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L’incredibile storia di Mohamed Mohamud

Quella che racconterò è la storia di un ragazzo appena maggiorenne.
Un ragazzo di origine somala che viveva in Oregon.
Una storia letta sui principali organi d'informazione italiani, ma non analizzata con la dovuta attenzione.

I giornali, specialmente quelli americani, hanno gridato con elevato orgoglio  vittoria dell'FBI. FBI tende trappola ad un ragazzo somalo e lo arresta.

Beh fin qui nulla di strano.
Ma ecco cosa è successo.

A Portland, in Oregon un 19enne di origini somale è finito in manette dopo aver tentato di far esplodere una bomba confezionata proprio dagli agenti dell’Fbi.
Già queste righe devono far pensare.

Ma come voleva fare esplodere una bomba che bomba non era?

Ma continuiamo con questa storia che forse neanche il più geniale dei registi viventi avrebbe scritto in tal modo.

Il piano di Mohamed Mohamud era (?) fare una strage durante una cerimonia pre natalizia nel centro della città. Parcheggiato nelle vicinanze un pulmino carico di quello che credeva fosse vero esplosivo, il giovane aspettava il momento migliore per colpire: in mano aveva un telefono cellulare che serviva da detonatore. L’Fbi lo ha arrestato quando stava per premere il pulsante.

“La fredda determinazione ad agire di questo ragazzo è un monito che non lascia dubbi: ci sono persone che sono pronte a tutto pur di uccidere americani innocenti – anche qui a Portland”, ecco quanto detto dal procuratore generale dell’Oregon dopo l'arresto.

Il ragazzo rischia l’ergastolo e una multa di 250.000 dollari. La sua cattura è una vittoria per l’Fbi dicono i giornali.

Un’operazione tempestiva e ben congegnata, ripetono con gran clamore.


L'allarme sarebbe suonato quando il giovane, lo scorso giugno, avrebbe contattato una persona in Pakistan. I due, parlando in codice, hanno discusso di jihad, di lotta violenta contro gli infedeli. Gli agenti allora hanno avvicinano Mohamud, si fingono terroristi, lo incastrano.

“E’ da quando ho 15 anni che sogno tutto questo”, avrebbe ripetuto più volte sempre secondo gli agenti. “Voglio che tutti quelli che parteciperanno alla cerimonia se ne vadano o morti o feriti”.

Quindi ricapitoliamo:
1) un ragazzo somalo che viene ipoteticamente intercettato mentre parla di jihad, ovvero guerra difensiva contro gli infedeli; ma come hanno fatto ad intercettarlo? Ha contattato una persona in Pakistan, quindi tutte le persone che vengono contattate in Pakistan sono sotto intercettazione?

2) Il ragazzo viene indotto a compiere quello che l'FBI voleva, ovvero creare le condizioni materiali e mentali per porre a rischio la mitizzata sicurezza USA.
Quindi, si sfrutta la sua ingenuità. Domanda più che lecita, ma visto che si parla tanto di prevenzione, perchè non intervenire a livello psicologico? Perchè non prevenire il suo comportamento? Anziché inscenare tutta quella mostruosità tipicamente da film d'azione americano? Sempre che fosse vera la sua intenzione di compiere determinate azioni...

Forse prevenire determinati comportamenti, intervenire a priori è cosa che è poco spendibile a livello d'immagine ed a livello d'impatto mediatico.
Certamente è molto più suggestivo incastrare un ragazzo, indurlo a compiere un falso attentato, bloccare mezza città con risorse di danaro pubblico, e creare effetto panico.

Perché è di questo che hanno ancora bisogno.
E la vicenda di Wikileaks ha insegnato tanto sul punto.

Viviamo ogni giorno un grande spettacolo teatrale, dove spesso siamo noi stessi attori, altre volte solo ignari spettatori.
Ma quel ragazzo ora rischia l'ergastolo.

Rischia di esser rinchiuso per tutta la sua vita dentro delle gelide mura, ciò perché non si è voluto intervenire diversamente. Sempre che la storia delle intercettazioni sia vera, perché con i tempi che corrono tutto è possibile.

Credo che da oggi starò più attento a quello che dirò al telefono. Beh non vorrei essere incastrato dai servizi segreti italiani per aver detto che credo nella rivoluzione.

E' pericoloso parlare di rivoluzione?
Dobbiamo comunicare in silenzio?

Allora che aspettiamo? Facciamola questa silenziosa rivoluzione culturale, sì facciamola.

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