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La malnutrizione dei pazienti ospedalieri

In ospedale si mangia male e la malnutrizione dei pazienti - che in Italia riguarda il 31% dei degenti - rallenta la risposta alle cure, con un pesante aggravio dei costi sanitari. Cibo scadente, che troppo spesso viene rifiutato dagli stessi malati, personale impreparato, mancanza di screening nutrizionali, danno il quadro di una ristorazione in corsia tutta da rivedere. È a partire da questa premessa che il ministero della Salute ha emanato le “Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione ospedaliera e assistenziale», che oggi approdano alla conferenza stato-regioni”. Insomma chi arriva in corsia malnutrito quasi sicuramente non ne esce meglio. Una sintesi di queste linee di indirizzo è contenuta in un articolo di Barbara Gobbi e Rosanna Magnano, pubblicato su www.sanita.ilsole24ore.com:

“La malnutrizione comporta un allungamento del ricovero del 55%, mentre le giornate di degenza recuperabili annualmente, con un miglioramento della ristorazione, ammonterebbero a circa l'8,5% in ospedali di 800-900 posti letto. Se solo la metà di questa percentuale fosse recuperata, ogni singolo ospedale ne ricaverebbe un utile compreso tra 1 e 3 milioni di euro. Chi arriva in corsia malnutrito, quasi sicuramente non ne esce meglio: "È stato sempre registrato - si legge nel documento del ministero - un peggioramento al termine della degenza". I più colpiti, sono i pazienti "fragili": cronici, malati oncologici e anziani. Basti pensare che questi ultimi raggiungono in casa di riposo, ospedale e centri di lungodengenza percentuali di malnutrizione rispettivamente del 20, 40 e 70%.

In Italia non esiste una stima precisa dei costi complessivi della cattiva alimentazione. Fa però riflettere il dato dell'Inghilterra, dove il peso del fenomeno sul servizio sanitario ammonterebbe a ben 7,4 miliardi di sterline. Il ministero corre quindi ai ripari, partendo dal presupposto che una dieta bilanciata è elemento integrante di ogni terapia. Nel vademecum i tecnici della Salute lanciano una Carta dei servizi e dettano criteri e procedure sulla gestione interna della ristorazione e sui capitolati d'appalto per affidare a ditte esterne il servizio di mensa. "Il capitolato d'appalto - spiega il ministero - è parte integrante e indispensabile per l'organizzazione della ristorazione ed è l'unico strumento in grado di prevenire elementi di discrezionalità ed episodi di contenzioso con le ditte appaltatrici". L'obiettivo è la "qualità totale".

La ricetta per promuovere il buon cibo è fatta di elementi tecnici e strettamente clinici. Dalla scelta di derrate alimentari di buona qualità, con una particolare attenzione ai prodotti ecosostenibili e del territorio, all'uso di attrezzature ad alta tecnologia, da sistemi e tempi di trasporto funzionali alla corretta conservazione dei pasti a orari più "umani". E ancora, dalla valutazione del rischio nutrizionale all'ingresso in ospedale al monitoraggio costante durante il ricovero. Il benessere alimentare, insomma, deve entrare a far parte a pieno titolo della cartella clinica. D'ora in poi, promettono dal ministero, tutto potrebbe cambiare. Una Carta dei servizi, da consegnare a tutti gli utenti, garantirà gli standard minimi di una corretta ristorazione: orari dei pasti, menù settimanale con il rispetto di festività speciali e di tradizioni locali, spazi comuni dove mangiare, quando è possibile, in compagnia”.

L’ottimismo contenuto nel documento ministeriale mi sembra eccessivo. Concordo ovviamente sulla necessità di migliorare la qualità della ristorazione ospedaliera. Mi stupisce comunque la notazione relativa al fatto che chi arriva in un ospedale malnutrito quasi sicuramente, dopo il termine della degenza, vedrà peggiorare la propria situazione. E’ un’affermazione piuttosto grave, a mio avviso. A parte questo, comunque, sarà anche possibile elaborare una Carta dei servizi più che accettabile, con l’indicazione di adottare capitolati d’appalto migliori degli attuali, ma si tratterà di verificare se le innovazioni proposte saranno attuate realmente oppure no. E non credo che sarà facile, tutt’altro.

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