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 LA GIORNALISTA IN CARCERE “Europa e USA non si interessano ai diritti umani violati in Azerbaigian”

Khadija Ismayilova è una giornalista investigativa azera dell'OCCRP (Organized Crime and Corruption Reporting Project) ed è stata a capo del bureau di RFE (Radio Free Europe) a Baku fino al suo arresto il 5 dicembre scorso. Si trova attualmente in carcere. 

Le sue inchieste, che le sono costate la persecuzione giudiziaria da parte del regime azero, si sono concentrate soprattutto sugli affari del presidente Ilham Aliyev e della sua famiglia, che ha interessi diretti in ogni settore della vita economica del paese, tra cui quello dei trasporti, gli appalti per l'Eurovision 2012, le miniere d'oro di Chovdar, la telefonia, i media, e anche partecipazioni e proprietà immobiliari in Repubblica Ceca.

La democrazia è la più potente arma dell’America per guadagnarsi il rispetto e l’emulazione del mondo. Il modo in cui ci confronteremo con questa situazione cruciale determinerà la nostra salute morale come nazione e il nostro prestigio come leader del mondo libero.

Martin Luther King descriveva l’urgenza di democratizzazione in America attraverso la sua necessità di diventare un forte potere globale. Forse era ingenuo pensare che la democrazia potesse suonare più convincente delle armi in questo mondo folle. Eppure siamo in una situazione in cui, dopo aver rovesiato un regime in Ucraina, l’America prova a sopraffare un’altra dittatura nella regione – quella russa – con l’aiuto di piccole dittature satelliti come l'Azerbaigian.

Il mondo non è più ingenuo abbastanza da chiudere un occhio di fronte a una simile speculazione sui valori morali. Così viene il tempo di far parlare le armi, di usare il petrolio e il gas per lubrificare la macchina.

Il corrotto regime azero è pronto a guadagnare da questo gioco. Il presidente Aliyev, durante la sua visita in Bulgaria, ha dichiarato che l'Azerbaigian sembra l’unica alternativa come fornitore di gas per l’Europa nel prossimo futuro. Ha saggiamente scelto di non menzionare che questo ruolo significa provvedere a un'alternativa alle forniture russe. 

Nessuna parola di inimicizia verso la Russia – che ha appoggiato l’occupazione armena dei territori azeri – è stata pronunciata da Aliyev, che sta provando a trarre profitto dalla situazione senza perdere l’amicizia con il regime di Mosca, "protettore" di tutte le dittature post-sovietiche.

Tutte le azioni repressive in Azerbaigian sono state copiate dalla Russia: la messa al bando delle Ong, l'avvio di una forte repressione fiscale senza basi legali, l'arresto e la violenza, l'omicidio, passando per i ricatti con filmati intimi contro attivisti per i diritti umani e giornalisti. Tutto viene dalle pratiche di Putin, imparate a dovere, e implementate.

Ora questo regime-fratello di Putin (è pronto a) trarre profitto dalla crisi in Ucraina. In questo modo:

  1. Con il messaggio (agli azeri occupati dall’Armenia, ndr): provate a protestare per i valori europei e la democratizzazione del Paese e perderete la vostra terra;
  2. Senza pronunciare nessuna condanna della Russia come occupante. I parlamentari dell’Azerbaijan votano contro la sospensione dei diritti di voto della Russia nel Consiglio d’Europa. Il regime di Aliyev dichiara il suo supporto per l’integrità territoriale dell’Ucraina, ma evita di parlare di chi è il colpevole;
  3. Mentre è in atto il boicottaggio della Russia, la famiglia Aliyev è pronta a offrire petrolio e gas ai disperati fornitori europei. Questo porta più soldi, non solo al bilancio azero che sta attraversando una crisi dovuta al deprezzamento del petrolio, ma anche a quello personale di Aliyev;
  4. Se l’Azerbaijan diventa un partner energetico indispensabile il mondo è pronto a dimenticare la mancanza di democrazia, dei prigionieri politici, dei diritti umani, etc.

Durante le visite di funzionari europei o americani non è stata fatta nessuna critica al regime, nemmeno un appello per il rilascio dei prigionieri politici (almeno pubblicamente). Non importa che i gruppi presi di mira – le NGO costrette a chiudere e gli attivisti arrestati – fossero tutti collegati a organizzazioni europee o americane.

