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L’anno nero delle famiglie italiane

 

L'anno nero delle famiglie italiane

Il 2009 è stato certamente un anno nero per le famiglie italiane. Più del 50% delle famiglie ritengono che le proprie condizioni economiche siano peggiorate e solo il 2% dichiara che si è verificato un miglioramento. Questi sono i principali risultati di un’indagine realizzata dall’Iref e promossa, conginutamente, dalle Acli e dalla Caritas.

In un comunicato diffuso dopo la presentazione dell’indagine si precisa:

"...Nessuna tipologia familiare sembrerebbe esservi salvata dalla crisi: solo il 2,2% delle famiglie contattate ritiene, infatti, di aver migliorato la propria condizione economica nel corso del 2009. Il resto delle famiglie sembra dividersi tra chi resiste, o galleggia (41%) e chi invece soffre rischiando di affondare (57%).
E’ nel Nord-Est e al Sud che si concentra la maggior parte delle famiglie che giudicano il 2009 come un anno negativo per le proprie condizioni economiche.

La crisi economica ha prevalentemente condizionato i consumi delle famiglie:
comparando i dati raccolti nel corso dell’anno, rimane elevata ma stabile la quota di famiglie che nei quattro mesi precedenti all’intervista hanno acquistato prodotti a basso costo (67-68%). Sale invece di oltre dieci punti la percentuale di intervistati che afferma di aver risparmiato sulla cura della propria persona (dal 33% del settembre 2009, al 44% rilevato a febbraio 2010); allo stesso modo si nota un incremento della percentuale di famiglie che hanno risparmiato su acqua, luce e gas (32% nel 2010): +11% rispetto al periodo precedente. Sempre a febbraio 2010, più di una famiglia su tre (35%) ha risparmiato sull’acquisto di generi alimentari di base (pane, pasta e carne).

Tra le famiglie economicamente solide, quelle che hanno un alloggio di proprietà e dei risparmi accantonati, la percentuale di nuclei che hanno ridimensionato la spesa sui generi di prima necessità è appena del 20%; in assenza di una casa di proprietà e di risparmi, la percentuale di famiglie fragili che risparmiano sul mangiare sale al 68%. Il ruolo dei costi fissi nella definizione dei comportamenti di consumo è dunque molto forte: se si deve far fronte ad un impegno di spesa periodico, come quello di un affitto o di un mutuo, occorre risparmiare un po’ su tutto, anche su pane, pasta e carne.

La crisi è dunque finita? Non ora, non qui. Sebbene alcuni proclamino il contrario, le famiglie sanno bene che manca ancora molta strada da fare per rivedere la luce; anche perché il 2010 è l’anno nel quale la diminuzione del reddito familiare è un rischio che si corre tutti quanti.

Ad alimentare il sentimento d’incertezza che serpeggia tra le famiglie italiane è il rischio di perdere il posto di lavoro:
il 68% degli intervistati ha dichiarato di essere molto o abbastanza preoccupato dall’idea che nel corso del 2010 un proprio familiare possa perdere il lavoro. Sono i nuclei familiari in cui sono presenti dei figli (coppie e famiglie mono-genitoriali) ad essere più insicuri da un punto di vista occupazionale...".

Un’indagine come questa realizzata dall’Iref risulta molto utile perché completa il complesso delle informazioni, di natura diversa, anche recenti, circa gli effetti della crisi.

Da pochi giorni infatti sono state diffusi i risultati della consueta indagine campionaria dell’Istat relativa al mercato del lavoro da cui si desume che nel 2009 si è registrato un aumento dei numero dei disoccupati,
sebbene il tasso di disoccupazione sia in Italia meno elevato rispetto al tasso medio dell’Unione Europea. Quest’ultimo dato peraltro andrebbe interpretato assieme ad un altro: in Italia il tasso di occupazione continua ad essere più basso rispetto alla media europea. E ciò avvalora l’ipotesi che nel 2009 siano aumentati i cosiddetti lavoratori scoraggiati, cioè coloro che sapendo di non riuscire a trovare un’occupazione nemmeno la cercano e quindi non vengono considerati disoccupati.
E’ vero che la crisi in altri Paesi ha colpito più duramente le famiglie in considerazione del fatto che in quei Paesi il loro indebitamento è tradizionalmente più elevato che in Italia, dove peraltro il sistema bancario ha assunto, negli ultimi anni, un comportamento più prudente rispetto agli istituti di credito operanti altrove.

Non si può però affatto sostenere che la crisi economica non abbia colpito duramente anche le famiglie italiane e che la politica economica governativa, volta a contrastare la crisi, sia stata adeguata alle necessità.

E l’indagine promossa da Acli e Caritas dimostra proprio questo.

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