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La giustizia fast food come risposta ai tre giorni che hanno sconvolto Londra

I tre giorni che hanno sconvolto Londra, in realtà, hanno creato tanta paura a chi con grande finezza è riuscito a imporre come dogma il neoliberismo. E come al solito gli stessi sociologi che da sempre hanno predicato consumo e competizione ora dicono che i rivoltosi non hanno ideali.

Queste persone sono degli ipocriti travestiti da sociologi che liquidano questi giovani ribelli come gente che si limita a fare la spesa senza pagare. Ma per fortuna c'è Bauman, il quale senza mezzi termini dice: "Queste non sono rivolte del pane o della fame. Queste sono rivolte di consumatori deprivati ed esclusi dal mercato." 

Che si mettano tutti con il cuore in pace. Tra i razziatori c'erano gli studenti che il 14 dicembre scorso occuparono il centro di Londra e protestarono contro il governo che ha triplicato le tasse, i ragazzi che fanno lavori precari e non possono più permettersi di consumare e tante altre realtà. 
 
Sono movimenti che lottano con radicalismo. Sono le idee radicali, ribelli che fanno tremare i fautori di questa nuova forma di colonialismo finanziario. E la risposta infatti è stata durissima.
 
Se fosse accaduto nei Paesi mediorentali (ed è accaduto infatti) noi subito a puntare il dito, ad intervenire militarmente, a coinvolgere le comunità internazionali. Ma se accade nelle cosiddette democrazie avanzate, va tutto bene perché è una questione di legge, di ordine.
 
Così l'Inghilterra, oltre a reprimere con forza causando la morte di un ragazzo che tra l'altro non aveva fatto nulla, ha perfino avviato arresti sommari. Non sto parlando della condanna a quattro anni di galera a quel 
ragazzo che semplicemente su internet ha incitato alla rivolta. Sto parlando della giustizia fast food. La chiamo così a ragione e vi spiego il perché.

Il Primo Ministro Cameron d'altronde lo aveva anticipato: "Il popolo vuole giustizia, e noi la otterremo in maniera lampo". In sostanza hanno messo in moto i tribunali mobili. Un camper con all'interno un giudice. Il ragazzo rivoltoso che viene arrestato, immediatamente lo mandano all'interno di questo camper attrezzato come un tribunale improvvisato. L'accusatrice legge la testimonianza della polizia, il giudice fa una domanda all'accusato, c'è la difesa che senza nemmeno avuto il tempo di consultare il ragazzo che dovrebbe difenderlo prova a dire qualcosa, il giudice emana la condanna e avanti così il prossimo.
 
Roba da far intevenire Amnesty International. Una giustizia fast food che fa riempire le galere di ragazzi indiscriminatamente e come se fosse poi la risposta.
 
Incredibile a dirsi, ma in Inghilterra la migliore porposta l'ha fatta il super poliziotto americano Bill Bratton, quello famoso per aver represso con metodi dittatoriali (così denuncò Amesty international) le famose rivolte a Los Angeles del 1992: "Potete arrestare i più violenti, i più recidivi, ma poi bisogna trovare altri modi per affrontare la cosa e non è un problema di polizia, ma di questione sociale".

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