Non c’è stata nessuna menzione pubblica della chiusura e delle azioni giudiziarie contro RFE/RL (Radio Free Europe / Radio Liberty, dove Khadija Ismayilova lavorava prima dell’arresto, ndr) durante la visita del sottosegretario di Stato americano Victoria Nuland, che invece ha elogiato la finta messa in scena del dialogo di Aliyev con l’opposizione di facciata, mentre il regime portava avanti un’altra serie di accuse contro RFE e contro di me.

Non sono diventata una giornalista grazie all’America, ma i progetti finanziati dagli Stati Uniti mi hanno aiutato ad imparare come diventare una buona giornalista, come scoprire la corruzione e come dire la verità. Organismi finanziati dall'UE o da organizzazioni americane hanno creato corsi di formazione e io nutro aspettative nei confronti delle istituzioni e dei paesi democratici.

Ci credo ancora, ma la loro inerzia mi ferisce. Prima di essere arrestata ho messo in chiaro che non voglio che ci siano contratttazioni per il mio rilascio. Parlate pubblicamente e a voce alta: nessuna diplomazia privata per me, per favore.

Non credo alla difesa dei diritti umani a porte chiuse. “Grazie” alla “riservatezza” dei loro sforzi, il Consiglio d’Europa e l’OCSE hanno aiutato il governo dell'Azerbaigian a far tacere tutte le critiche, fingendo che i diritti umani fossero rispettati. 

Ricordo tutto delle inchieste che ho fatto, e non ho intenzione di chiedere assistenza solo perché sono stata incoraggiata a diventare una giornalista investigativa esperta, che di fatto è la principale ragione per il mio arresto.

Sto affrontando accuse ridicole. Secondo i pubblici ministeri:

  • Se RFE/RL non avesse avuto le licenze per le frequenze FM, non avrebbe potuto operare nel suo bureau, che trasmetteva i suoi programmi su un satellite internet, frequenze AM ed FM
  • RFE, nonostante sia un'organizzazione non commerciale registrata come tale, è stata ritratta nelle accuse contro di me come un caso di “imprenditoria illegale”
  • I procuratori lasciano intendere che RFE non potrebbe avere professionisti esterni, ma solo impiegati. L’accusa di “evadere il fisco assumendo anche professionisti esterni” è di per sé illegale: vorrebbe dire che non possiamo avere freelance.
  • Sostengono che per poter avere il diritto a lavorare come giornalisti per i media stranieri (anche come freelance), dobbiamo registrarci presso il Ministro degli Affari Esteri. Dal momento che non sono registrata, sono considerata una professionista fuorilegge.

Queste sono le nuove accuse, tutte collegate al mio lavoro a RFE come capo del bureau e freelance.

Prima ero stata accusata di avere istigato una persona al (tentato) suicidio. La presunta vittima è poi sparita dopo aver pubblicamente affermato di non voler partecipare all'accusa o testimoniare contro di me, ma che potrebbe essere arrestata per essersi rifiutata di falsificare l’indagine contro di me.

L'indagine non è andata in porto, così il governo ha avuto bisogno di un nuovo caso contro di me e lo hanno creato. Ho passato tre mesi e mezzo in prigione ad aspettare un processo che non è arrivato. Ora ne parte un altro. Vediamo se i pubblici ministeri produrranno qualcosa di più intelligente di quello che sono riusciti a fare finora.

Io posso solo aspettare e vedere. Nel frattempo, sto provando ad aiutare le altre persone in questo carcere. Ho già ottenuto una vittoria. Una ragazza in custodia cautelare è stata liberata grazie al ricorso che ho scritto per lei. Non è facile far fare un passo avanti alla giustizia, ma vale sempre la pena provarci. Anche se dovesse essere un fallimento, per amore della giustizia e per amor proprio, lo scopo è più importante del come e del quando.

La prigione non è la fine della vita. Sono forte e la vedo come una possibilità per imparare a capire il sistema dall’altra parte. Parlando con presunti criminali, che accettano o meno le loro colpe, sto imparando a conoscere le ingiustizie del sistema penitenziario e giudiziario.

Di fatto, è un’opportunità senza pari. Una sfida per usare questo tempo per tradurre un libro e scrivere.

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