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La Juve trova pane per i suoi denti

Sinora era stata la squadra più temibile di quest'avvio di Serie A, quella che, se non altro, appariva meglio costruita e sapientemente amalgamata dal suo condottiero, con la maggior voracità e brillantezza atletica, con una solidità difensiva superlativa (composta in primis da Godin, De Vrij, e Skriniar) ed una forza d'urto con pochi eguali in Italia (avente in Lukaku, A. Sanchez e Lautaro Martinez dei terminali offensivi terrificanti).

 Un po' tutti ci eravamo affrettati perciò nel conferirle l' “incarico” di anti-Juve, o di porla comunque in una posizione d'avanguardia rispetto alle altre papabili per il ruolo di antagonista numero uno di Madama. Sicchè la super sfida con la Juventus di domenica sera assumeva di fatto, per l'Inter, i connotati della prova più aspra, dell'esame più probante, di quelli che misurano con la massima perizia il grado d'aspirazione raggiungibile da un team. La squadra di Antonio Conte l'altra notte ha dovuto pertanto sostenere un autentico test di maturità, di quelli che lasciano il segno sulle ambizioni proprie ed altrui. Ebbene, benché l'esito ufficiale della contesa fra nerazzurri e bianconeri non sia stato favorevole alla compagine milanese - ed abbia avvalorato la superiorità delle zebre di Maurizio Sarri - non possiamo certo affermare che il Serpente abbia fallito l’esame. La partita inscenata allo stadio Meazza è stata di un livello tecnico trascendentale, toccando un tasso di spettacolarità che sui nostri campi non si registrava da anni. L’ “indice Mibtel” del nostro calcio, domenica sera, ha rischiato di ergersi su quote veramente straordinarie, sfiorando la sospensione per eccelso di rialzo. E in questo l’Inter ha avuto i suoi meriti non trascurabili. Ha saputo reggere il confronto dal primo all’ultimo minuto, le ha tenuto testa senza alcun timore reverenziale, costringendola ad esprimersi al massimo (o quasi) delle potenzialità, conducendo il confronto su gradi lodevoli. Insomma, dopo il derby d’Italia, l’Inter si è così autoinvestita ufficialmente del ruolo di anti-Juve, e pare possedere le carte in regola per interpretarlo con una credibilità estranea alle antagoniste delle scorse stagioni, quando le varie Roma e Napoli si limitavano più che altro a fingere d’impensierire il trono della regina anziché metterlo seriamente in pericolo. La sensazione è che stavolta la musica sarà diversa, e che la Juve dovrà faticare non poco per suonare la nona sinfonia.

UNA JUVE CHAMPAGNE

Contro il Serpente la Zebra ha palesato un gioco sì efficace ma soprattutto prelibato, per palati fini, in cui il lavoro del nuovo allenatore sta già trovando validi riscontri. Innanzitutto, la mole di gioco prodotta dalla nuova Signora, a fronte di quella che sino a poco tempo fa veniva proposta da mister Allegri, è già lievitata in maniera esponenziale. Il ritmo, se con l’ex tecnico del Milan appariva a lunghi tratti compassato e ad intermittenza, con Sarri sta assumendo giorno dopo giorno delle andature sempre più dinamiche e costanti. Anche la tenuta atletica sta considerevolmente migliorando, trovando quella continuità imprescindibile che sino a poche settimane fa rimaneva ingabbiata nel classico sfinimento da ultimo quarto di gara, com’era accaduto contro il Napoli, quando, dopo un primo tempo da fuochi d’artificio, i bianconeri si fecero raggiungere da 3-0 a 3-3. E contro l’Inter la tenuta atletica ha giocato un ruolo preponderante, permettendo ai bianconeri di frastornare gli avversari sino al termine della contesa, anche dopo aver trovato il gol risolutivo di G. Higuain. Ed a proposito, il rientro ai vecchi fasti dell’argentino, che in estate pareva un esodato, è stato uno dei meriti principali dell’allenatore toscano. Dopo un anno in cui il suo estro sembrava essersi eclissato dietro l’età anagrafica, il centravanti sudamericano, una volta rientrato alla base, ritrovando il suo mentore, è tornato il bomber che avevamo imparato a conoscere con la maglia del Napoli, rivelandosi utilissimo alla causa bianconera, che in fase propositiva necessitava proprio di una prima punta molto mobile e collaborativa, che traducesse in gol la manovra tessuta dalla squadra e che supportasse la vena realizzativa di C. Ronaldo, lasciandolo più libero di spaziare in tutta la trequarti d’attacco (contro l’Inter è stato maestoso) anziché piantarsi al centro dell’area come un M. Icardi qualunque. Proprio l’intesa fra CR7 e Gonzalo promette scintille, e non solo in Italia. Il match giocato martedì scorso contro il Bayer Leverkusen potrebbe essere stato il preludio a scenari idilliaci. Al cospetto delle “aspirine” C. Ronaldo ed il Pipita si sono spesso scambiati i ruoli offensivi, proponendosi di volta in volta in vesti “variegate”, ed il 3-0 rifilato ai tedeschi spiegano l’essenza della coppia d’attacco potenzialmente più nociva del continente. Se poi ad essi s’aggiunge la ritrovata verve di Paulo Dybala, altro presunto esubero estivo (di cui a detta di qualcuno ci si sarebbe dovuti disfare al più presto…), e la tirata a lucido di M. Pjanic - a cui Sarri ha affidato il fulcro del gioco, trasformandolo in playmaker - allora i tifosi bianconeri possono iniziare a sognare.

IL NAPOLI SI STA GIA’ DEFILANDO

Intanto, tornando al Campionato, la cui conquista evidentemente diverrà una questione a due fra Juventus ed Inter, l’altra protagonista annunciata della vigilia, il Napoli, ha tutta l’aria di dover posticipare anche stavolta l’appuntamento con la gloria. Dopo 7 giornate i partenopei non stanno palesando quei progressi che tutti s’attendevano, anzi si stanno persino registrando degli arretramenti qualitativi che francamente cozzano contro le nobili aspirazioni di una società che s’era affidata a C. Ancelotti proprio per affrancarsi da quei limiti tecnici che vietavano al Napoli di sopravanzare le squadre d’alto lignaggio. Anche in Europa, dopo l’illusorio successo sui campioni in carica del Liverpool, i partenopei stanno subendo un ridimensionamento (imperdonabile pareggiare con il Genk), e la cosa più preoccupante è che non s’intravedono bagliori di cambiamento. Quel cambiamento, anzi, dovremmo parlare di metamorfosi, che sta vivendo la rediviva Fiorentina. La Viola, che in estate ha vissuto il travaso societario dai Della Valle a Rocco Commisso, dopo un avvio tenebroso che si situava sul deprecabile spartito dell’ultima stagione (in cui si rischiò di precipitare in B), trascinata da F. Ribery e F. Chiesa, sta già iniziando a virare verso lidi più soleggiati, per un cambio di rotta che sta inducendo gli addetti ai lavori a prevederle un prosieguo di torneo assai lucente. Tutto questo mentre l’Atalanta, a dispetto dell’esordio disastroso in Champions League, si gode ancora l’alta classifica di Serie A, per un avvio in grande stile che più che una provinciale ricorda un top team. La sensazione è che i bergamaschi potranno perseverare ancora per molto nel percorrere certi viali luminosi ed alberati, e che le sorprese siano ben lontane dall’essersi esaurite.

Alberto SIGONA

Foto: Pixabay

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