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La ’ndrangheta (quinta parte)

E’ il 22 luglio 1970 ed erano circa le ore 17.10. C’era un treno Siracusa-Torino, un lungo convoglio di 17 carrozze che attraversava praticamente tutta la penisola. Si chiamava "Freccia del Sud" o anche "Il treno del Sole", perché portava su e giù per l’Italia la gente che andava in vacanza, gli emigranti che tornavano a casa per le ferie oppure quelli che già risalivano per andare a lavorare.

In quel momento il treno si trovava all’altezza di Gioia Tauro, provincia di Reggio Calabria, che il macchinista sente un colpo sotto il treno, un piccolo botto e un sobbalzo, allora immediatamente aveva azionato il meccanismo di frenata. Ma niente da fare. Il treno si è spezzato e il sesto convoglio deragliava portandosi con se tutti gli altri. Fu una vera e propria sciagura, un disastro ferroviario, una strage. In totale sei morti e settantasette feriti.

La procura di Palmi aprì un inchiesta. Accertò che non ci fu nessun errore umano, rimase l’ipotesi di attentato dinamitardo. Ma nessuno aveva sentito un esplosione e allora l’inchiesta si chiuse e il caso finì lì.

Ma per poco, perchè alcune persone volevano vederci chiaro!

C’erano cinque ragazzi anarchici sui vent’anni. Quattro sono di Reggio Calabria e si chiamavano Gianni Arricò, Angelo Casile, Franco Scordo e Luigi Lo Celso. La quinta era tedesca, si chiamava Annelise Borth ed era la moglie di Gianni.

Erano ragazzi impegnati politicamente, degli idealisti, ragazzi che sognano. Ed erano dei tipi ostinati perchè si facevano picchiare, arrestare, mandare all’ospedale per le loro idee. Gente che non ama scendere a compromessi. Decisero di vederci chiaro sull’incidente di Gioia Tauro e allora cominciarono a documentarsi, a fare controinformazione.

Di bombe in realtà ne scoppiavano già, e qualche giorno prima "dell’incidente di Gioa Tauro" era scoppiata la famosa Rivolta di Reggio Calabria alla quale inizialmente ci parteciparono i comunisti e gli anarchici ma poi erano rimasti i fascisti. Era da lì che nacque quell’odioso slogan: Boia chi molla!

A quella rivolta, inizialmente, c’erano anche quei ragazzi anarchici e avevano assistito alle provocazioni dei fascisti. Tanto è vero che Angleo Casile venne preso a schiaffi da un noto fascista locale e quel ragazzo, mentre riceveva gli schiaffi, gli diceva: "Bravo, bravo, prendimi a schiaffi, così fai il servizio dei padroni che ci vogliono dividere".

E con quel coraggio che i giovani anarchici avevano fatto una piccola inchiesta e scoperto, come dicevano loro, cose che avrebbero fatto tremare l’Italia. Ricevevano minacce in continuazione, gli scomparivano dei rullini dove avevano fotografato personaggi che partecipavano alla rivolta di Reggio conosciuti come ’ndranghetisti, oltre che noti fascisti che avevano poi fatto scuola dai Colonnelli Greci...

I ragazzi cominciavano ad aver paura. Ma con ostinazione andavano avanti e decisero di approfittare della manifestazione contro l’arrivo di Nixon, a Roma, per partire per la Capitale. Volevano dare dei documenti ad altri compagni fidati, che dirigevano pure un giornale.


Ma moriranno tutte e cinque in un "incidente".

La verità emerse solo ventitré anni dopo, quando nell’ambito di una maxi inchiesta sulla criminalità organizzata in Calabria, denominata “Olimpia 1”, il pentito Giacomo Lauro, in un interrogatorio, il 16 giugno 1993, davanti al sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia Vincenzo Macrì, confessò di essere venuto a conoscenza nel 1979, in carcere, che era stato Vito Silverini, un neofascista dichiarato, a mettere la bomba che fece deragliare il treno di Gioia Tauro.

Vito Silverini gli confidò che l’attentato fu eseguito su mandato del “Comitato d’azione per Reggio capoluogo” e di aver ricevuto, in cambio del “lavoro” svolto, una somma di denaro. Raccontò di aver portato la bomba insieme a Vincenzo Caracciolo sulla moto Ape di quest’ultimo e di aver personalmente confezionato l’ordigno, composto da esplosivo da cava in candelotti, con miccia a lenta combustione. Si erano poi nascosti nei pressi del luogo per assistere alla scena.

Giacomo Lauro, in un interrogatorio dell’11 novembre del 1994, alla fine confessò anche le proprie responsabilità. Disse di essere stato lui stesso a consegnare l’esplosivo a Vito Silverini, Giovanni Moro e Vincenzo Caracciolo, dietro il compenso di alcuni milioni di lire provenienti dal “Comitato d’azione per Reggio capoluogo”.

Così emerse che la ’ndrangheta aveva un ruolo primario nella Strage di Gioia Tauro, e inoltre partecipò attivamente alla famosa rivolta di Reggio Calabria. Ma teste di capra mia sapete che quello era il periodo in cui, con i boss Di Stefano, si formò la Santa.

Quindi ricordate questa grande montagna di merda che è la ’ndrangheta a quante operazioni partecipò: Golpe Borghese, Rivolta di Reggio, Strage di Gioia Tauro,Stazione di Bologna, strage di Piazza Fontana in quanto aiutò il fascista Freda a nascondersi e tanto altro, passando per Ilaria Alpi fino ad arrivare ai nostri giorni. Compresa la morte di Niki Aprile Gattie molto presto ne parlerò affrontando la questione Umbria, il nocciolo duro di questa mia inchiesta.

Questo articolo lo dedico ai cinque ragazzi anarchici ammazzati perchè avevano la voglia di porsi domande, mettersi in discussione e lottare per la giustizia, l’uguaglianza e fratellanza. E si stavano documentando e probabilmente erano arrivati a qualcosa di tremendo, di molto scomodo.

E soprattutto erano morti a causa di un incidente provocato da un camion, e stranamente era guidato da due dipendenti della ditta di Junio Valerio Borghese.

Cosa avevano scoperto?

Le connessioni tra la ’ndrangheta, destra eversiva e massoneria deviata? Il prossimo Golpe Borghese? Chi aveva messo la bomba sul treno?

Non lo sapremo mai...

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