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La denuncia di Mediapart: così lo Stato attacca l’informazione online

"Una decisione fiscale discrimatoria. Lo stato attacca la stampa online", è questo il titolo dell'editoriale del fondatore di MediapartEdwy Plenel, già direttore di Le Monde.

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Edwy Plenel
 
Mediapart è un sito d'informazione specializzato in giornalismo investigativo, fondato da Edwy Plenel e altri mastini della carta stampata nel 2008; nel giro di pochi anni il sito è diventato un modello di "pure player" virtuoso che punta tutto sugli abbonamenti dei suoi lettori (ad aprile 2013 erano 75mila). 
 
Il giornale è stato all'origine del cosiddetto "affaire Cahuzac", lo scandalo che ha portato, nel marzo 2013, alle dimissioni del Ministro delegato al budget, Jérôme Cahuzac. Dal dicembre 2012 Mediapart ha pubblicato una serie di inchieste che hanno dimostrato l'esistenza di un conto segreto detenuto dal politico socialista in una banca svizzera. Conto la cui esistenza Cahuzac ha a lungo negato, persino dinanzi al Parlamento, prima che le prove fornite da Plenel e soci non lo incastrassero. L'ex deputato è al momento indagato per frode fiscale. 
 
Plenel denuncia di aver ricevuto un avviso di controllo fiscale relativo all'IVA sugli abbonamenti al giornale; avviso che arriva direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze (lo stesso Ministero per il quale lavorava il Ministro delegato Cahuzac, alle dipendenze del Ministro dell'Economia, Jean-Marc Ayrault). 
 
"L'amministrazione del Ministero delle finanze, che ha autorizzato tale controllo, intende recriminarci il fatto di aver applicato, dal 2011, la stessa IVA (2,1%) della stampa cartacea. Questa aliquota, detta 'super ridotta', è un aiuto indiretto alla stampa, un aiuto virtuoso, a differenza di quelli diretti, i cui sprechi e le cui opacità sono ormai largamente documentati. È un aiuto ai lettori, e non alle imprese", scrive Plenel, che denuncia una discriminazione palese ai danni dell'informazione online.
 
Secondo le autorità francesi, infatti, i quotidiani online non avrebbero diritto all'IVA ridotta al 2,1%, ma dovrebbero applicare l'aliquota standard (19,6%). Un'assurdità. Oppure, peggio ancora, una precisa volontà di nuocere: una vendetta di quelle istituzioni che le inchieste giornalistiche hanno messo in difficoltà? Edwy Plenel sembra esserne convinto: 
 
"Come si spiega questo attacco discriminatorio contro la stampa online quando solo due settimane fa, in Parlamento, un semplice emendamento ha cancellato quattro milioni di debiti di un quotidiano, L'Humanité, tolti alle casse dello Stato? Come si giustifica l'applicazione di un tasso del 19,6% a Mediapart, giornale modello di qualità, quando la sua concorrenza, i cui ricavi derivano essenzialmente dalla carta stampata (Le Monde, Le Figaro, Libération, Le Nouvel Observateur, L’Express, Le Point, Le Canard enchaîné, ecc.), beneficia non soltanto di un'IVA al 2,1%, ma anche di massicci contributi pubblici (che noi rifiutiamo per una questione di principio)?". Contributi che, come ricorda lo stesso direttore di Mediapart, nel 2012 ammontavano a un centinaio di milioni di euro.
 
Se in Francia la battaglia campale per il riconoscimento dei "pure player" (i siti d'informazione puramente online) sembra imminente, in Italia la Camera dei Deputati discute, con toni non dissimili da quelli usati oltralpe, della famigerata "Web tax". Che la Politica abbia finalmente scoperto l'esistenza di Internet?
 
 
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Foto: Place Au Peuple/Flickr
 
 

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