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La ‘Ndrangheta di Gioia Tauro. Le telefonate dimenticate tra la politica e i boss (Prima parte)


Da Dell'Utri a Casini, da Tassone a Mastella. Ecco le telefonate, in parte inedite, che documentano i rapporti tra i vertici della politica italiana e le cosche calabresi della piana di Gioia Tauro.




Il porto di Gioia Tauro, per i clan, è una fonte illimitata di denaro. Non solo per le enormi quantità di droga che vi transitano (passa da Gioia Tauro l’80% della cocaina prodotta in Colombia), ma anche per il giro d’affari su cui si riesce a mettere le mani. La ‘Ndrangheta ha reso Gioia Tauro uno dei più grandi terminali del bacino del Mediterraneo a cui arrivano tremila navi ogni anno. Nel 1995 i Piromalli, insieme alla famiglia alleata dei Molè, avevano imposto il pizzo di un dollaro e mezzo per ogni container movimentato. Non poco se moltiplicato per i due milioni di container che a quel tempo vi transitavano ogni anno o ai tre milioni di oggi. Le due cosche avevano anche organizzato una mega estorsione ai danni di una multinazionale, connessa a ingenti finanziamenti pubblici da parte dello Stato Italiano e della Comunità europea, e esercitavano, sempre a fini estorsivi, il controllo assoluto dei subappalti per qualsiasi lavoro nel territorio. Da allora, però, le cose sono cambiate. Non che il potere di controllo esercitato dalle ‘ndrine Piromalli e Molè si sia indebolito nel tempo, tutt’altro. Ma il legame storico che legava le due famiglie ha iniziato a incrinarsi. Entrambe avevano rivolto i loro appetiti verso la All Services, una società che gestisce i servizi di movimentazioni di merci e container nel porto. Inizia una contesa che finisce il 31 gennaio 2008, quando la società viene ceduta a una cordata che risponde ai Piromalli. Poco tempo dopo vengono assassinati il fratello di Girolamo Molè, reggente della ‘ndrina omonima, e un imprenditore vicino al clan. E i Piromalli, intanto, si sono alleati con la famiglia Alvaro. È l’inizio di una guerra di mafia.


Miccichè, il capomafia e la massoneria

In questo contesto si inserisce Aldo Miccichè, un politico della vecchia DC calabrese oggi latitante in Venezuela a causa di diversi processi per cui è stato condannato, in tutto, a 25 anni di carcere. I suoi due “pupilli” sono Antonio Piromalli, il reggente della ‘ndrina omonima, e Gioacchino Arcidiaco, affiliato alla cosca e intimo di Antonio. Hanno tutti bisogno di risolvere lo stesso problema: alleggerire la condizione carceraria di Giuseppe Piromalli, padre di Antonio, sottoposto al carcere duro, affinché il capo storico del clan possa tornare a prendere le redini della famiglia in questo momento delicatissimo. Miccichè inizia a muoversi e, per risolvere la situazione del boss, mette in campo tutta la sua rete di contatti con personaggi istituzionali.

Il primo politico di spicco a cui fa rifermento Micciché nel corso delle sue telefonate con Antonio Piromalli è il senatore a vita Emilio Colombo, esponente storico della Democrazia Cristiana, che Micciché in una telefonata del 4 ottobre 2007 chiama suo “compare”. Capisce, però, che i referenti politici, con tutta la buona volontà, non possono fare molto per aiutare il capomafia alla sbarra. «Ho l’impressione però che non si riesce a manovrare bene – dice Micciché al telefono – qua dovremo forse a mio avviso fare un altro tipo di rapporto e lo devo fare in Lombardia». L’altra via a cui pensa Micciché per risolvere il problema è la massoneria. Cerca contatti anche su questo fronte e, quando il 10 novembre richiama Antonio per informarlo sul corso delle trattative politiche, spiega: «Ho cercato la strada della massoneria... per quanto riguarda eventualmente l’intervento di un giudice molto importante... e vediamo se va pure questa! Non so che fare di più! Maledetto 41 bis! […] L’altra strada che voglio percorrere, sia pure segretissima, quella del Vaticano! Sto tentando tutto, figlio!».

