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La guerra Israele-Hamas è un nuovo tassello di uno scontro più ampio?

Ucraina-Russia
Nagorno-Kharabakh(Azerbaijan-Armenia)
Israele-Gaza
Gli storici punti caldi del pianeta si infiammano uno dopo l'altro in un crescendo preoccupante.

Non è pensabile che il braccio di ferro fra Erdogan e Putin sia irrilevante nella crisi caucasica, così come non è realisticamente credibile che nella guerra fra Israele e Hamas in ballo ci sia, come ha scritto qualcuno, la storica frustrazione del popolo palestinese (della quale le dirigenze politiche palestinesi attuali e passate hanno peraltro la loro parte, non trascurabile, di responsabilità).

Si direbbe invece che il secondo e il terzo fronte aperto abbiano un collegamento diretto con il primo, quello in cui la Russia non è riuscita a piegare l'Ucraina grazie agli aiuti militari occidentali forniti a Kiev. E si trova tuttora impantanata nell'est del paese a difendere quella striscia di terra conquistata a prezzo di centinaia di migliaia di vite.

Dopo lo schiaffo turco a Mosca, colpevole di non aver rinnovato l'accordo sul grano, schiaffo che è costato l'esilio a migliaia di incolpevoli armeni rimasti senza l'indispensabile supporto russo, è toccato ad Hamas compiere l'impensabile, grazie anche a una inconcepibile inefficienza dei sistemi di intelligence e di allarme precoce di Israele.
Il nesso storico richiama alla mente di molti la guerra dello Yom Kippur del 1973 quando Israele si fece trovare, come oggi, del tutto impreparato all'attacco arabo.
 

In realtà la storia rimanda alla Guerra dei Sei giorni del 1967, quando l'Urss fece arrivare ai governi egiziano e siriano notizie fasulle su un prossimo, quanto inesistente, piano d'attacco israeliano. A seguito di quelle "fake news" l'Egitto aprì il conflitto bloccando il porto israeliano di Eilat sul Mar Rosso e sloggiando gli osservatori dell'Onu dal Sinai in cui spostò, in violazione degli accordi del 1956, le sue divisioni.


L'intento sovietico era probabilmente quello di creare un nuovo fronte caldo in Medio Oriente in grado di "distrarre" gli Usa dall'impegno in Vietnam. Sfortunatamente per i paesi arabi e per l'azzardata strategia russa, il conflitto durò troppo poco per essere rilevante nel quadro dei contrappesi geopolitici in atto a quel tempo. Israele fece da solo e si liberò degli aggressori.

La domanda che sorge è se l'aggressione palestinese odierna, assolutamente nuova nei modi e nella tempistica (non a caso il governo israeliano ha ufficialmente dichiarato guerraad Hamas, cosa mai fatta prima), è finalizzata "solo" a impedire l'ipotizzato accordo tra lo stato ebraico e l'Arabia saudita - cioè se l'obiettivo è strettamente politico - oppure se serve strategicamente, come nel 1967, a "distrarre" gli Usa dal supporto all'Ucraina, imponendo una fornitura di armi e munizionamento a Israele proprio nel momento in cui i falchi trumpiani hanno impedito al Congresso Usa di stanziare altri fondi per Kiev.

In questo secondo caso, l'attacco assumerebbe ben altro significato e ben altro peso sulla situazione internazionale. Ma attaccare solo da sud non sarebbe sufficiente, Israele ha scorte sufficienti per fronteggiare uno scontro con Hamas. E se i fronti fossero due? Un eventuale attacco anche da nord, da Hezbollah, chiarirebbe la situazione confermando questa prospettiva. Qualche segno di attività da parte del movimento islamista libanese è già stata notata.

Se dovesse essere così la strategia in atto, con la drammatica escalation su scala mondiale, renderebbe più manifesta la mano russa, accanto a quella iraniana, nel gestire un conflitto che si sta allargando, agendo sulle storiche faglie di rottura dei fragili equilibri politici attuali. Quella più vicina al nostro paese si chiama Kosovo.

P.S.: Oggi sui quotidiani nazionali si legge che il gruppo russo Killnet annuncia attacchi hacker contro Israele e, nello stesso tempo, il timore di Kiev di veder diminuire il supporto americano.
 

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