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La carriera di un libertino: l’illusione della felicità porta all’autodistruzione

Il Teatro La Fenice, nella felicissima kermesse del festival “Lo spirito della musica di Venezia” 2014, ospita la grande musica di Stravinskij.

 
Presentato in due anziché tre atti, rompendo così la simmetria dei tre atti di tre scene ciascuno, The Rake’s Progress è andato in scena con un allestimento memorabile in una città nella quale gli eventi culturali certo non mancano. Uno spettacolo non semplice, ma assolutamente centrato, con scene originalissime, eccellenza di cantanti e scelte registiche indubbiamente coerenti con la musica di Stravinskij.

Regista di nuova generazione, assai affermato e invitato ripetutamente dalla Fondazione veneziana - e in particolare recentemente per la trilogia mozartiana – Damiano Michieletto ha pensato The Rake’s Progress come “una fiaba crudele e fantasiosa, un viaggio attraverso la perdizione, una pericolosa sfida con il fuoco. Ma anche una parabola sulla modernità e sul cinismo che contraddistingue la nostra epoca dove tutto è mercificato”. La regia è concepita in tre momenti, condensati in due atti, che danno lo sviluppo inquietante della storia.

“La storia inizia con un idillio domestico – spiega Michieletto – un tranquillo weekend tra il barbecue e l’erba da tagliare”. Attraverso un’orgia di eccessi, come la definisce il regista, in cui spicca la simpatica attualizzazione di una Baba la Turca con le fattezze di Conchita Wurst, drag queen dei giorni nostri, si giungerà alla scena finale: una pozza di fango nella quale si aggirano alienati spersonalizzati, ciascuno con la propria ossessione, il tutto per darci l’idea - aggiungiamo noi - di quanto avesse ragione Madre Teresa dicendo che la felicità è un percorso, non una meta.

Le recite di Venezia non hanno ricevuto unanime plauso, a causa delle esplicite scene a sfondo sessuale del bordello di Mother Goose ed effettivamente dispiace leggere ancora una volta nella locandina del nostro Teatro “adatto ad un pubblico adulto” quando vorremmo che soprattutto i giovani e i giovanissimi assistessero alle rappresentazioni. Eccezionale nell’interpretazione e per le qualità di timbro e fraseggio Alex Esposito nella parte di Nick Shadow. Molto bravi tutti i cantanti, il tenore Juan Francisco Gatell, nel ruolo eponimo, Carmela Remigio, Anne; Michael Leibundgut, Trulove; Natascha Petrinsky, Baba la Turca; Marcello Nardi, Sellem; Silvia Regazzo, Mother Goose; Matteo Ferrara, il guardiano del manicomio. Maestro concertatore e direttore Diego Matheuz. Coro motivato e partecipe diretto da Claudio Marino Moretti. Il terzetto Michieletto-regia, Fantin-scene e Teti-costumi ha come sempre dato prova di grande lavoro di équipe, efficaci le luci di Alessandro Carletti. Interessanti i sopratitoli bilingui dello studio GR che, oltre ad aiutare lo spettatore a seguire la vicenda, presentavano il celebre libretto di W.H.Auden e Ch. Kallman.

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