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La corsa al nucleare nel Golfo Persico - Aggiornamento

Per inquadrare lo sviluppo dell'industria nucleare nei Paesi del Golfo ripropongo alcuni passaggi che avevo scritto lo scorso anno:

Ryadh teme che entro il 2030 la sua produzione di petrolio sarà interamente destinata al consumo interno. Attualmente il regno produce quasi 9 milioni di barili al giorno, due terzi della sua capacità totale. Il programma saudita prevede un investimento di oltre 100 miliardi di euro per la realizzazione di 16 reattori entro il 2030: i primi due entreranno in funzione tra dieci anni; in seguito, ne saranno inaugurati uno o due all'anno fino al completamento del programma. È probabile che tra le ragioni che hanno convinto Ryadh ad abbracciare la scelta nucleare ci sia anche l'intenzione di uno sviluppo per scopi militari, vista la palese incapacità dell'Occidente di arrestare l'analogo programma dell'Iran, nemico assoluto dei sauditi (...) Nonostante siano il terzo esportatore di petrolio al mondo, anche gli Emirati Arabi Uniti progettano l'installazione di centrali nucleari... 

In tutto, sono tredici i Paesi arabi che puntano all'atomo, tra quelli che hanno annunciato l'avvio di programmi nucleari e quelli che hanno rispolverato vecchi piani mai realizzati. Gli Stati del Golfo hanno bisogno di una sempre maggiore quantità di energia. Da un lato per assicurarsi una crescita annua dal 5% in su; dall'altro per garantire le forniture ad una popolazione che cresce ad un ritmo anche maggiore, onde scongiurare la ripresa di pericolose tensioni sociali (peraltro tuttora in atto). Per centrare entrambi gli obiettivi basterebbero le riserve di idrocarburi esistenti, se non fosse che la maggior parte dell'output viene destinato alle esportazioni, sia in Occidente che (sempre di più) in Cina e India. Prendiamo il caso dell'Arabia Saudita.

Nel giro di vent'anni occorreranno 3 milioni b/g in più per sostenere una domanda interna che cresce al ritmo del 7% annuo, sottraendo risorse alle esportazioni – ossia all'Occidente. La Casa di Sa'ud ritiene quindi necessario assicurarsi per tempo un'alternativa per la produzione di energia elettrica di base. La dissalazione delle acque consuma 1,5 milioni b/g, pari al 40% del consumo energetico interno. Considerato che la maggior parte dell'acqua prodotta era appannaggio dell'agricoltura, due anni fa Ryadh ha scelto di ridurre la produzione alimentare interna compensandola con maggiori importazioni. E' evidente lo scopo di preservare le riserve di greggio il più possibile. 

Il regno saudita mantiene una coltre di nebbia intorno alla reale entità delle sue riserve. Il dato ufficiale comunicato all'IEA (264 miliardi di barili) non cambia dal 1989. Questo significa che ogni tanto scoprirebbero tanto petrolio quanto estraggono, ossia tre miliardi b/g. Impossibile. La prova è nel fatto che dal 2004 il Paese ha avviato nuove esplorazioni alla ricerca di giacimenti offshore, più costosi e meno accessibili di quelli onshore, cosa che si fa solo in assenza di importanti depositi a terra. Il nucleare consentirà di alleggerire la pressione su una ricchezza sovrasfruttata.

***

Ci sono alcuni interessanti sviluppi. Citigroup ha detto che l'Arabia Saudita, attualmente il maggior esportatore di greggio al mondo, potrebbe diventare importatore di petrolio entro il 2030 a causa della crescente domanda interna di energia elettrica, che nelle ore di punta segna un aumento dell'8% rispetto ad un anno fa. Se il tasso di crescita si mantiene su questi livelli, entro tale data sarà necessario bruciare circa 8 milioni di barili al giorno.

Venerdì 21 settembre l'UPI ci informa che i futuri reattori di Ryadh (qui parla di 20 anziché 16) dovrebbero produrre 41 GW. Altri 4 GW verrebbero dai sistemi geotermici e altre fonti alternative. Allo stato attuale, la produzione di energia elettrica del regno è di 52 GW generati da 79 centrali elettriche, le quali consumano una quota sempre crescente dell'output petrolifero.

Per quanto riguarda le applicazioni militari, va detto che Ryadh potrebbe dotarsi delle armi atomiche ben prima del 2030. In luglio Press Tv ha rivelato che, secondo un rapporto, i funzionari sauditi stavano cercando di trovare un "accordo segreto" con il Pakistan per comprare le armi nucleari da Islamabad.