“L’Udc è a disposizione, da Casini in giù”

Mentre Micciché cerca agganci con gli ambienti della massoneria e del Vaticano, le trattative politiche proseguono. Il 7 novembre alle 15.30 i due si risentono. Micciché riferisce a Piromalli di essere in contatto con l’on. Mario Tassone, deputato UdC di origine calabrese, che si sarebbe messo «a vostra completissima disposizione». Poi rassicura Antonio sull’appoggio dell’Udc: «Ti stanno aspettando a braccia aperte, da Casini a scendere». Ecco il brogliaccio, finora inedito, di questa telefonata.

Aldo (che chiama il Piromalli con il diminutivo "Totò") riferisce ad Antonio di aver parlato con l’onorevole Mario Tassone, vice segretario nazionale dell’Udc il quale si è messo a "vostra completissima disposizione" e quindi ora darà a Gioacchino i numeri di cellulare "riservati" per contattarlo, poi aggiunge che anche il consigliere regionale Nucera aspetta Antonio "a braccia aperte per tutto quello che avete bisogno". […] Antonio gli dice poi di essersi incontrato con quello della "corrente", calabrese, che Aldo gli aveva indicato e che questa persona è nipote dell’avv. Santacroce (?), Aldo a questo punto dice ad Antonio che non appena avranno la possibilità di vedersi per parlare meglio gli fornirà tutti i nominativi di cui ha bisogno, poi aggiunge: "Ti stanno aspettando a braccia aperte, da Casini a scendere" anche perché ci sarà il congresso provinciale a Reggio Calabria e Antonio ha la possibilità di gestire tutto il partito a suo piacimento!!

In un’altra telefonata intercorsa il 10 novembre 2007 alle 12.20 Micciché «informa Antonio di aver dato a Gioacchino i numeri di telefono di Mario Tassone». Si tratta di Gioacchino Arcidiaco, affiliato al clan e intimo di Antonio. Pubblichiamo per la prima volta anche il brogliaccio di questa telefonata.

Aldo informa Antonio di aver dato a Gioacchino i numeri di telefono di Mario Tassone e di ...inc... e aggiunge "i quali vi aspettano a braccia aperte! Aspettano sia te che lui (Gioacchino)" […] Aldo continua suggerendo ad Antonio di parlare della situazione del padre anche con l’onorevole Mario Tassone, qualora si dovesse incontrare con lui in quanto ribadisce ad Antonio che "Mario è a vostra completa disposizione!" e ricorda ad Antonio che Tassone diventerà il segretario del partito al posto di Lorenzo Cesa e che "l’aria di elezioni" dovrebbe far cambiare la situazione. Aldo gli chiede poi di Gioacchino, Antonio risponde: "ee..cerca di fare nel suo piccolo...". Aldo però vuole sapere della salute di Gioacchino e Antonio risponde che sta bene. Aldo dice poi ad Antonio che se vuole può dargli ora i numeri di telefono (di Tassone & Co.) anche se li ha già dati a Gioacchino, Antonio dice che non ce n’è bisogno in quanto si vedrà con Gioacchino nel pomeriggio.


Mastella ha le mani legate


L’unica persona che può davvero aiutare i due nella loro disperata missione è il Ministro della Giustizia. È a lui che fa capo il meccanismo del 41-bis. E il Ministro della Giustizia, nel 2007, si chiama Clemente Mastella. Già in una telefonata del 4 ottobre Miccichè aveva raccontato di essersi messo in contatto con tre persone dell’entourage del Ministro: Adriana Zerbetto, la sua segretaria particolare; Francesco Borgomeo, il capo della sua segreteria, e Antonella Appulo, esponente giovanile dell’Udeur. In una telefonata è Mastella a chiamare Miccichè, ma appena scopre l’identità del suo interlocutore e sente parlare di possibili appoggi elettorali, il Ministro Udeur chiude la conversazione. Perché lo fa? La risposta si trova in un’altra telefonata tra Aldo Miccichè e Antonio Piromalli intercorsa alle nove di sera del 25 novembre 2007. Miccichè spiega che Mastella non può parlare al telefono perché, dopo le inchieste di De Magistris a Catanzaro, sospetta di avere il telefono sotto controllo, e spiega che gli assistenti del Ministro con cui sono in contatto «si muovono in un terreno minato». Piromalli capisce che «tanto più di là non possono andare». Anche di questa telefonata, solo in parte inedita, pubblichiamo il brogliaccio.

