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La politica dei salvataggi e i salvataggi della politica

Il salvataggio greco e una breve digressione sulla democrazia

 
Sorprendentemente il piano di intervento per la Grecia viene diffusamente definito un salvataggio, tranne naturalmente per i contribuenti tedeschi (visto che sono sotto elezioni).

In effetti si tratta solo di un piano, un "qualora servisse" che serve a dare alla Grecia il tempo di affrontare il rinnovo del proprio debito (aprile e maggio hanno scadenza pesanti e cruciali, il ’cuscinetto’ servirà a non pagare tassi folli al mercato).
Il segnale più chiaro della rilevanza di questo piano è che secondo S&P il rating della Grecia non va modificato...

Esistono al momento forti dubbi sul fatto che i tagli al budget governativo possano migliorare il rapporto deficit/PIL, anzi qualcuno pensa che possano peggiorarlo a causa del rischio di un avvitamento deflazionista, che farebbe progressivamente contrarre il PIL.

Generalmente la crisi di un piccolo Paese si risolve con una massiccia svalutazione per riattivare l’economia attraverso l’export, tecnica inapplicabile in uno scenario di valuta unica. Vero è che tutta l’area euro sta giocando alla svalutazione competitiva, ma le esportazioni della Grecia si rivolgono al 64% ad altri Paesi dell’eurozona, neutralizzando qualunque debolezza dell’euro. L’opzione "default e ristrutturazione" non è spazzata via dal tavolo perché quando uno stato attua un programma di austerity come quello stabilito dal Governo Greco lo supporta generalmente o con la svaliutazione monetaria oppure con un accesso di denaro a basso costo dal FMI, la Grecia non ha alcuna di queste due opzioni a disposizione (il piano EU + FMI infatti prevede finanziamenti a tassi di mercato, dunque solo se il mercato non volesse più dare denaro per la carta greca).

L’opportunità della vicenda era quella di abbinare all’unione monetaria anche un’unione di politica economica e fiscale. Invece l’ingresso del FMI nella questione trasforma l’Unione Europea in una sorta di microsistema economico a cambi fissi. E una parte non trascurabile di tutto questo è da imputare alla scadenza elettorale tedesca, e alla inopportunità di prendere decisioni non gradite al ’popolo’ da parte del governo tedesco.

La sistematica rinuncia a scegliere l’opzione corretta per il lungo periodo a favore di quella più piacevole di breve è un vizio insito nei sistemi democratici. La riconferma alla futura scadenza elettorale di un governo necessita di perseguire il consenso elettorale di breve. Poi la Storia giudica, ma ormai il governo è in pensione.

Considerando che l’opzione alternativa è quella della svolta autoritaria -e non credo che nessuno degli elettori la desideri- l’unico modo di attenuare questo difetto della democrazia è quello di avere un elettorato consapevole, informato, conscio di quali siano i problemi e di come dolorosamente il Governo sia costretto ad affrontarli. Anche a costo di lasciare andare in onda i programmi di approfondimento...

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