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L’apice del mourinhismo

Per tutti i critici, gli analisti, i semplici tifosi (che magari ne sanno di più) la partita di sabato sera tra Inter e Juventus è stata nettamente vinta dalla squadra nerazzurra sotto tutti i punti di vista. È stata vinta tecnicamente, con una serie di buone giocate e pochi errori nella trasmissione bassa e alta del pallone, vinta fisicamente, con una squadra che ha surclassato in potenza fisica ed energie profuse i bianconeri correndo per 90 minuti con la stessa intensità in tutti i propri uomini, vinta in determinazione e voglia, con una partecipazione emotiva all’evento degli atleti vista poco negli altri incontri interisti (anzi, questo può essere un minus di Mourinho: caricando tanto la squadra in occasione di partite così importanti, vedi anche la trasferta di Roma, non riesce a tenerla in fibrillazione per le partite “facili” contro Lecce e Anorthosis dove si rischia la figuraccia), ma soprattutto vinta grazie ad una gestione tattica della partita perfetta e finemente organizzata.


Sabato sera si è visto quello che è una squadra per Mourinho e quello che sarà tatticamente l’Inter nei prossimi mesi. A dispetto infatti delle stesse parole del tecnico portoghese, il quale professa ogni giorno il tridente d’attacco o addirittura le due ali tornanti classiche con due centravanti in verticale, questa è la squadra e il modello tattico che lui sa far rendere al meglio con gli uomini che ha. Come modello tattico per questa Inter, infatti, non è giusto prendere il Chelsea per svariati motivi: in primo luogo il tipo di calcio italiano è troppo accorto e tatticamente organizzato nel gioco di fascia, questo rende difficile alle ali diventare pericolose convergendo al centro in fase di attacco e crea difficoltà ai terzini, spesso attaccati da due e più uomini. Inoltre il Chelsea aveva ali molto diverse da quelle interiste: Duff, Joe Cole, Kalou, Robben e Wright-Phillips sono giocatori di grande velocità di punta e ottimi nell’accentrarsi e puntare verso la porta grazie ad una dimestichezza nel tiro anche con il piede non preferito.

Nell’Inter attuale, l’unico che potrebbe assomigliare a questi calciatori è Mancini, mentre Quaresma non ha il piede sinistro, tanto è vero che crossa di esterno destro (ecco spiegata la vaccata della trivella), Balotelli non ha lo sprint rapido dei venti metri, preferendo giocare con la porta di fronte, Figo non ha resistenza e spunto, Obinna ha la velocità ma gli manca la tecnica per poter dribblare il diretto avversario, scambiare col centravanti e fiondare in porta.

Ecco allora che, invece di guardare al Chelsea, Mourinho ha iniziato a guardare al suo vecchio Porto campione d’Europa nel 2003-2004. E se prendiamo come esempio la finale di Gelsenkirchen contro il Monaco, possiamo accorgerci di molto assonanze con la partita di sabato sera.
 
I due terzini Paulo Ferreira-Maicon e Nuno Valente-Maxwell devono avere capacità di corsa e resistenza infinite. Devono attaccare lo spazio quando la palla inizia a scivolare verso il loro lato ma tenersi bloccati quando gli avversari attaccano. Nella partita di sabato i due si trovavano sempre piazzati in difesa sugli attacchi juventini e si sono spinti in avanti solo nei momenti giusti della partita.


I due centrali Materazzi-Jorge Costa e Samuel-Ricardo Carvalho devono essere fisicamente prestanti e bravi nel gioco aereo, in quanto, bloccando le fasce coi terzini e le incursioni centrali con il metodista schiacciato davanti alla difesa, gli avversari spesso e volentieri imbucano palle alte dalla trequarti verso gli attaccanti e i due centrali devono saper anticipare i diretti uomini e sovrastarli fisicamente.
 
Il centrale di centrocampo Pedro Mendes-Cambiasso deve occuparsi soprattutto della difesa, non tanto attaccando gli avversari in pressing, quanto coprendo gli spazi a 360°. Sabato, Cambiasso si è spinto poco oltre il centrocampo come invece normalmente faceva con Mancini, ha giocato invece su una linea orizzontale di campo in armonia con i movimenti difensivi della squadra.

Gli altri due del rombo di centrocampo, Costinha-Zanetti e Muntari-Maniche hanno due compiti, scivolare velocemente sulle fasce per bloccare il gioco avversario ed essere presenti dai 30 metri in su nella fase di attacco, Zanetti più per l’incursione palla al piede, Muntari più per il tiro da fuori.

Il ruolo decisivo spetta al vertice alto del rombo, Deco-Stankovic, il quale deve pressare i centrali di centrocampo avversari e infastidire la messa in moto della squadra avversaria, essere capace tecnicamente di servire bene le punte nonostante la fatica accumulata, gettarsi negli spazi aperti dai movimenti ad incrociare e ad allargarsi delle due punte riuscendo a centrare la porta.

Ed infine le punte, Adriano-Derlei e Ibrahimovic-Carlos Alberto devono essere fisicamente presenti in ogni azione di gioco, anticipare di stazza le mosse dei difensori, difendere anche tecnicamente la palla e quindi posizionarsi in modo da attaccare frontalmente la porta e offrire assist, muoversi verso l’esterno per aprire gli spazi ai due centrocampisti adatti alle incursioni.
 
Queste in breve gli elementi tattici usciti fuori dalla partita di sabato e, credo, le tracce su cui lavorerà di più Mourinho nei prossimi mesi. 

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