
A questo punto, dopo l’ossessivo tam-tam dei media, lo abbiamo capito: i veri ostacoli alla libertà d’impresa nel nostro Paese sono gli articoli 41 e 118 della Costituzione; ma hanno le ore contate perché saranno prontamente debellati e così realizzeremo per le imprese un vero e proprio paradiso terrestre, con generale ed universale gaudio. Seguendo le magnifiche sorti e progressive!
A tale proposito il vostro reporter si trova nella condizione di potere darvi qualche ragguaglio, avendo proprio costituito, avviato ed amministrato per anni una società.
Per prima cosa è necessaria la redazione di un atto pubblico da parte di un notaio ed il deposito in banca per un certo periodo di tempo di una parte del capitale sociale. L’atto costitutivo serve per l’iscrizione alla Camera di Commercio ed in esso sono riportate tutte le attività d’impresa che la società potrà svolgere; il passo successivo è dare l’avvio ad una o più di queste attività previste nell’atto costitutivo. E qui le cose, almeno per un’impresa di costruzione, cominciavano, allora almeno, a non quadrare; perché la società non avviata non può assumere l’esecuzione di lavori in appalto e contemporaneamente i funzionari della Camera di Commercio non ve la avviavano se non gli portavate una fattura di lavori eseguiti. Sì, non ritornate indietro a rileggere, avete proprio letto bene: era proprio così, era un cane che si mordeva la coda.
Cosa fare? Farsi fare una fattura falsa di lavori mai eseguiti; e chi avesse voluto lottare come ha fatto il vostro reporter per evitarlo, avrebbe finito per sentirsi come don Chisciotte che lotta contra i mulini a vento. Nella contabilità dell’impresa creata dal vostro reporter la prima fattura attiva è assolutamente, inesorabilmente, inverecondamente fasulla (era una fattura di lire 200.000).
Orbene, vi direte, ma cosa c’azzecca con tutto ciò la Costituzione? Assolutamente nulla; a meno che nella Costituzione non sia scritto che gli operatori economici vanno vessati imponendo loro regole che non possono seguire e che vanno posti sotto il ricatto di pubblici funzionari, desiderosi solamente di una cosa: del loro denaro. Ma questo proprio non vi è scritto.
Ma, vi direte, come sono fatti questi signori pubblici funzionari? Nulla di più facile saperlo, basta essere semplici lettori di giornali e scorrere i quotidiani articoli sulla cosiddetta “cricca”. Son fatti proprio a quel modo.
Insomma, qui quello che non funziona non è la Costituzione, ma un sistema nato, creato e fatto ad arte per ricattare il cittadino, qualsiasi cosa egli voglia fare, anche se vuol fare l’imprenditore.
Basterebbe che i politici eletti dal popolo e chiamati a governare se ne occupassero, invece di pensare a farsi pagare i propri appartamenti dal primo Anemone che passa. E cambiando la Costituzione non si incide per nulla sul fenomeno, che proseguirà assolutamente indisturbato; con grande felicità non solo dei corrotti di turno, ma anche degli Anemoni di turno, che potranno così evitare di vedere i loro colleghi più bravi nel mestiere sopravanzarli, anzi vedendoli fallire e vedendo chiudere le loro imprese.
Infine una nota per gli apoti di turno, ossia per quelli che non se le bevono tutte. Ma è mai possibile bersi che basta qualche scartoffia in meno nel costituire un’impresa per farla finita con i “professionisti del ricatto alle imprese”? Tutto questo tam-tam sugli articoli 41 e 118 della Costituzione, non sa di vero e proprio spot pubblicitario, pari pari a quelli che le televisioni del premier trasmettono in continuazione? Se qualcuno vuol veramente vuol far qualcosa per consentire una sana attività d’impresa nel nostro Paese, non sarebbe meglio se badasse ad attuarla veramente, la Costituzione, invece di pensare di cambiarla inutilmente (o meglio di cambiarla per buttare fumo negli occhi, dando a vedere un certo qual interesse del Governo in favore della libertà d’impresa)?