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L’emergenza sanitaria che ritorna: possibili effetti sociali ed economici.

Dopo due mesi di chiusura totale a causa dell’emergenza sanitaria dovuta al COVID – 19 sembrava che tutto fosse passato o quanto meno che nell’arco di tempo che va dai primi di maggio a settembre i vari livelli istituzionali ( Stato e Regioni) si sarebbero attivati, ciascuno per quanto di propria competenza e all’insegna della cooperazione tra livelli istituzionali, nell’interesse dei cittadini, per evitare il ripetersi dell’esperienza precedente.

 Bisogna prendere atto che i media e il dibattito politico per tutto l’arco di tempo considerato si sono concentrati sulla sola Ministra Azzolina e sui “banchi con le rotelle” nascondendo le inefficienze dei Ministri della Sanità, dei Trasporti e degli stessi Presidenti delle Giunte regionali tutti interessati a chiedere a gran voce l’attivazione del MES come se fosse l’unico strumento capace di affrontare l’emergenza sanitaria prevista per l’autunno.

Eppure come spiega bene l’economista Francesco Saraceno su Domani il Governo spagnolo non solo non utilizzerà le risorse del MES ma per quanto riguarda il Recovery Fund utilizzerà le sole risorse a fondo perduto. Dalla crisi sanitaria la Società italiana ne uscirà cambiata. Provate solo ad immaginare gli effetti che produrranno: smart working, crescita dell’e- commerce, digitalizzazione della pubblica amministrazione sulle relazioni sociali e sul sistema economico.

Lavoro, commercio e accesso ai servizi della Pubblica Amministrazione sono fondamentali ai fini della socializzazione e della mobilità. Al netto di queste attività restano solo quelle ludiche, ricreative e scolastiche/universitarie. Nel mondo pre – Covid -19 ci si muoveva per raggiungere il posto di lavoro, per fare acquisti, per raggiungere uffici pubblici, per scuola e università. Tutte queste attività hanno creato occasioni di socializzazione, alimentato consumi e quindi occasioni per investimenti pubblici e privati. Il ridimensionamento della mobilità avrà come effetto la riduzione della socializzazione, l’emergere ancora di più dell’individualismo e con esso la disgregazione sociale.

In sostanza la socializzazione dovrà essere cercata e creata, non dipenderà più da condizioni dettate dal sistema produttivo, dal funzionamento della Pubblica Amministrazione, dalla necessità di acquistare beni e servizi direttamente. La riduzione delle condizioni per la Socializzazione modificherà le ragioni per le quali gruppi di persone si mettono insieme per condizionare e indirizzare scelte politiche. Non è da escludere che le trasformazioni in atto non porteranno a una maggiore Democrazia, tanto meno ad una maggiore partecipazione politica. Democrazia e partecipazione politica sono nate da processi di socializzazione per così dire intensi. La società industriale dell’800 e del 900, con la creazione di un sistema produttivo che metteva insieme masse di uomini e donne, ha creato le premesse per la trasformazione dei sistemi politici da Liberali in Democratici, per la nascita del Welfare State, l’affermazione dei diritti sociali ecc. 

Non a caso l’art. 1 della Costituzione recita “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Partiti politici e sindacati hanno tratto linfa dai luoghi del lavoro contribuendo alla costruzione di un sistema sociale più giusto ed equo. Il lavoro rappresenta forse la principale agenzia di socializzazione dove persone con sensibilità diverse si confrontano, scambiano idee ed esperienze di vita. E’ dai luoghi del lavoro che sono scaturite le dinamiche che hanno determinato mutamenti sociali non indifferenti. Altra cosa sarà il dopo crisi. La socializzazione avverrà prevalentemente in spazi dedicati ad aspetti ludici, ricreativi, culturali ecc. per cui non sarà più la comune attività lavorativa a creare le condizioni per il cambiamento sociale.

Le trasformazioni sociali verranno sempre di più determinate dalle elites che controllano: informazioni, risorse finanziarie e know-how tecnologico. Le stesse problematiche che scaturiranno dal lavoro finiranno con l’essere sempre di più affrontate in termini individuali e non più collettive. E’ questo un trend già in atto come provano i cosiddetti lavori atipici. La crisi sanitaria e le trasformazioni strutturali in atto non faranno altro che accelerare il processo già avviato. Le trasformazioni che ho sinteticamente descritto fin qui avranno effetti dirompenti anche sulla zona grigia rappresentata dal nostro sistema economico.

La zona grigia è quella delle “partite IVA”. In Italia sono circa 5 milioni i titolari di partite IVA. Un mondo variegato che va dal libero professionista, all’attività commerciale fino al lavoratore, di fatto dipendente, ma pagato come libero professionista. Molte di queste attività fino ad ora sono sopravvissute alla crisi economica grazie ad evasione, elusione, nero e sfruttamento. La crescita, come dicevo l’e-commerce e la riduzione della mobilità daranno il colpo di grazie a molte di esse. Gli incentivi stessi messi in campo dal Governo, quale ad esempio gli acquisti con moneta elettronica, riducendo i margini per evasione ed elusione fiscale, metteranno a nudo un sistema sociale ed economico che sopravviveva grazie alla costante violazione di norme.

La sfida politica è quella di affrontare le criticità che ho sinteticamente descritto, per poterle affrontare servono corpi sociali intermedi capaci di creare quei luoghi di socializzazione che le trasformazioni in atto stanno progressivamente eliminando. Per quanto riguarda la questione economica bisogna mettere in campo politiche economiche redistributive e di sostegno a quei gruppi sociali che più di altri pagheranno i costi. Corpi sociali intermedi e politiche economiche redistributive sono rispettivamente cause ed effetto. Senza corpi sociali intermedi non sarà possibile mettere in campo politiche economiche capaci di mediare i possibili conflitti sociali dei quali le manifestazioni di Napoli e Roma sono solo le prime avvisaglie. 

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