La voce girava da mesi e ha ricevuto conferme anche negli ultimi giorni. In febbraio l'Australian ricordava che già nel 2008 i sauditi avevano firmato un memorandum d'intesa con gli Stati Uniti per ricevere assistenza nel campo del nucleare civile, a patto però di escludere ogni possibile applicazione in campo militare. L'Arabia Saudita è il più grande alleato dell'America, ma è anche stato il loro peggior nemico in Iraq ieri e in Siria oggi, dunque la prudenza è d'obbligo.

In ogni caso, Israele non permetterebbe mai l'eventualità di un'Arabia Saudita nuclearizzata. Innanzitutto perché il monopolio dell'arma atomica nel Medio Oriente è il presupposto fondamentale della propria salvaguardia. E poi, al contrario dell'Iran (la cui volontà di dotarsi dell'atomica è tutt'altro che provata), Ryadh sarebbe una minaccia reale per Tel Aviv.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Enrico Emilitri (---.---.---.85) 27 settembre 2012 23:05
    Enrico Emilitri

    Leggiti il mio articolo "La sabbia atomica. Perché l’Occidente ha paura dell’Iran".

  • Di Renzo Riva (---.---.---.70) 2 ottobre 2012 00:36
    Renzo Riva
    Riporto quanto ha scritto Edoardo Cicali referente del
    C.I.R.N. per la Toscana (Comitato Italiano Rilancio Nucleare)


    Giappone, addio al nucleare nel 2030….una sega!

    I giornalisti, prima di dare notizie roboanti come quella che da il titolo a questa discussione, dovrebbero informarsi meglio o, almeno, vedere ciò che sta veramente dietro ad illazioni e sparate passeggere. La verità è che nonostante il governo giapponese e nonostante l’annuncio del 15/09 u.s. relativo alla progressiva fine della produzione nucleare entro i prossimi 30 anni, ha fatto sapere poco dopo che non ha intenzione di revocare la licenza per la costruzione di tre nuovi reattori già in cantiere. “Non pensiamo di ritirare il permesso già accordato dal ministero”, ha dichiarato il ministro dell’Economia, del Commercio e dell’Industria, Yukio Edano. Due dei tre reattori in questione sono in costruzione ad Aomori, nel nord del paese, dove il ministro è stato ieri in visita. Edano ha comunque precisato che, una volta costruiti, l’attività dei tre reattori sarà sottoposta alla approvazione di un’apposita Commissione creata dal governo per il controllo dell’industria nucleare. La notizia è stata pubblicata sia dal Corriere sia da La Stampa il 16 settembre scorso.
    Addirittura (questo in pochi lo hanno sottolineato) il governo nipponico ha sì confermato l’uscita dal nucleare, ma posticipandola al 2040 o comunque a quando le tecnologie per l’utilizzo delle rinnovabili e/o combustibili fossili permettano l’accantonamento definitivo dell’energia dall’atomo: Gli ambientalisti sono subito insorti perché a queste condizioni vuol dire che il Giappone non abbandonerà MAI l’energia nucleare: lo confermano i tre reattori di cui sopra, impianti da 1350 MW (ABWR Hitachi) che rimpiazzeranno i vecchi reattori di taglia da 480 Mw a 780 MW)
    Non prendiamoci in giro, il Giappone, essendo privo di giacimenti di combustibili fossili come l’Italia, senza il nucleare si ridurrebbe come noi se non peggio, con un bolletta del luce e gas altissima, dipendente in tutto e per tutto dai fornitori esteri di gas, petrolio e carbone– tra i quali l’odiata Cina che ha in cantiere 26 nuovi reattori – con risultati drammatici per quel che riguarda l’industria manifatturiera del paese. I giapponesi lo sanno benissimo ma devono ancora far passare la paura del dopo Fukushima. Solo noi italiani ci facciamo prendere in giro dai tanti ambientalioti in malafede…intanto Il 16 luglio gli abitanti della regione hanno potuto finalmente riprendere la più tipica delle abitudini estive: un bagno al mare.
    Per la prima volta dall’incidente nella centrale nucleare, infatti, una spiaggia della zona è stata aperta al pubblico: quella di Nakoso, nella città di Iwaki, a circa 65 chilometri a sud della centrale. L’evento, nel pieno della calda estate giapponese, è stato festeggiato da oltre 1000 bagnanti che si sono riversati festosi sulla sabbia.

    Edoardo scrive:
    28 Settembre 2012 alle 09:56
    Mi spiace degli errori di ortografia dovuti alla fretta e al fatto che ero in treno con un PC portatile; L’ultimo pezzo in grassetto di riferisce alla spiaggia a 65 km dal sito di Fukushima.

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