina Danimarca, dove un maestro viene pure additato a diverso, nemico, emarginato, perché sospettato di pedofilia coi suoi piccolissimi alunni. È il bisogno del “diverso” che si ha a tutte le latitudini, il nemico a cui rivolgere i nostri sfoghi più violenti. “La solidarietà è effimera” viene detto, infatti, nel film. La presunta giustizia gli abitanti del luogo se la faranno celandosi sotto delle maschere – la violenza commessa in massa è anonima se non si è riconosciuti - uguali a quelle che i medici veneziani usavano per visitare gli appestati e non farsene infettare, riempivano il naso lungo della maschera con spezie ed erbe.

Peccato, in un luogo così vicino alla natura, ben raffigurato da sembrare un quadro animato di Bruegel, dove un mezzo matto ha il tempo e la voglia di imitare il suo gallo (che poi “giustizierà” come nemico, anch’egli), dove Alice e Thomas si amano semplicemente e si cercano imitando i richiami degli uccelli. Peccato, l’uomo che non merita la natura. Pur dotato di temi importanti il film pecca in lungaggine, lentezza, esagera in contemplazione, citazioni filosofiche inutili o incomprensibili (ricorda Nostalghia di Tarkovskij, per questo). C’è in tanti film, così sembra anche in questo, l’autocompiacimento del regista per l’opera che crea piuttosto che per il donare allo spettatore una storia e delle emozioni. Film colmo di tristezza, che è già un’emozione.

Foto: immagine dal film La quinta stagione

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares