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L’uomo è (come) un asino

Finalmente pare confermato dalla scienza empirica che “il maschio non sia una semplice macchina sessuale”.

È una buona notizia che dovrebbe far rilassare (almeno un po’) quegli uomini, adolescenti e non, facili prede dell’ansia da prestazione anche perché convinti del contrario (cioè che fra un essere umano di sesso maschile e un vibratore non ci sia una sostanziale differenza).

La questione sembra (finalmente) risolta da un test condotto su una particolare razza di asini (è forse una metafora che noi uomini dovremmo capire?) che sembrano reagire in un certo modo agli effluvi ormonali emessi dalle femmine: “Abbiamo dimostrato - afferma il ricercatore intervistato - come i feromoni sessuali femminili agiscono sul sistema neuroendocrino e sul comportamento del maschio”, aggiungendo con esplicita sicurezza “...per il momento nell'asino, ma il risultato è estensibile anche alla nostra specie” (insomma, una qualche connessione logica tra asini e uomini viene sottintesa).

La ricerca scientifica sui feromoni non sembra qualcosa di particolarmente nuovo, sono decenni che se ne parla. Addirittura dalle prime ricerche di Peter Karlson e Martin Lüscher, alla fine degli anni ’50. Ma qui sembra esserci invece una interessante novità dato che “fino ad ora era stato dimostrato il contrario: ovvero che le femmine in particolari periodi del mese reagivano in modo diverso ai feromoni maschili”.

In sintesi i maschi sono stati considerati finora delle macchine da riproduzione “sempre pronte” (il che rimanda alla storica cultura ultramachista per la quale ogni "anfratto" andrebbe bene, sempre e comunque), mentre le femmine erano ritenute in grado di reagire ai segnali olfattivi solo in determinati periodi, in funzione della loro maggiore o minore fertilità.

 

Ora sembra invece che anche i maschi ‘reagiscano’ ai segnali femminili. Progresso della ricerca scientifica o evoluzione della specie ?

Non nego (non avrei le conoscenze necessarie per farlo) che esista realmente una “chimica dell’amore”, che ha fra l'altro il pregio di rimandare con un po' di magìa all'imponderabile dell'attrazione, ma anche questo modo di affrontare le manifestazioni umane riducendole tutte a questioni neurobiologiche, come se nell’uomo non esistesse una dimensione psichica, mi suona vagamente stonato.

E in effetti la comunità scientifica pare non condividere appieno la teoria dei feromoni umani che viene affermata (in particolare da Martha McClintock), poi smentita, poi di nuovo affermata e così via da decenni; anche se “un recente studio ha rilevato che le donne possono annusare le intenzioni sessuali di un uomo”; ma, si sa, le donne hanno le “antenne” per queste cose, molto più degli uomini, e non è detto che “annusare” significhi proprio usare - alla lettera - il naso, quanto piuttosto andare ‘a naso’, intuire, cogliere dei segnali; cioè "sentire", che è un verbo efficacemente polivalente: si 'sente' un odore, ma si sente anche un rumore o un sapore, e si sente con il tatto e perfino con il "sesto senso" che tutti sappiamo cos'è senza sapere come spiegarlo esattamente.

In ogni caso, anche se è indubbiamente un sollievo pensare di non essere uno strumento decerebrato e anaffettivo come un vibratore, mi sembra un po’ riduttivo che una donna possa essere attratta da me (o, più probabilmente, che io sia attratto da una donna) solo per l’emissione o meno di una sostanza chimica (che poi rimanda ovviamente alle modalità procreative), se non altro considerando la complessità delle dinamiche psichiche.

E quindi sembra più legittimo pensare che sia il desiderio a produrre (casomai esistessero davvero) i feromoni e non il contrario.

Negli esseri umani esiste - per natura specifica della specie - quel qualcosa che va al di là dei meccanismi biologici di riproduzione dal momento che si "accoppiano" senza tener conto in alcun modo dei periodi di fertilità o meno (ivi compresa la terza età) e che quindi si muovono per un desiderio l'uno dell'altra o viceversa, non necessariamente per procreare (come vorrebbe Santa Madre Chiesa).

Quel qualcosa che è "fatto della stessa sostanza dei sogni" e che i poeti riescono a dire disegnando, solo con le parole, immagini di donne che riecheggiano nel profondo di ogni uomo perché alludono a immagini universali.

Insomma, sembrerebbe che fra un uomo e un asino tutto sommato qualche differenza ci sia, nonostante il parere apodittico dei ricercatori.

Ma, per questo, ci vogliono gli approfondimenti teorici degli esperti della psiche (umana), non si può pretendere dai neurobiologi più di quello che possono fare (tantomeno dal Dipartimento di Psicobiologia animale della Facoltà di Veterinaria di Teramo da cui è uscita la ricerca).

Nel frattempo in quanto maschio della specie sono comunque contento di essere stato promosso dal livello “vibratore” al livello “asino”, in attesa di diventare finalmente membro effettivo di quel genere umano al quale ambirei appartenere. Magari in subordine rispetto alle donne a cui è difficile negare una marcia in più in sensibilità, vitalità, fantasia e anche intelligenza: forse intelligenza poco razionale, ma chi ha detto che la razionalità sia la caratteristica più evoluta degli esseri umani? Gli uomini, naturalmente; quelli che - tramite la razionalità - possono capire solo la biologia dei feromoni.

Cioè gli asini.

 

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