Aldo Miccichè chiama Antonio al quale dice che deve capire qual è il momento particolare che sta attraversando l’Italia dato che forse il Piromalli non lo ha capito e continua il discorso Aldo dicendo: "Chi è dentro soffre cento e chi è fuori soffre 1000 (Riferito alla situazione del padre del Piromalli, ndr) chiaro o no, però chi è dentro ed è uomo con i coglioni sa come vanno le cose chiaro o no".
Antonio risponde di capirlo e chiede se non riescono a muoversi e quindi non riescono a risolvere il problema.
Aldo si innervosisce e dice: "allora no.. non... allora sto cazzo di Ministro... questo povero disgraziato non sa come muoversi non sa se è un ministro non sa se lo sentono non sa se sta dentro o se sta fuori è ricattato in qualsiasi momento... ha paura a parlare per telefono... ha paura se devono mandargli una mail... cambiano un fax al giorno... ha fatto quello che doveva fare e mi ha messo in contatto con chi di dovere... mi sono spiegato con Francesco Borromeo, con Adriana Zerbetto con la direttrice Generale Antonella Appullo ect.. ect.. i quali si muovono in un terreno minato... li ho chiamati due o tre volte che mi parla l’informale loro... dandomi un numero di telefono particolare. Chiaro o no?"
Antonio risponde dicendo ad Aldo sempre di si. […]

Aldo dice che prima non avevano paura ma in questi ultimi periodi chiede al Piromalli se se ne è accorto di quello che ci è successo ed esclama ancora: "Basta il fatto di Catanzaro per vedere come è messo questo disgraziato… Se gli controllano anche il cellulare che cosa vuoi di più… e io lo ho il cellulare… gli controllano il cellulare gli controllano il computer gli controllano i fax... come si comunica con sta gente ora?!"
Antonio così esclama: "Sì, ma tanto più di là non possono andare”.
Aldo: "Sì ma questo è un discorso che va bene a noi... ma non va bene a loro... non si sa se resta questo Governo se non resta questo Governo se lui resta Ministro se lui non resta Ministro.. se fa la crisi di Governo se non fa la crisi di Governo... se si va a votare se non si va a votare che cazzo succede in questo centro destra che cazzo succede in questo centro Sinistra.. sti cazzo di comunisti che stanno rompendo i coglioni a tutti i livelli possibili ed immaginabile alla gente che lavora... alla gente che è nostra... chiaro o no?!... questi che si vendono per niente... questa è la verità vera... vedi tu la prendi sotto un aspetto io purtroppo sono costretto a vederla sotto l’aspetto politico perché quella è la strada che ho! chiaro o no!... mi capisci o no!?... cioè da parte mia non spenderei mai una bugia una menzogna".
Antonio così fa un altro esempio e dice che tutti gli hanno detto di no. Così Aldo ancora dice che quello che non capisce Antonio che l’amministrazione della Giustizia non ha nulla a che vedere con l’esempio che gli ha fatto il Piromalli dato che la Giustizia dice che ha un dramma che si chiamano interferenze di carattere parlamentare che non sono poche e questo è il guaio vero. E continuando il discorso dice dei giornali, delle agenzie giornalistiche e delle fughe di notizie.


Dell’Utri, “l’anticamera di Berlusconi”

Falliti i tentativi di trattativa con l’Udc e l’Udeur, si cambia schieramento. L’uomo dei Piromalli diventerà Marcello Dell’Utri, il senatore del Pdl appena condannato in appello per concorso esterno in associazione mafiosa. Non solo parlerà al telefono con gli uomini della ‘Ndrangheta, ma li incontrerà di persona più volte. E, a quanto pare, si dimostrerà molto disponibile. La seconda parte della storia, con le trascrizioni integrali di alcune telefonate inedite, prossimamente su AgoraVox.


(continua…)


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