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La crisi, le tasse inique e la ricerca di capri espiatori

Qualche giorno fa leggevo l’articolo di un noto quotidiano, versione on line, che parlava delle ‘nuove armi’ date in mano ad Equitalia dal governo.

Armi con cui l’Agenzia delle Entrate spera di ricavare un tot di quei quattrini freschi di cui l’esecutivo ha urgente bisogno. Ma anche armi che, senza guardare in faccia a nessuno, rischiano davvero di far andare a gambe all’aria decine di migliaia di piccole aziende che sono in terribili difficoltà a pagare i pesanti oneri fiscali per via della crisi innescata - si badi - non da loro, ma dai grandi network finanziari e dagli speculatori internazionali.

 Terribile immaginare il futuro di quei piccoli imprenditori, lavoratori autonomi e artigiani che rischiano di vedersi sequestrare la casa o la bottega, gli strumenti di lavoro o l’auto per debiti che raramente superano qualche decina di migliaia di euro (che potrebbero probabilmente pagare se si allungassero i termini di rateizzazione, se gli aggravi di sanzioni e penali fossero meno esorbitanti, se gli interessi applicati sulle rate fossero interessi ‘di legge’, non equivalenti a quelli di qualsiasi finanziaria che sui prestiti ci guadagna).

Così leggevo e, già che c’ero, mi imbufalivo contro quella manica di "furbettiinternazionali che per arricchirsi sta mettendo sul lastrico milioni di persone; poi sono arrivato ai commenti che, nelle versioni on line dei giornali, seguono gli articoli.

 E un tizio, dopo una lunga serie di invettive verso Equitalia e governo (che, come si sarà capito ritenevo condivisibili) alla fine se ne esce con la classica (ma inaspettata) chiusa: “Non sono altro che vermi al soldo della feccia giudaica”.

D’accordo che la madre degli idioti è sempre incinta, ma qui si va ben al di là dei luoghi comuni.

Abbiamo un problema gigante di esposizione debitoria dello Stato, un enorme rischio che lo stesso vada in default e la nefanda scelta di inasprire la pressione e torchiare chi ha dichiarato i suoi guadagni ma non ce la fa a pagare le imposte, anziché spremere chi in questi anni si è arricchito e chi le tasse le ha evase... e questo tizio che fa? Dà la colpa agli ebrei! Ho pensato di essere sprofondato negli anni venti del novecento, indietro di un secolo.

Questo scribacchino decerebrato non ha dato la colpa a Tremonti o a Standard&Poors. Non alla BCE o alle banche americane o alla globalizzazione o alla concorrenza cinese. Nemmeno ad un singolo individuo di origini ebraiche, come potrebbero essere Soros o Madoff: no, il problema è la “feccia giudaica”. L’accusa, più o meno fondata non importa, viene fatta scivolare dalle responsabilità individuali a quelle (del tutto cervellotiche) di una comunità, di un gruppo, alla fin fine di “una razza”. Forse solo un redattore di Stormfront, sito nostalgico filonazista e negazionista, potrebbe scrivere idiozie simili.

Chi lo sa.


Giro pagina e trovo che la magistratura ha condannato (finalmente) quel manipolo di vigili picchiatori che a Parma hanno preso un ragazzino di colore, l’hanno menato di santa ragione e l’hanno sbattuto in cella con l’accusa di spacciare droga. Essendo dotati di fantasia quando lo hanno mandato via gli hanno dato i verbali in una busta con su scritto “Emmanuel negro”. Tanto per essere furbi. Otto tizi che fino a ieri potevano al più fare qualche multa per divieto di sosta, si sono reinventati giustizieri del Ku Klux Klan e hanno fatto pulizia. A modo loro s’intende.

Insomma, la crisi economica si fa pesante, il clima è torbido, la politica da anni sa solo insultare e urlare nei talk show senza produrre un minimo di cultura (al più si bofonchia di popoli padani come vecchi avvinazzati) e, come sempre, scatta la corsa ad individuare i capri espiatori: i soliti giudei, i soliti negri.

Niente di nuovo sotto il sole, altro giro, altra corsa.

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