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 Home page > Attualità > Mondo > La complicità (che non c’è) tra Siria e Iran

La complicità (che non c’è) tra Siria e Iran

Negli ultimi giorni una valanga di disinformazione si è abbattuta in particolare sulla Siria, dove il regime ha risposto con durezza a proteste simili a quelle viste in altri paesi arabi. Da quello che si capisce da lontano le proteste non sono oceaniche e per ora hanno assunto dimensioni gestibili, anche se il governo le ha "gestite" imitando le reazioni di tutti gli altri governi arabi. 

Assad sembra conservare un significativo consenso in qualità di "male minore" presso la popolazione e gode ancora del relativo favore dell'Occidente, con qualche eccezione. A quelli fissati con l'Iran come pericolo-fine-di-mondo non è sembrato vero di associare il regime siriano all'Iran, così sono giorni che gira la notizia che il governo iraniano avrebbe inviato rinforzi ad Assad. Che è un'idea davvero bizzarra, e non solo perché l'eventuale presenza di picchiatori iraniani in Siria sarebbe politicamente insostenibile all'interno dello stesso regime, ma anche perché il governo iraniano non è che dorma sonni abbastanza tranquilli da poter mandare corpi di spedizione in giro a menare i rivoltosi degli altri.

A volte qualcuno scambia l'Iran, che non ha nemmeno una marina o un'aviazione militare, per una superpotenza in grado di rivaleggiare con Israele o addirittura con gli USA, ma sono abbagli interessati, come quelli di chi ha difuso le "notizie" ricordate sopra. Nella realtà invece i rapporti tra i due paesi non buonissimi, sia perché tra i due paesi esiste una naturale competizione strategica su scala regionale, sia perché negli ultimi anni la Siria di Assad si è avvicinata molto agli Stati Uniti e all'Europa.

A rafforzare questa impressione è giunto il ministro degli esteri di Teheran, Ali Akbar Salehi, che ha chiesto pubblicamente al governo siriano che fine abbia fatto la giornalista Dorothy Parvaz (nella foto), che lavora per al-Jazeera e che ha la cittadinanza iraniana insieme a quella candese e a quella americana. Aggiungendo che il governo iraniano si aspetta che quello siriano ne garantisca la sicurezza e un pronto ritorno alla libertà.

La giornalista è sparita appena atterrata all'aeroporto di Damasco e i colleghi non hanno molti dubbi sul fatto che sia stata prelevata dai servizi di sicurezza siriana, che in questi giorni si danno molto da fare per evitare l'ingresso o la permanenza (peraltro vietata) di giornalisti stranieri e osservatori internazionali. Segno che il regime non vuole testimoni e che le notizie di una repressione sanguinosa non sono solo la propaganda interessata di qualche furbone, ma allo stesso tempo segno che i rapporti tra Siria e Iran non sono sicuramente tali da permettere un intervento diretto iraniano per difendere il regime dai siriani arrabbiati. Anche se il regime di Assad gode comunque del favore iraniano come peraltro di quello di tutti gli altri vicini più importanti, Turchia e Israele su tutti, ma anche degli americani, che non sembrano avere in agenda alcun regime change per Damasco.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.227) 4 maggio 2011 12:56

    Mission no mission >

    Secondo la mozione della maggioranza le “azioni mirate” da svolgere in Libia devono essere “esclusivamente a difesa” di nostri velivoli o della popolazione civile da “azioni ostili, reali, concrete e attuali”. Devono inoltre essere attuate “in condizioni di assoluta sicurezza” per gli stessi civili e per i nostri operatori.
    Un qualsiasi Comando militare dichiarerebbe “irrealistico e inattuabile” un mandato vincolato alla totale osservanza e garanzia di siffatti prerequisiti operativi. E’ impossibile escludere, a priori, la presenza di civili in aree presidiate da mezzi e postazioni militari. E’ altresì assodato che sia i civili, sia i militari possono diventare vittime accidentali di “fuoco amico”.

    La stessa mozione impegna il nostro governo “a confermare gli impegni internazionali dell’Italia” e nello stesso tempo sia ad attuare “una graduale e concordata riduzione” dei nostri impegni, sia a “fissare un termine temporale certo” entro cui concludere le “azioni mirate” in corso. Tutto questo “in accordo” con le Organizzazioni Internazionali e con gli Alleati.
    Singolare è il fatto che non viene mai citata esplicitamente la Nato e che non si fa cenno alle “motivazioni” da addurre, in sede Nato, a spiegazione e sostegno di tale repentina “inversione” di marcia.

    Le missioni militari non sono il tema per un “gioco delle parti” da teatrino di Pantomima e Rimpiattino

  • Di (---.---.---.17) 4 maggio 2011 17:04

    Ciao, siamo la redazione di Uniroma.tv. Forse può interessarti il nostro servizio sulla tavola rotonda organizzata da ELSA e la facoltà di Giurisprudenza di Roma3 il cui dibattito si è incentrato sulla crisi del Nord Africa in prospettiva giuridica e geopolitica

    il video al seguente link

    http://www.uniroma.tv/?id=18686


                      

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