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L’Italia: una Repubblica democratica fondata sul... gioco d’azzardo

Nell’ultimo mese oltre tre milioni di navigatori italiani sono andati nei motori di ricerca per digitare la parola giochi online e sfidare la sorte. Provando a riscrivere il copione della propria esistenza. Un milione di questi, più nel dettaglio, cercava i casinò, novità degli ultimi tempi, che si collocano nell’ambito di un mercato evidentemente sempre più diversificato, per soddisfare le crescenti aspettative dei giocatori. Un segno dei tempi di vacche magre che stiamo faticosamente attraversando, anche per la chiara non capacità di un’intera classe politica di inventare-proporre qualcosa di nuovo e più costruttivo per dare una mano alla popolazione a ritrovare sé stessa. 

QUALCHE DATO - Secondo quanto riporta NetBetCasino.it la passione per i giochi sta crescendo notevolmente. Va detto che ce ne eravamo accorti da soli. A Roma si preferisce il blackjack (34% delle preferenze), a Milano predomina la roulette (col 39%). A Napoli tirano di più le classiche slotmachine (43%) facili da usare e altrettanto facilmente reperibili. Dopo l’avvento del Superenalotto, coi suoi jackpot fantamiliardari, gli italiani sono cambiati profondamente, diventando un popolo di scommettitori più o meno responsabili. La matematica non è un’opinione e i numeri dicono che l’industria del gioco, nel periodo che va dal 2003 al 2010, ha raccolto qualcosa come 309 miliardi di Euro. Una cifra pazzesca e soprattutto sorprendente. In un modo o nell’altro si direbbe proprio che ci hanno provato tutti, a cambiare il proprio destino, dal giovane studente squattrinato all’anziana pensionata. O trattasi anche di puro vizietto da gente sola? 

IL PERICOLO – Gli scettici parlano però di autentica emergenza sociale, con tutte le controindicazioni del caso, vedi il sorgere della classica dipendenza psicologica e della tendenza all’indebitamento, pur di sostenere i flussi di liquidità da sperperare nel quotidiano obolo da versare al demone del gioco. Un demone che parrebbe colluso con uno Stato che ha rotto ogni indugio e si è affidato a questo anomalo mezzo di finanziamento a carico dei cittadini… Chiunque frequenti bar e ricevitorie conosce la natura compulsiva e i suoi meccanismi più elementari (la curiosità iniziale, la voglia di rifarsi, la voglia di rischiare, il conseguente circolo vizioso) alla base di tale nevrosi, che andrebbe studiata dai medici competenti, anche e soprattutto per individuare possibili terapie di disintossicazione atte a curare soggetti che forse sono molto soli, oltre che, spesso, in una situazione di oggettiva difficoltà economica. A chi non è capitato di notare persone di ogni età giocare con le slot-machine, cambiando banconote da 20-50 euro come se nulla fosse? A chi non è successo di vedere persone comprare dei biglietti di “Gratta e vinci” uno dietro l’altro e, dopo l’esultanza per una piccola vincita, spendere tutto in altri giochi? Sono gli stessi che, se donano denaro per qualche nobile causa, lo fanno di mala voglia… È fin troppo facile prevedere che questa forma di follia collettiva è destinata ad aumentare ogni giorno di più, anche a causa della scarsa informazione al riguardo.

IL NOCCIOLO DELLA QUESTIONE - I giocatori perdono il senso del limite, e, con esso, il senso del pericolo: spendono 100 Euro, magari ne vincono 25, ma sono contenti perché pensano che se giocano ancora potrebbero vincerne 100.000. E così spendono anche i 25 vinti. E non si fermano più. Certo, c’è anche qualcuno che ha davvero cambiato la sua vita spendendo pochi euro, non voglio negarlo. Ma è solo l’eccezione che conferma una regola che vuole (quasi) tutti inesorabilmente perdenti, perché è bello sognare, ma la realtà è tutta un’altra cosa. La vita reale, quotidiana, significa lavorare per guadagnarsi la pagnotta, come previsto dalla nostra Costituzione. Già, ma gli italiani conoscono la Costituzione della Repubblica?

 

Commenti all'articolo

  • Di Geri Steve (---.---.---.5) 26 luglio 2011 12:28

    Ottimo articolo, sollevi un problema importante.

    Il gioco d’azzardo rafforza le caste perche’ rinforza l’idea che se non si sta in un giro di "predeterminati" sia l’unica via al successo.

    Il gioco d’azzardo rinforza le mafie perche’ aumenta il numero di disperati che poi si rivolgono all’usura o alla manovalanza criminale.

    Pero’ sul tuo "nocciolo della questione" io, da matematico, ti faccio un appunto tecnico: quella "regola" di cui parli esiste davvero ed e’ un teorema dimostrato, con il suggestivo nome di "teorema della rovina dei giocatori".

    Il teorema afferma che si potrebbero salvare soltanto dei giocatori che, dopo qualche vincita, si fermino completamente; ma questo non accade perche’, come dici anche tu, proprio quelli si convincono -per esperienza!- che giocare conviene.

    Qualunque sia il budget del giocatore, cioe’ calcolando tutte le ricchezze che puo’ e che non potrebbe investire nel gioco, considerando le oscillazioni di vincite e perdite, sei il giocatore gioca a lungo e’ probabilisticamente certo che ad un certo punto le sue perdite supereranno il suo budget. E qui si dovra’ fermare, in perdita, anzi: in totale rovina.

    Il banco invece e’ avvantaggiato, non soltanto perche’ tutti i giochi gli lasciano un vantaggio, ma soprattutto perche’ il suo budget e’ molto superiore a quello del singolo giocatore, che quindi andra’ in rovina lasciando lui in vantaggio.

    semplice no? Eppure fa parte di quella cultura che a scuola non si insegna.

    Geri Steve

  • Di Luca Troiano (---.---.---.245) 26 luglio 2011 12:59

    Io pensavo che la Repubblica italiana fosse fondata sul cemento :D

    Comunque articolo interessante.

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