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La crisi e le corporazioni

La crisi economica colpisce sempre più anche la classe degli avvocati, che negli ultimi anni percepiscono redditi declinanti. A lanciare l’allarme è il presidente della Cassa nazionale forense, Marco Ubertino, che ha illustrato ieri gli ultimi studi sui redditi percepiti dall’avvocatura.

“Negli ultimi trent’anni – fa sapere la Cnf – è la prima volta che per due anni consecutivi si ha una riduzione della quantità di soldi reali [sic, ndPh.] percepiti dagli avvocati”. L’arco temporale analizzato dalla Cassa riguarda i redditi medi 2008-2009. La fascia di avvocati più giovane, 23-34 anni, è quella che guadagna di meno: circa 21mila euro all’anno, che al netto diventano 19mila, per uno stipendio mensile, di circa 1200 euro.

Ma è la classe dei quaranta-quarantacinquenni quella più colpita: “quella dei quarantenni dovrebbe essere la categoria professionalmente affermata – ha detto il presidente Ubertino – ed invece ad oggi ha un reddito medio netto di circa 1800 euro al mese (senza che percepiscano questi avvocati né tredicesima né ferie, trattandosi di liberi professionisti)”. E’ un autentico scandalo che dei liberi professionisti non percepiscano né tredicesima né ferie, non trovate anche voi? E che piccoli redditi, direbbero all’Agenzia delle Entrate…

Un dato salta all’occhio, nelle tabelle illustrate da Ubertino: gli under 45 iscritti alla Cassa forense sono la maggior parte, circa il 57% del totale, ma sono gli over 45, cioè gli anziani della categoria, a produrre la maggior parte del “doppio reddito” sul totale degli iscritti (cioè a guadagnare più del doppio del reddito dei giovani). “Questo significa che non c’è garanzia per i trentenni di oggi – ha acutamente osservato il presidente della Cnf – che il loro reddito a 50 anni sarà quello dei cinquantenni di oggi.” Avremmo una notizia per Ubertino: pare che questo trend di peggioramento delle condizioni dei figli rispetto ai padri colpisca praticamente tutto il Belpaese. E suggeriremmo sommessamente al presidente della Cnf che il dato sulla diseguaglianza reddituale per coorti anagrafiche indica un sistema two-tiered, dove insider protetti succhiano l’anima agli outsider.

Tra le variazioni di reddito per regione negli ultimi due anni perde guadagni la Lombardia, crescono Val d’Aosta e Trentino mentre il Lazio, e in particolare il distretto di Roma, tengono. Questo, secondo gli studi della Cassa, significa probabilmente che dove gli avvocati stanno sul mercato privato la crisi si sente in modo pesante, mentre ha incidenza minore dove si lavora con la pubblica amministrazione. Quanto è cattivo il mercato, vedete? Meno male che c’è la pubblica amministrazione, che tutto vede e a tutto provvede. La conclusione di Ubertino non offre spazio alla retorica:

“E’ evidente che l’avvocatura ha bisogno di essere aiutata ma non possiamo sperare in aiuti pubblici, pensiamo di poter fare qualcosa che va al di là dell’assistenza classica per sostenere i redditi degli iscritti. Studieremo dei sistemi durante il congresso a Genova”

E quali saranno queste forme di sostegno dei redditi degli iscritti? Il presidente tra le ipotesi ha parlato di un “welfare avanzato” cioè delle forme di assistenza di tipo attivo che non siano cassa integrazione (bontà loro), ma interventi volti al sostegno delle classi dei giovani, famiglie con figli e avvocati in terza età (ad esempio con polizze sanitarie ad hoc). Al vaglio delle ipotesi, pensate, anche agevolazioni per le neo mamme. Il presidente ha annunciato che la Cassa nazionale forense farà ricerche accurate per verificare la sostenibilità di questi istituti senza compromettere i conti della Cassa, auspicando che dal governo venga almeno lo sforzo in cambio di studiare forme di detassazione sui sistemi di aiuto che il Cnf appronterà”

Certo, è un grande classico: cala il reddito di una corporazione, si levano le urla di dolore e l’immancabile richiesta di defiscalizzazione al governo. E i contribuenti si impicchino. C’è un evidente dualismo reddituale nella professione, figlio della pervicace contrarietà ad aprire il sistema e liberalizzarlo, riducendo gli squilibri mentre si portano in equilibrio domanda ed offerta. Nel frattempo, sarebbe opportuno che gli avvocati studiassero un po’ di economia, giusto i fondamenti. Ma forse è tempo perso: basta mandare in parlamento un congruo numero di avvocati, e legiferare quote di riserva che restringano ulteriormente l’offerta. Dimenticando che restringere l’offerta ad ogni crisi determina un cumulo di distorsioni ed inefficienze allocative, che contribuiscono a danneggiare il sistema economico nel suo complesso, che si porta in equilibrio attraverso prezzi elevati e quantità ridotte, che a loro volta generano dualismo reddituale e precarietà. Avanti così.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.20) 18 novembre 2010 17:16

    ma non si può generalizzare ci sono avvocati che guadagnono poco e altri che guadagnano bene...è la libera professione!supponiamo che vinco una causa civile ed il mio cliente prende un cospicuo risarcimento danni anche la mia percentuale di avvocato sarà cospicua,quindi se l’anno successivo fatturo di meno non significa che mi mancano i soldini per vivere.

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